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Ad Aquileia brilla la domus di Tito Macro: cinque secoli di storia in una dimora senza precedenti
Interni della domus di Tito Macro | Foto: © G. Baronchelli
Samantha De Martin
25/09/2020
Un peso di pietra con una maniglia di ferro e un’iscrizione che allude al suo proprietario: Tito Macro. E ancora, pavimenti musivi abbelliti da motivi geometrici in bianco e nero o con inserti policromi, molto simili, per composizione, a quelli moderni.
E infine tre chicche, risalenti rispettivamente al II, III e IV secolo d.C, pavimenti raffiguranti un cervo con un cane e una scena di pesca che presenta strette correlazioni stilistiche con i mosaici della vicina Basilica.
Una novità straordinaria
Aquileia continua a regalare sorprese, questa volta accendendo i riflettori sulla domus di Tito Macro, l’unica abitazione di età romana scavata integralmente nell'antica città fondata nel 181 a.C e capitale della X regione augustea.
L’innovativo progetto di valorizzazione che ne riporta in vita gli ambienti è stato promosso dalla Fondazione Aquileia ed è costato sei milioni di euro.
“In realtà - spiega Cristiano Tiussi, archeologo e direttore della Fondazione Aquileia - il territorio aquileiese ha restituito al momento circa 800 pavimenti musivi provenienti da abitazioni, ma non avevamo mai avuto l’occasione di vederli tutti in un unico contesto abitativo. E poi di nessuna di queste case avevamo potuto ricostruire la planimetria nella sua interezza”.
Operazioni di pulitura del mosaico del Cervo datato II - III sec. d.C - Domus di Tito Macro, Aquileia
Un altro elemento di novità è rappresentato dalle dimensioni della domus, che vanta un’estensione che trova in Italia pochi confronti: ben 1.700 metri quadrati. Per costruirla, il ricco proprietario dovette probabilmente acquisire una casa adiacente al nucleo originario, realizzando comodamente il bel giardino circondato da un corridoio, la grande sala di ricevimento, gli altri ambienti di soggiorno e le sale da pranzo.
“Originale - continua Tiussi - è anche la posizione dell’edificio, di certo periferica rispetto alla città di epoca repubblicana, ma molto più centrale rispetto a quella del I secolo d.C, al tempo del massimo sviluppo residenziale ed edilizio di Aquileia. Si sviluppava tra due strade parallele in senso nord-sud, una delle quali ancora visibile”.
L’isolato era delimitato a sud dalle mura repubblicane. Quando queste, all’inizio del I secolo d.C, vennero demolite, la casa si venne a trovare in una posizione più centrale rispetto al passato.
L’originario perimetro della cinta era quindi diventato insufficiente a contenere lo sviluppo della città, cresciuta a dismisura grazie ai commerci con l’intero mondo mediterraneo.
La dimora di un ricco commerciante?
“Un altro elemento di novità - prosegue Tiussi - è rappresentato dal fatto che conosciamo il nome del proprietario della casa, al quale è stato possibile risalire grazie al peso in pietra che reca il suo nome, declinato al genitivo, a indicare che l’oggetto appartenesse proprio a Tito Macro. Ma purtroppo manca il gentilizio, un elemento onomastico importante che avrebbe potuto svelare la famiglia di appartenenza del nostro padrone di casa e quindi gli eventuali legami con il mondo sociale di Aquileia o con una specifica attività lavorativa”.
Indubbiamente doveva trattarsi di una persona molto facoltosa.
“Potrebbe essere un personaggio legato ai commerci, che potrebbe avere accumulato ricchezze quando Aquileia stava vivendo una grande crescita a livello urbano e intratteneva traffici con il Mediterraneo e con l’entroterra continentale europeo, costituendo un porto strategico, il più a nord di tutto l’Adratico. Ma si tratta solo di supposizioni”.
Una casa che “si allarga”
La casa di Tito Macro risale a un periodo compreso tra la fine del I secolo a.C e i primi cinquant’anni del I secolo d.C. Il suo facoltoso proprietario avrebbe fatto eseguire al suo interno grandi trasformazioni.
“In origine - spiega l'archeologo - intorno al I secolo a.C. doveva esserci un’abitazione più piccola della quale disconosciamo il proprietario (caratterizzata da un impianto ad atrio, altra importante novità per l’archeologia aquileiese), che tuttavia occupava solo metà della larghezza dell’isolato. Questa piccola abitazione sarebbe stata inglobata dalla lussuosa domus di Tito Macro. Le fasi successive sono segnate dai cambiamenti che riguardano alcuni mosaici (si assiste al passaggio da quelli a motivi geometrici al mosaico con rappresentazione della scena di pesca, nel IV secolo) e da nuove strutture murarie che cambiano le disposizioni degli spazi interni”.
Ormai la città era cresciuta a dismisura grazie ai suoi commerci. Così, quando le mura furono demolite, l’isolato si ritrovò presto in una posizione più centrale rispetto al passato.
Un intervento lungo 5 anni
Gli scavi intorno a quest’area erano già iniziati negli anni Venti del Novecento ed erano poi proseguiti negli anni Cinquanta e Sessanta, quando l’area fu aperta al pubblico. Ma lo scavo riguardava solo una parte della domus e delle altre case vicine a quella di Tito Macro. Solo a partire dal 2009, con l’acquisizione di un tratto di terreno al tempo privato, è stato possibile estendere l’indagine a tutta la superficie della casa. Grazie alle indagini condotte per cinque anni dall’Università di Padova, sotto la direzione di Jacopo Bonetto e dei suoi collaboratori, si è potuta scoprire l'intera l’estensione della casa, ricostruirne la fisionomia e l’articolazione, documentando le trasformazioni e le varie fasi edilizie che si sono succedute.
Aquileia, foto aerea dell’area dei fondi Cossar prima dell’inizio dei lavori
Un intervento di valorizzazione che trova pochi confronti in Europa
Le indagini di scavo sono strettamente collegate al progetto di tutela e valorizzazione che inaugura oggi, venerdì 25 settembre, ad Aquileia.
“Abbiamo voluto creare - spiega Tiussi - una struttura di copertura che simuli i volumi della domus, e che trova pochissimi confronti in Europa. Questa sorta di guscio creato su misura e che segue, e in un certo senso, la mappa della casa, rappresenta per la Fondazione Aquileia un punto di arrivo importante nell’attività di tutela e valorizzazione”.
E infatti la nuova teca, un’elegante e moderna copertura in laterizio monocromo sostenuta da pilastri d’acciaio in rosso pompeiano, non solo valorizza i reperti della casa, ma permette ai visitatori di ammirarne i mosaici, a riparo da sole e intemperie. Questo intervento di valorizzazone e musealizzazione nell’area archeologica dei fondi Cossàr permette di apprezzare l’articolazione della grande casa romana, l’articolazione dei suoi ambienti, la raffinatezza dei pavimenti musivi.
Il progetto è stato realizzato, oltre che con i finanziamenti regionali alla Fondazione Aquileia, anche grazie a un importante contributo di ALES Arte Lavoro e Servizi, società in house del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
Ricostruzioni 3D realizzate a cura della Fondazione Aquileia. Ambiente Porticato del giardino Domus di Tito Macro
Rendere i reperti “parlanti” attraverso la multimedialità: gli obiettivi della Fondazione Aquileia
“La valorizzazione della Domus di Tito Macro - spiega l’Ambasciatore Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia sino ad ottobre 2020 - rappresenta un punto importante di un percorso che la Fondazione Aquileia segue da tempo, allo scopo di raggiungere una migliore fruibilità dei resti della grande città romana. L'obiettivo è rendere ‘parlanti’ i reperti archeologici e le grandi opere d'arte conservate ad Aquileia, aiutando la comprensione nel contesto originalissimo di una città che fu punto d'incontro della romanità con il mondo balcanico e con quello nordafricano e mediorientale".
Presto ad Aquileia ci saranno altre novità.
"La tutela e la valorizzazione della domus di Tito Macro - anticipa Cristiano Tiussi - è punto di arrivo molto importante che ci spinge a prendere in considerazione altre aree all’aperto, come ad esempio quella del foro e del porto fluviale, nelle quali cercheremo di far 'parlare' i resti. Una valorizzazione e rimodulazione dei percorsi permetterà di richiamare ad Aquileia nuovi visitatori rendendo più trasparente il significato di queste strutture e la loro conformazione originaria attraverso la multimedialità".
Il foro di Aquileia oggi con il campanile della Basilica sullo sfondo | Foto: © Gianluca Baronchelli
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L’isolato era delimitato a sud dalle mura repubblicane. Quando queste, all’inizio del I secolo d.C, vennero demolite, la casa si venne a trovare in una posizione più centrale rispetto al passato.
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La dimora di un ricco commerciante?
“Un altro elemento di novità - prosegue Tiussi - è rappresentato dal fatto che conosciamo il nome del proprietario della casa, al quale è stato possibile risalire grazie al peso in pietra che reca il suo nome, declinato al genitivo, a indicare che l’oggetto appartenesse proprio a Tito Macro. Ma purtroppo manca il gentilizio, un elemento onomastico importante che avrebbe potuto svelare la famiglia di appartenenza del nostro padrone di casa e quindi gli eventuali legami con il mondo sociale di Aquileia o con una specifica attività lavorativa”.
Indubbiamente doveva trattarsi di una persona molto facoltosa.
“Potrebbe essere un personaggio legato ai commerci, che potrebbe avere accumulato ricchezze quando Aquileia stava vivendo una grande crescita a livello urbano e intratteneva traffici con il Mediterraneo e con l’entroterra continentale europeo, costituendo un porto strategico, il più a nord di tutto l’Adratico. Ma si tratta solo di supposizioni”.
Una casa che “si allarga”
La casa di Tito Macro risale a un periodo compreso tra la fine del I secolo a.C e i primi cinquant’anni del I secolo d.C. Il suo facoltoso proprietario avrebbe fatto eseguire al suo interno grandi trasformazioni.
“In origine - spiega l'archeologo - intorno al I secolo a.C. doveva esserci un’abitazione più piccola della quale disconosciamo il proprietario (caratterizzata da un impianto ad atrio, altra importante novità per l’archeologia aquileiese), che tuttavia occupava solo metà della larghezza dell’isolato. Questa piccola abitazione sarebbe stata inglobata dalla lussuosa domus di Tito Macro. Le fasi successive sono segnate dai cambiamenti che riguardano alcuni mosaici (si assiste al passaggio da quelli a motivi geometrici al mosaico con rappresentazione della scena di pesca, nel IV secolo) e da nuove strutture murarie che cambiano le disposizioni degli spazi interni”.
Ormai la città era cresciuta a dismisura grazie ai suoi commerci. Così, quando le mura furono demolite, l’isolato si ritrovò presto in una posizione più centrale rispetto al passato.
Un intervento lungo 5 anni
Gli scavi intorno a quest’area erano già iniziati negli anni Venti del Novecento ed erano poi proseguiti negli anni Cinquanta e Sessanta, quando l’area fu aperta al pubblico. Ma lo scavo riguardava solo una parte della domus e delle altre case vicine a quella di Tito Macro. Solo a partire dal 2009, con l’acquisizione di un tratto di terreno al tempo privato, è stato possibile estendere l’indagine a tutta la superficie della casa. Grazie alle indagini condotte per cinque anni dall’Università di Padova, sotto la direzione di Jacopo Bonetto e dei suoi collaboratori, si è potuta scoprire l'intera l’estensione della casa, ricostruirne la fisionomia e l’articolazione, documentando le trasformazioni e le varie fasi edilizie che si sono succedute.
Aquileia, foto aerea dell’area dei fondi Cossar prima dell’inizio dei lavori
Un intervento di valorizzazione che trova pochi confronti in Europa
Le indagini di scavo sono strettamente collegate al progetto di tutela e valorizzazione che inaugura oggi, venerdì 25 settembre, ad Aquileia.
“Abbiamo voluto creare - spiega Tiussi - una struttura di copertura che simuli i volumi della domus, e che trova pochissimi confronti in Europa. Questa sorta di guscio creato su misura e che segue, e in un certo senso, la mappa della casa, rappresenta per la Fondazione Aquileia un punto di arrivo importante nell’attività di tutela e valorizzazione”.
E infatti la nuova teca, un’elegante e moderna copertura in laterizio monocromo sostenuta da pilastri d’acciaio in rosso pompeiano, non solo valorizza i reperti della casa, ma permette ai visitatori di ammirarne i mosaici, a riparo da sole e intemperie. Questo intervento di valorizzazone e musealizzazione nell’area archeologica dei fondi Cossàr permette di apprezzare l’articolazione della grande casa romana, l’articolazione dei suoi ambienti, la raffinatezza dei pavimenti musivi.
Il progetto è stato realizzato, oltre che con i finanziamenti regionali alla Fondazione Aquileia, anche grazie a un importante contributo di ALES Arte Lavoro e Servizi, società in house del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
Ricostruzioni 3D realizzate a cura della Fondazione Aquileia. Ambiente Porticato del giardino Domus di Tito Macro
Rendere i reperti “parlanti” attraverso la multimedialità: gli obiettivi della Fondazione Aquileia
“La valorizzazione della Domus di Tito Macro - spiega l’Ambasciatore Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia sino ad ottobre 2020 - rappresenta un punto importante di un percorso che la Fondazione Aquileia segue da tempo, allo scopo di raggiungere una migliore fruibilità dei resti della grande città romana. L'obiettivo è rendere ‘parlanti’ i reperti archeologici e le grandi opere d'arte conservate ad Aquileia, aiutando la comprensione nel contesto originalissimo di una città che fu punto d'incontro della romanità con il mondo balcanico e con quello nordafricano e mediorientale".
Presto ad Aquileia ci saranno altre novità.
"La tutela e la valorizzazione della domus di Tito Macro - anticipa Cristiano Tiussi - è punto di arrivo molto importante che ci spinge a prendere in considerazione altre aree all’aperto, come ad esempio quella del foro e del porto fluviale, nelle quali cercheremo di far 'parlare' i resti. Una valorizzazione e rimodulazione dei percorsi permetterà di richiamare ad Aquileia nuovi visitatori rendendo più trasparente il significato di queste strutture e la loro conformazione originaria attraverso la multimedialità".
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