La Pittura dopo il Postmodernismo - Painting after Postmodernism

La Pittura dopo il Postmodernismo - Painting after Postmodernism, Reggia di Caserta

 

Dal 13 Aprile 2018 al 16 Giugno 2018

Caserta

Luogo: Reggia di Caserta

Indirizzo: viale Douhet 2/a

Orari: 8:30-19:30. Chiusura biglietteria: 18:45. Martedi chiuso

Curatori: Barbara Rose

Enti promotori:

  • Patrocinio di
  • MiBACT
  • Reggia di Caserta
  • Regione Campania
  • MADRE
  • U.S. Consulate General Naples
  • Città di Caserta

E-Mail info: info@pap-reggia.it

Sito ufficiale: http://pap-reggia.it



La mostra manifesto “La Pittura dopo il Postmodernismo”, curata dalla celebre storica dell’arte statunitense Barbara Rose, è la terza edizione del progetto inauguratosi prima a Bruxelles nel 2016 e poi presentato a Malaga nel 2017.

Patrocinata dal Mibact, l’esposizione che si terrà per la prima volta nelle stanze del ‘700 della Reggia di Caserta, è considerata uno degli eventi più importanti del 2018.
Comprende oltre 100 dipinti realizzati da eminenti artisti belgi, italiani e statunitensi ed è accompagnata da un esaustivo catalogo con testi critici e riproduzioni a colori di tutte le opere esposte.
La mostra manifesto intende provare che la pittura in quanto disciplina autonoma, mantiene la sua freschezza ed ha ancora molto da dire in quanto forma d’arte chiamata a comunicare valori umanistici in un mondo disumanizzato e globalmente dominato dalla messa in rete tecnologica.
“La Pittura dopo il Postmodernismo” indaga le ragioni del perché, quando Marcel Duchamp dichiarò che la pittura era morta, molti gli credettero. Tuttavia si sbagliava, come è evidente se si guarda ai decenni  precedenti e successivi alla seconda guerra mondiale, quando artisti quali Picasso, Matisse, Miró e la Scuola di New York continuavano a realizzare opere di grandi dimensioni al pari dei grandi maestri del passato. Negli anni ’60 e ’70, fortemente politicizzati, torna di moda il “suonare la campana a morto” per la pittura, percepita come un prodotto della cultura borghese. Al suo posto, le gallerie e i musei definivano l’avanguardia in termini di arte concettuale, impiegando video, tecniche miste e installazioni, nell’intento di negare alla pittura la sua posizione di preminenza; riducendola in un ulteriore tentativo postmoderno.
Tale retrocessione era forse il risultato inevitabile del privare la pittura della pienezza dell’esperienza che una volta offriva, riducendola a una pura esperienza “ottica” priva di contenuto, di metafora o dell’enfasi data alla superficie. Il critico d’arte imperante nel dopoguerra Clement Greenberg ha insistito sul fatto che la pittura per rimanere “pura” doveva dirigersi alla sola vista, perché sosteneva che l’essenza dell’esperienza visiva era puramente “ottica”. Tutte le tracce della mano dovevano essere cancellate in favore dell’impatto istantaneo dell’immagine sulla retina.
I saggi di Greenberg “Modernist Painting” e “Post-Painterly Abstraction” divennero il canone da seguire, riducendo alla sua essenza esclusivamente ottica un’arte da lui definita “alta”. Le proprietà materiali, del colore e della tela, venivano enfatizzate a scapito di ogni effetto tattile; inoltre, la pittura doveva essere esclusivamente astratta, liberata da qualsiasi contenuto figurativo o anche metaforico. A partire dagli anni ’80, il dogma di Greenberg fu sfidato dai critici europei, tra cui Achille Bonito Oliva, che usò il termine postmodernismo per descrivere una pittura che mescolava gli stili delle avanguardie storiche in un pastiche di nuove  formulazioni figurative. Nel 1984, Peter Burger definì il postmodernismo come “la fine dei movimenti storici d’avanguardia”. Frederick Jameson ha caratterizzato il postmodernismo come una rottura della distinzione tra cultura “alta” e “bassa”, assorbendo l’immaginario kitsch della cultura di massa nelle citazioni e nelle riproduzioni riciclate in pittura.
Il postmodernismo ha privato la pittura dell’originalità dell’esperienza diretta, allo stesso modo in cui l’astrazione disincarnata di Greenberg, rivolta alla sola vista, è entrata in collisione con il desiderio di alcuni artisti di conservare l’integrità dell’esperienza estetica. Esperienza che comprende la fusione delle qualità tattili della superficie sensuale pittorica e della fusione ottica di colore e luce, così com’era per i grandi maestri del passato.
Gli artisti rappresentati in questa mostra desiderano ripristinare i valori tattili della pittura, ridefinendo il disegno come parte del processo pittorico e andare oltre il postmodernismo per recuperare la pienezza della pittura intesa quale arte principale; recuperando l’espressione tattile della materia pittorica, e la dimensione metaforica per adempiere a ciò che Henri Bergson definì come la sua funzione principale: essere “élan vital”, slancio vitale.

Artisti: Mil Ceulemans, Joris Ghekiere, Marc Maet, Werner Mannaers, Xavier Noiret-Thomé, Bart Vandevijvere, Jan Vanriet, Roberto Caracciolo, Arturo Casanova, Bruno Ceccobelli, Elvio Chiricozzi, Gianni Dessì, Nino Longobardi, Roberto Pietrosanti, Marco Tirelli, Rossella Vasta, Walter Darby Bannard, Melissa Kretschmer, Lois Lane, Paul Manes, Ed Moses, Larry Poons, Karen Gunderson, Martin Kline

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