Alla Beatrice Burati Anderson Gallery dal 10 maggio

Metti un veneziano a Venezia. Bruno Corà racconta Giovanni Rizzoli

Giovanni Rizzoli e Bruno Corà alla Beatrice Burati Anderson Gallery di Venezia,
 

Eleonora Zamparutti

07/05/2019

Venezia - A poche ore dall’apertura dei tornelli ai Giardini e all’Arsenale per la 58. Esposizione Internazionale d’Arte a Venezia (accessibile al pubblico dall’11 Maggio al 24 Novembre), abbiamo raggiunto al telefono Bruno Corà, in città per due eventi che lo vedono coinvolto come curatore. 

Alla Fondazione Cini, in qualità di presidente della Fondazione Burri e curatore, inaugura  il 9 Maggio “BURRI la pittura, irriducibile presenza, un’esposizione articolata in un tracciato espositivo composto da 50 opere che ripercorrono  cronologicamente le tappe più significative del percorso del Maestro della 'materia' attraverso molti dei suoi più importanti capolavori.

Il giorno dopo Bruno Corà è atteso alla Beatrice Burati Anderson Art Space & Gallery per l’inaugurazione della mostra “VENEZIA” di Giovanni Rizzoli. A vent’anni dalla sua partecipazione alla 48. Biennale di Venezia nell’esposizione dAERTuttO, curata da Harald Szeemann, Giovanni Rizzoli, figura di spicco della scena artistica Europea negli anni Novanta, torna in laguna.

Scegliamo di ripiegare per un momento lo sguardo sulla città lagunare per dare voce a un artista di origini veneziane e veneziano doc nel sangue, che ha deciso di dedicare il suo show alla città che ama e allo stesso tempo teme, come tanti artisti di tutte le epoche. E lo facciamo in un delicato momento di sospensione, in attesa di ammirare le reazioni del mondo dell’arte internazionale all’inquietante invito di Ralf Rugoff dal titolo “May You Live in Interesting Times”, prima di essere inesorabilmente travolti dall’orda internazionale di addetti  ai lavori, consapevoli che nei prossimi giorni Venezia sparirà sotto i nostri piedi, collassando sotto le voci degli Inuit, degli Amazzoni e degli Aborigeni.
 
“In questo momento sto camminando lungo la Fondamenta della Giudecca” afferma Bruno Corà. “Mi trovo a poche decine di metri da dove Giovanni Rizzoli è nato, esattamente di fronte alla Chiesa del Redentore, progettata da Andrea Palladio. In questo punto della riva adriatica, il fenomeno delle maree esercita una sorta di massaggio su una terra unica al mondo, Venezia. Un elemento poetico che ha fortemente influenzato il lavoro di Giovanni Rizzoli”.
 
Attraverso sculture, dipinti e disegni, Giovanni Rizzoli ha intessuto un dialogo continuo con la sua città di origine, una Venezia personale, enigmatica e conosciuta, imprescindibile dal suo percorso creativo.


Giovanni Rizzoli, L'ultima corda della Serenissima, 1988, corda e gesso.
 
“Circondato da quest’acqua che fa nascere architetture perfette, chiese e palazzi decorati con finestre in stile gotico a bifora e a trifora, Giovanni ha aperto gli occhi e si è auto-educato. Ha potuto ammirare le tele di Tiziano, di Tiepolo, dei grandi maestri della scuola veneta come Bellini. Ha avuto la fortuna di crescere guardando la Pala d’Oro e i magnifici mosaici dell’arte bizantina della Basilica. Tutto ciò ha esercitato un grande influsso sulla sua formazione” continua il curatore. Classe ’63, dopo aver concluso la scuola media, per volere dei suoi genitori Giovanni si reca all’estero per proseguire gli studi prima in Canada e poi in Svizzera. “Una scelta non facile che avrebbe potuto comportare come conseguenza anche una deriva rischiosa, considerando che quelli erano gli anni di piombo”. Giovanni arriva poi a Londra e a New York. Rientra nuovamente a Venezia dove si laurea in Storia dell’Arte all’Università Ca’ Foscari.
 
“Il personaggio si distingue subito perché si coniuga alla cultura di questa città. Crea opere che nascono dalla laguna, come ad esempio il tronco realizzato con fusione in bronzo partendo da un tronco realmente trovato sulle rive di un canale. O come l’Uomo melanconico, scultura realizzata a metà degli anni ’80. O ancora Nero di Gondola, titolo di un lavoro che richiama alla mente il duplice aspetto cerimoniale e funebre della tipica imbarcazione lagunare. Perché Venezia è sì una città percorsa da diverse anime, ma fondamentalmente la vena melanconica è prevalente. E non è un caso che proprio qui a Venezia Thomas Mann avesse ambientato il suo capolavoro “Morte a Venezia”.”
Ci sono artisti che sono espressione del territorio a cui appartengono, malgrado abbiano esperienze internazionali e viaggino per il mondo: Giovanni è uno di questi.


 
Secondo Bruno Corà, Rizzoli ha una visione melanconica della vita, nella sua arte dolore e sofferenza sono sempre legati a eventi accaduti e alla realtà. “Negli anni giovanili aveva realizzato opere utilizzando i barbiturici, molto tempo prima di Damien Hirst. Rizzoli è un precursore. Poeta all’età di 12-13 anni, è un segno della sua precocità”.
 
Nell’arco del suo percorso, Rizzoli ha incontrato numerosi altri artisti, come ad esempio Louise Bourgeois che fin da subito ha dimostrato un grande interesse per il suo lavoro. “Giovanni si reca più volte a New York per incontrarla. La scultrice di origini francesi, ma cresciuta negli Stati Uniti arriva a proporgli di realizzare lavori a quattro mani, ma Giovanni si astiene perché non gli pare corretto approfittare di un atto di magnanimità.”
 
Nel 2016 Rizzoli fa una mostra insieme a Louise Bourgeois a Origgio, in provincia di Varese, e riesce a far donare alla cittadina una scultura della celebre artista, che oggi si può ammirare nel Parco delle sculture. A New York è riuscito a interloquire con grandi nomi, anche della colonia italiana come ad esempio Salvatore Scarpitta.
 
Ma la mostra che inaugura l’11 Maggio alla galleria Burati Anderson a San Polo si sofferma sulle opere veneziane. “Tra i lavori Giacomo Casanova, un grande monolite di granito di forma fallica. C’è sempre ironia nei suoi lavori” afferma Corà. Altro elemento, l’ironia vivace e pungente, espressione tipica del dna di questa città a cui forse si è incollato addosso un po’ eccessivamente il mito romantico impresso  dalla tradizione inglese dell’Ottocento. E’ ormai un ricordo di gioventù, realizzato sulle tracce di Piero Manzoni, Sale della vita: una saliera contenente un dollaro sminuzzato.
 
“Superati gli anni Ottanta individua una forma plastica che lo colpisce: i vasi provvisori delle tombe. Per lui costituiscono un elemento variegato. Su questa forma sviluppa una poetica ancora al binomio di Eros e Thànatos. Ne realizza varie versioni, tra cui una di 9 metri in vetro resina che colpisce l’attenzione dei Harald Szeemann che decide di  inserirlo nella sua sezione alla Biennale.”
 
A Milano frequenta il gruppo di via Lazzaro Palazzi, Luciano Fabro e la Casa degli Artisti.
Sono diversi gli scenari su cui l’azione di Giovanni si esprime. Corrado Levi, personaggio di spicco della cultura visiva sulla scena milanese, lo ingaggia in una mostra. Poi lo troviamo di nuovo a Genova.
 
“Rizzoli si contraddistingue per un nomadismo individuale. Nel disegno si esprime felicemente. La sua è una mano rabdomantica che traccia il vero, il sensibile con grande forza evocativa. E’ uno scultore a tutto tondo, capace di inventa le forme come i gavitelli e le boe in mostra, elementi che segnano il paesaggio marino e sottolineano il profondo rapporto con la sua città. Siamo di fronte a una figura poco celebrata. E avendo io qualche luna alle mie spalle, posso dire che Giovanni Rizzoli ha ancora molto da dire e lascerà traccia.”



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