Arnold Holzknecht. Cié fossa pà

Arnold Holzknecht. Cié fossa pà, Galleria Doris Ghetta, Ortisei

 

Dal 02 Agosto 2020 al 30 Settembre 2020

Ortisei | Bolzano

Luogo: Galleria Doris Ghetta

Indirizzo: Pontives Sud 8

Orari: Tue - Fri: 15 – 18h and by appointment

Telefono per informazioni: +39 366 150 0243

E-Mail info: info@galleriaghetta.com

Sito ufficiale: http://www.dorisghetta.com



Cié fossa pà, il titolo della mostra di Arnold Holzknecht, suggerisce una modalità di pensiero ipotetico. Nel suo uso antico, l'ipotesi si riferiva a un riassunto della trama di una tragedia classica. La parola inglese ipotesi deriva dalla parola greca ὑπόθεσις il cui senso letterale o etimologico è "mettere o mettere sotto", da cui provengono molti altri significati figurativi tra cui "supposizione". Una superficie porosa apre la narrazione della mostra; una superficie sotto indagine, coperta da vuoti, messa in movimento di un quadro interrotto. Forme sovrapposte negoziano la loro validità in uno spazio illimitato e in un tempo incerto; le orbite circolano eccentricamente nella disperata ricerca del loro posto e dello spazio più adatto. Cié fossa pà è la premessa dell'artista per una proposta che faccia emergere un nuovo mondo, uno studio di possibilità, allo stesso tempo intimo e che abbraccia ogni aspetto, sotto il controllo di una geometria onnipresente che modera l’attenzione per ciò che verrà dopo. Nel Menone di Platone (86e-87b), Socrate analizza la virtù con un metodo usato dai matematici, quello di "indagare a partire da un'ipotesi". In questo senso, "ipotesi" si riferisce a un'idea brillante o a un utile approccio matematico che semplifica calcoli complessi. Il cardinale Bellarmine offre un famoso esempio di questo uso nell'avvertimento dato a Galileo all'inizio del XVII secolo: non deve trattare il movimento della Terra come una realtà, ma semplicemente come un'ipotesi. Holzknecht è un matematico attento con le capacità di un cartografo sospettoso e di un appassionato indovino. In un momento di precaria incertezza, la sua visione di un universo fondata su un ragionevole dubbio è intrecciata all'assunzione di una presunta innocenza e di un mondo oltre la colpa. L'ipotesi è un rifugio per una forma liberata, in un flusso e un movimento incontrollato, una libertà momentanea (la sua spiegazione proposta). Cié fossa pà articola uno scenario di predizione, "come se", se, l'ansia del "sarebbe"; ma anche una sicurezza e un conforto di previsione, e ultimo ma non meno importante, un piacere di anticipazione.

Un silenzio riempie lo spazio, o forse è un'illusione? Forse un'ipotesi (di nuovo) o il suo inganno? Gocce di pioggia sul tetto corroso del nonno, legno spezzato, disturbo della calma di una fitta boscaglia, eco dei canti di un picchio, il lavoro di tutela un custode, architettura sonora di un battito cardiaco. Memoria e guarigione, tempo e ferite, desiderio e passaggio. Cié fossa pà è una musica da camera. Ich bin verliebt in Schubert, confessa l'artista. Il più lirico tra i compositori, come diceva Liszt. Holzknecht orchestra la mostra con la grazia delicata di un poeta tormentato. Ogni opera è una partitura, una composizione vibrante, allo stesso tempo rigida ed ampiamente emancipata. La struttura fluttuante nell'angolo più lontano fa eco all'equilibrio gravitazionale del rilievo di apertura seguendo una linea diagonale. Quella di Holzknecht è un'arte di strati morbidi e di gradazioni; il "mettere sotto" è condotto con rigore e consequenzialità, la "necessità interiore" è all’opera. La profondità agisce sulla superficie, mentre le linee rette si trasformano in curve, componendo ovali di volumi; le curve obbediscono rapidamente alla logica del ritornello della struttura. Le forme si sostengono a vicenda, sup-poste e sovra-pposte, nel text-urizzare le superfici e nel costruire lo spessore. L'illusione ottica favorisce il lavoro di una macchina desiderante. I rilievi in legno di Holzknecht richiamano le strutture dei tessuti, gli arazzi del Bauhaus e la loro melodia di motivi geometrici, morbidi e sensuali, mentre l'artista trasforma alchemicamente le qualità dei materiali e la percezione abituale della materia. La forma ripetuta si sviluppa in modo ordinato, costruendo campi di piani astratti; il ritmo governa la struttura mentre forme fisse, alterate (ironicamente), dialogano con la crescita organica della natura. Holzknecht pratica una sorta di scrittura architettonica, una poetica di cornici vulnerabili, composta da forme e superfici ferite. La violenza interrompe il silenzio; l'instabilità richiede protezione. La Tatbestand di una forma elementare è sfidata sia dalla forza rattristata della natura sia da una forte presenza di un riferimento storico. Al centro di Cié fossa pà, una colonna danneggiata, un tempo solido supporto, è un monumento di malinconia per un mondo sull'orlo del baratro; un tronco rettangolare, avvolto in un’aderente pelle di corteccia, si esibisce come la vittima di un fallimento ecologico e di un esperimento biopolitico. L'arte di Arnold Holzknecht non é mai stata più metaforica. E più matura. Ich schnitze aber Ich schnitze nicht, (scolpisco, ma non scolpisco) conclude ironicamente l'artista. L'ambivalenza unisce l'ipotesi delle prove critiche di Holzknecht sulla sua posizione etica. Il vuoto paradossalmente multistrato di Cié fossa pà esprime la posizione dell'artista in un mondo di dubbi e suspense oncologici. Adam Budak

Arnold Holzknecht, nato nel 1960 a Bressanone, studia scultura tradizionale in legno presso Ortisei; tra il 1979 ed il 1985 è iscritto all’Accademia d’arte di Firenze e all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera; a partire dagli anni ’90 prende parte a numerose mostre individuali e collettive e a concorsi pubblici in Alto Adige, Germania, Italia; Holzknecht vive e lavora ad Ortisei.

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