Bi-personale: Davide Monaldi & Tindar

ProjectB, Davide Monaldi, Carta da parati, 2015

 

Dal 17 Novembre 2016 al 13 Gennaio 2017

Milano

Luogo: Galleria ProjectB

Indirizzo: via Pietro Maroncelli 7

Telefono per informazioni: +39 02 86998751

E-Mail info: info@projectb.eu

Sito ufficiale: http://www.projectb.eu



Dal 18 novembre 2016 al 13 gennaio 2017 la galleria ProjectB è felice di presentare la mostra bi-personale di Davide Monaldi e Tindar, due giovani artisti italiani entrambi finalisti alla diciassettesima edizione del Premio Cairo (Milano, Palazzo Reale, 10-13 novembre 2016).
Il disegno è il filo conduttore che lega le opere dei due artisti: disegno come punto di partenza da cui entrambi prendono le mosse per poi trasformarlo, per sottrazione o addizione, in un lavoro che evolve verso forme completamente nuove e inaspettate. Monaldi inizia il suo percorso artistico disegnando immagini complesse che richiedono, per la loro costruzione, l’uso del colore. Comincia poi a plasmare le sue prime opere in argilla e a operare progressivamente una sottrazione che lo porta alla creazione, dal 2010, di piccole sculture in ceramica, poetiche e dall'estetica minimale, che raccontano microstorie intime e legate al quotidiano, nobilitando il processo di lavorazione artigianale.
Tindar parte dalle sue opere Radici, simbolo di ciò che non si può vedere, disegnate a matita su pagine di testi antichi che sono a fondamento delle civiltà, proseguendo poi con la serie Tracce: impronte impresse su carta e ripetute mille volte, in un gesto quasi scultoreo. Evoluzione di queste prime opere è The Trace Project, progetto in cui l’arte si mette al servizio dell’uomo per portare un aiuto diretto ai migranti di Calais.
A ognuno dei due artisti è dedicata una delle due sale della galleria di Milano, con l’intento di creare un dialogo naturale tra i loro lavori, una narrazione per contrappunti che diventa percorso fatto più di echi e riverberi che di contaminazioni e confronti. 

DAVIDE MONALDI
Hula Hoop che diventano improvvisamente pesanti, palle da rugby che non ribalzano ma volano comunque verso l’alto per diventare totem, lavori dove Monadi offre la sua visone del mondo da un punto di vista alternativo, che l’arte dovrebbe sempre svelare.
Oggetti semplici elevati a opere, per forma e dimensione uguali agli originali, attraverso una produzione in cui il processo artigianale della lavorazione dell’argilla diventa fondamento concettuale dell’opera stessa.
L’opera plastica di Davide Monaldi, plasmata in ceramica o terracotta grezza, è stata definita da Saverio Verini “un calco del mondo”: elastici colorati o carte da parati che si staccano dalla parete diventano oggetti degni di apprezzamento estetico e si mischiano a maschere e figure che rimandano al tema dell’autoritratto.
Nella trasfigurazione, di questi oggetti-soggetti non ci sonno tracce di grandiosità, ma più un retrogusto serio e quasi amaro che si stacca nettamente dall’apparente ironia di alcuni lavori, dalla retorica del recupero o da qualsiasi pretesa estetizzante.
Uno sguardo poetico che richiama all’infanzia, melanconico ma orgoglioso della manualità che Monaldi, da ceramista autodidatta, ha riversato nelle sue opere, nobilitando la tecnica nell’ambito del contemporaneo e partecipando a quel movimento di recupero di un certo gesto artistico, reclamato ultimamento da molti giovani artisti.
TINDAR
Le Tracce, l’impressione dell’impronta digitale, sono una vera e propria allegoria dell’io. Una serie nata attorno all’unicità delle nostre impronte digitali, impresse a inchiostro su carta e ripetute, in un gesto quasi scultoreo, mille volte a quadro per ricreare la forma specifica di ognuno. Il “micro” della nostra semplice impronta forma il “macro” di una forma effimera, che ripetendosi all’infinito, mostra la sua inconsistenza.
A partire da queste prime opere Tindar ha dato vita ad un nuovo significato per la serie, The Traces Project, un progetto dove l’arte si mette al servizio dell’uomo per portare un aiuto diretto ai migranti di Calais.
L’artista si è recato personalmente più volte, da novembre 2015 in poi, nei campi profughi per raccogliere seimila impronte impresse dagli stessi rifugiati, senza differenze di etnia, credo o religione. Un gesto di consapevolezza dove per la prima volta ai migranti è chiesto di offrire un contributo, invece di chiedere la loro impronta digitale per identificazione.
Durante la precedente mostra di Tindar in galleria, sono state raccolte le impronte di chi voleva donarle come partecipazione al progetto, attraverso il gesto simbolico “di sporcarsi le mani con l’inchiostro”. Quelle impronte, unitamente a quelle raccolte dall’artista nel campo profughi di Calais, formano oggi il nuovo ciclo The Trace Project, che verrà esposto con una mostra itinerante in tutta Europa per poi essere venduto all’asta a Parigi a favore dei progetti di The Trace Project, recentemente recensito, in un lungo articolo, da Bernard Henry Levy sul Corriere della Sera. 
Inaugurazione: giovedì 17 novembre 2016 dalle 19 alle 21   

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