La stanza di Filippo de Pisis. Luigi Vittorio Fossati Bellani e la sua collezione
Dal 03 Aprile 2019 al 15 Settembre 2019
Milano
Luogo: Villa Necchi Campiglio
Indirizzo: via Mozart 14
Orari: da mercoledì a domenica dalle ore 10 alle 18
Curatori: Paolo Campiglio, Roberto Dulio
Enti promotori:
- Con il Patrocinio di
- Regione Lombardia
- Comune di Milano
- Cattedra Unesco del Politecnico di Milano
- Associazione per Filippo de Pisis
Costo del biglietto: Ingresso con visita alla villa: Intero: € 13; Studenti: € 7; Ridotto (Ragazzi 5-18 anni): € 4; Iscritti FAI: € 4
Telefono per informazioni: +39 02.76340121
E-Mail info: fainecchi@fondoambiente.it
Il FAI – Fondo Ambiente Italiano presenta a Villa Necchi Campiglio la mostra “La stanza di Filippo de Pisis. Luigi Vittorio Fossati Bellani e la sua collezione”, dal 3 aprile al 15 settembre, a cura di Paolo Campiglio e Roberto Dulio.
Roma, 1944: una stanza colma di arredi e oggetti preziosi, con quadri alle pareti, quasi tutti di un unico pittore: la stanza di Filippo de Pisis. La collezione è l’effetto di un sodalizio virtuoso tra pittori che dipingono e scrivono, letterati appassionati di immagini e musica, cultori delle arti e bibliofili: Luigi Vittorio Fossati Bellani ne è l’animatore.
La mostra riunisce per la prima volta la collezione di opere, alcune mai esposte al pubblico, che Fossati Bellani aveva raccolto e allestito nella sua casa di Roma. L’esposizione è un omaggio al collezionista e alla sua passione per l’opera di Filippo de Pisis, che amava affiancare alle raffinate tele di Savinio, Rosai e de Witt.
L’idea della mostra ha origine, come spunto iniziale, da La Tinca (1928), l’opera depisisiana già dicollezione Fossati-Bellani poi passata nella raccolta d’arte del Novecento di Claudia Gian Ferraridonata al FAI e custodita a Villa Necchi Campiglio. L’intento di ricostruire la sua storia ne ha svelatoun’altra, significativa e avvincente: quella del suo collezionista originario, che ha suggerito un percorso di ricerca volto a restituire l’intero nucleo di opere di Filippo de Pisis raccolte da LuigiVittorio Fossati Bellani. L’allestimento, riflesso delle intenzioni e del gusto del collezionista, ha portato alla realizzazione di una sorta di Wunderkammer depisisiana che racchiude ventidue dipinti realizzati tra 1916 e 1943: sedici di Filippo de Pisis, tre di Antonio Antony de Witt, uno di Ottone Rosai e due di Alberto Savinio, che in origine erano tutti esposti nella stessa stanza. Tra le opere di de Pisis esposte il celebre Bacchino (1928), da anni dato per disperso, che compare sul manifesto della mostra, e per la prima volta il San Sebastiano (1930), l’antesignano di una lungaserie di opere dedicate al soggetto. Spicca inoltre la rara serie di dipinti creati dal pittore nella primavera del 1935 a Londra, dove si era recato per un soggiorno di qualche mese, in gran parte acquisiti da Vittorio al ritorno dell’artista a Parigi. Un altro nucleo di opere pittoriche riguarda, infine, le tele realizzate dall’artista in casa dell’amico a Roma nei primi anni Quaranta, frutto di un sodalizioraro e di una complice amicizia.
Grazie ai materiali d’archivio, alla campagna fotografica di documentazione dell’appartamentorealizzata negli anni sessanta, prima della dispersione della collezione, e all’attenta e paziente ricercadelle opere disperse, è oggi possibile apprezzare i dipinti e i disegni nel dispiegarsi della loro collocazione originaria: l’impressione è quella di entrare per la prima volta nella stanza di de Pisis, ricreata come un volume chiuso, in cui le gigantografie delle immagini storiche rievocanol’atmosfera originale. Proveniente da un’agiata famiglia di industriali del tessile, Luigi Vittorio Fossati Bellani, dopo aver conseguito la laurea in Ingegneria in Germania, torna in Italia e prende parte alla Prima Guerra Mondiale. Al termine del conflitto si trasferisce a Venezia e poi a Firenze, dove stringe amicizia con Marino Moretti, letterato, poeta e scrittore che probabilmente lo introduce a Filippo de Pisis: fin da subito i dipinti dell’artista ferrarese lo appassionano e ne diviene collezionista. Approdato a Roma, si stabilisce in un grande appartamento all’interno di Palazzo Tittoni in via Rasella: la viadell’attentato partigiano contro le forze d’occupazione tedesche che porterà all’eccidio delle FosseArdeatine (1944). Questo evento drammatico segna per sempre il destino di Luigi Vittorio Fossati Bellani: coinvolto nei rastrellamenti tedeschi, viene rilasciato, ma dopo alcuni giorni, il 3 aprile 1944 (la mostra apre al pubblico a 75 anni da questa data), provato dall’accaduto, muore.
L’esposizione si inserisce nel programma di approfondimento storico e artistico che il FAI ha intrapreso dal 2012: mostre di rigoroso approccio scientifico che hanno l’intento di studiare e valorizzare l’attività di pittori e scultori già presenti a Villa Necchi con una o più opere, partendo da queste per elaborare nuovi percorsi di approfondimento, sempre nel solco dello“spirito del luogo”. Dopo Alfredo Ravasco, Arturo Martini e Timo Bortolotti l’attenzione è ora postasu Filippo de Pisis, di cui sono esposte permanentemente in villa sei opere: La tinca (1928), La scarpetta rossa (1930), Tre ostriche sull’impiantito (1932), Natura morta con lepre (1942) – donate da Claudia Gian Ferrari – un acquarello, Fiori (1947) appartenuto a Nedda Necchi e Ritratto di giovane (1929) da una donazione privata.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Skira, a cura di Paolo Campiglio e Roberto Dulio, con testi a commento della collezione, e con una intervista a Giulia Maria Mozzoni Crespi, fondatrice e Presidente onorario del FAI, nipote di Luigi Vittorio Fossati Bellani.
Terminata la mostra de Chirico e Savinio. Una mitologia moderna presso la Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo (PR), giovedì 11 luglio l’opera di Alberto Savinio La vedova (1931) arriverà a Villa Necchi Campiglio per completare l’esposizione dedicata alla collezione di Luigi Vittorio Fossati Bellani e a Filippo de Pisis.
Il dipinto, nella collezione Fossati Bellani, faceva pendant - in posizione speculare - con un'altra opera di Savinio, Penelope (1940), già in mostra a Villa Necchi, con cui ora andrà a ricongiungersi: verrà così ricomposta la coppia fortemente voluta dal collezionista e da lui ironicamente soprannominata “vedova triste e vedova allegra”, che propone l’accostamento di due metamorfosi animali in cui la mestizia della prima contrasta l’ilarità della seconda, sintetizzando, secondo l’autore, il senso della vita nell’arte e suggerendo una rappresentazione dell’animo umano.
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