Giancarlo Vitali. Time out

Giancarlo Vitali, Girasoli Nel Blu, 1985, olio su tela, cm. 54x60

 

Dal 01 Giugno 2017 al 30 Settembre 2017

Milano

Luogo: Palazzo Reale

Indirizzo: piazza del Duomo 12

Enti promotori:

  • Comune di Milano

E-Mail info: archivivitali@gmail.com

Sito ufficiale: http://www.giancarlovitali.com/



Da giugno a settembre 2017 si svolge a Palazzo Reale, Milano Giancarlo Vitali – Time out una vasta antologica che presenta una rilettura critica di 70 anni di pittura: dalle prime opere degli anni Quaranta, apprezzate da Carrà, fino all’ultima e inedita produzione.
Accanto alle opere degli anni Ottanta e Novanta, esaltate da Giovanni Testori, un’ampia selezione di dipinti, di incisioni e di disegni inediti.
Il titolo è Time out, gioco fermo. Un momento di sospensione per immaginare una partita diversa, un attimo per valutare i valori in campo e il ritmo delle cose. Una pausa acritica per ri-vedere.

Time out il tempo della pittura di Giancarlo Vitali.
Velasco Vitali è il curatore artistico che ne disegna il percorso espositivo.
Contemporaneamente, in tre sedi museali cittadine, si svolgono altrettante mostre su temi specifici trattati da Vitali: la Malattia, gli Omaggi ai Maestri e le Forme del Tempo. La mostra è prodotta da ArchiViVitali.  Nasce a Bellano, sul Lago di Como il 29 novembre 1929. Inizia a dipingere a quindici anni, dopo un periodo di lavoro all’Istituto d’Arti grafiche di Bergamo.
Nel 1983 Giovanni Testori, dopo aver visto per caso la riproduzione di un suo dipinto, gli fa visita. Da questo incontro scaturisce un rapporto di reciproca stima e di amicizia. L’anno successivo Testori gli dedica un articolo sulla terza pagina del “Corriere della Sera” e organizza a Milano quella che si può considerare la prima personale.
Da quel momento espone in molte sedi pubbliche e private, pubblica numerosi cataloghi e cartelle di incisioni. 

Ogni quadro di Vitali esprime la meraviglia.
Vitali vive in un tempo tutto suo. Ha compagni ideali Goya e Velàzquez, Rembrandt e tanta pittura del Seicento lombardo. È popolano come può esserlo il Romanino di Pisogne, il Lotto di Trescore.
L’universalità di Vitali risiede nel suo saper essere locale; gli anticorpi maturati dentro questa sua terra gli permettono un disincanto etico rispetto alle contraddizioni proprie dell’uomo di oggi, nello smarrimento esistenziale che stiamo vivendo agli albori di questo nuovo secolo. 

In Vitali, o nel Bellanasco, tutto, ma proprio tutto, è “ritratto”. Dizione assai più giusta di quanto non sarebbe quella che recitasse come tutto, in lui, “ritratto”, lo diventi.
Quella del Vitali è un’ironia che, se mai, tutti, a modo suo, intende assolverci. E intende assolverci, tramite la sola carità che compete a un pittore: quella del pittorico e materico splendore.
Personaggi e situazioni dell’animo, in transito verso luoghi ignoti, sorpresi dalla luce abbagliante dell’arte. Non la luce fluorescente dei tubi al neon dei video games, ma quella che, come dice un verso di Montale, “candisce uomini e cose in un’eternità d’istante”. 

Solo la pittura riesce a fissarne gli istanti più intensi, una pittura sommessa o urlata che possiede la forza interiore della poesia di uno sguardo che afferra la realtà per riportarla sulla tela senza lasciar scappare la fragranza dell’attimo.
Vitali corteggia la materia e in essa si immerge con euforia, esaltazione, ebbrezza anche nel soggetto più macabro, rivitalizzando i modelli di Chain Soutine e di Willy Varlin.
Certo, è innegabile: Vitali è pittore di pittura (...) Viene sì dalle cose dipinte d'altri, così importanti in particolare quelle di longhiana ascendenza dei pittori di realtà lombarda, eppure è anche, la sua, pittura istintiva, naturale, alla 'prima': davvero senz'altri confronti e confini e connubi.     Date da definire   

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