Incanti e suggestioni verdiane

Spazio Oberdan, Milano

 

Dal 16 Gennaio 2014 al 27 Gennaio 2014

Milano

Luogo: Foyer Spazio Oberdan

Indirizzo: viale Vittorio Veneto 2

Orari: da martedì a domenica10-22; lunedì 10-19

Curatori: Franco Tarantino, Roberta Musi

Enti promotori:

  • Provincia di Milano/Assessorato alla Cultura

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 02 77406302

E-Mail info: m.piccardi@provincia.milano.it;

Sito ufficiale: http://www.provincia.milano.it/cultura


La mostra, presentata dalla Prof.ssa Cecilia De Bono critica e storica dell’arte, coinvolge un ristretto e selezionato numero di artisti predisposti a realizzare opere a soggetto, ispirate al Grande Maestro Giuseppe Verdi,
incommensurabile compositore di Busseto, creativo e geniale, che ha stupito il mondo intero.
La mostra offrirà la possibilità di ammirare 20 opere (dipinti e sculture) di importanti artisti contemporanei ispirate al Maestro Verdi ed ai suoi capolavori, tutti nel pieno della loro maturità autoriale, accomunati dalla ricerca e dalla sperimentazione di nuove e interessanti espressioni artistiche.
All’ inaugurazione, mercoledì 15 gennaio, saranno presenti: Novo Umberto Maerna, Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano e le Autorità in rappresentanza delle Istituzioni e delle Associazioni promotrici dell’evento.

Ennio Bencini, in “Il tempiodellamusica”, compone efficacemente una metafora della sacralità della musica, parola custodita nell’ordine del sacro e liberata dal suo interprete profeta, evocando figure e percezioni diverse, i rotoli della Torah, il canto degli ebrei prigionieri in Babilonia, il toccante e accorato Nabucco; metafora della sacralità della musica che evoca e innalza gli animi verso la luce incandescente del plesso solare, presenza del divino.
AnjeeTeresa Bertagna, in “Giuseppe Verdi” sembra tratteggiare la figura del maestro come astante della sua stessa celebrazione; quasi come nell’impossibilità di dar viva voce alla sua opera, sta il suo spirito nella cornice della rappresentazione, severo e muto. Il grande compositore sembra riportato in vita per le celebrazioni, senza riuscire, tuttavia, veramente a farsi ascoltare. È, forse, il mondo contemporaneo che non lo ascolta?
Donatella Bianchi, in “Passione e dramma:vitadiungrandeartista”si interroga dolentemente circa il senso della sopravvivenza dell’opera del maestro a fronte di una vita intera dedicata alla musica e consumata nel fare arte; e, così facendo, ci induce invero a riflettere sull’incommensurabile confronto tra l’inestimabile lascito dell’opera d’arte e la fragilità di una vita, pur così operosa e feconda.
Gigi Borri, in In unmondodisuoni,mostra il volto del compositore rapito nello spazio sonoro della musica, che come un incessante flusso vitale, un’inarrestabile marea, lo permea e lo anima dall’interno; un fiume vibrante di suoni/colori lo avvolge da ogni lato, che sembra sgorgare dai suoi stessi occhi.
Franco Colnaghi, in “Albero Verdiano”, esprime la fertilità di fiori e frutti della composizione verdiana, come un dono al mondo, bello da vedere, ricco di riverberi e risonanze.
CleliaCortemiglia,in “GiuseppeVerdi” crea intorno all’aureo volto del compositore un’aerea costellazione di astri che, nella galassia della musica, in festoso corteggio, celebra grandezza e levità della sua musica. Soave e aurea è questa corona come un corteggio di stelle luminosissime e festanti.
Carlo Destro, nei “Caleidoscopici verdiani” dispiega un’armonia di colori e luci che, come una fisarmonica, si inarchi per far emergere tutti i suoni e tutti i colori e lasciarli volar via, liberi per l’etere e l’atmosfera, dispiegandosi nei loro infiniti riverberi.
Isa Di Battista, in “Nabucco”, evoca le onde emotive del ricordo e della nostalgia, in una struggente rievocazione della bellezza del suolo natio che chiama a liberarsi dalle catene del tempo presente, per fuggire dal paese nel quale, nella cattività babilonese, si è prigionieri, e mettersi in cammino alla ricerca della terra promessa.
FaustaDossi, con il consueto rigore, in “Semprepiùinalto” mostra il climaxascendente che la musica verdiana innesca, tendendo sempre più in alto nella sua vibrante ascesa verso il tempio della musica. La pittrice, mentre attrae la nostra attenzione sulla vibrazione sonora che si ode in questo momento, ci richiama all’eternità della musica che regna come un’imperitura eredità.
StefanoFreddi, in “Fuori rigo” mostra l’incontenibile, esplosiva espressività della composizione musicale, che si dispiega nelle sue innumerevoli esecuzioni, ‘fuori dalle righe’, oltre lo spartito. La musica, sembra suggerirci l’artista, è inafferrabile, una volta emersa si dispiega, lieve come n soffio, nell’inafferrabile fluttuazione dell’etere.
MatteoLausetti, compone un’opera di rara bellezza, dal titolo misterioso “Fugato”per coro o“aria”per mezzosoprano? GiuseppeFrancescoFortuninoeildilemmadelLiberScriptus. Le sapienti velature della composizione pittorica mostrano e celano la tessitura della vita, della musica: più rarefatta, a tratti più tersa, in alcuni momenti più profonda, opalescente, sempre sfuggente. Lo sguardo che cerca di penetrarla a fondo vi si perde e si compiace di questo smarrimento.
ItaloMapelli, in “GiuseppeVerdi” mostra la figura di Verdi come una moderna ‘icona’ che si sovrappone al tricolore per ricordarci il carattere popolare della sua presenza, quasi come insegna.
Federico Marchesini, ne ‘Lacupola’ compone un’opera di infinita e chiusa seriazione: l’infinito della composizione e della giustapposizione dei segni che genera per miracolo, eppure con naturalezza nell’intuizione creatrice, la forma. E d’altro canto,
in questa figura della seriazione, si scorge, quasi spettro della modernità, il grottesco e l’inquietudine di una mistificazione.
VitoMele, in “LaTraviatanelmondo” mostra come l’opera sia urbietorbieseguita, ergendosi al di sopra dell’intero pianeta e del planisfero come opera che appartiene all’Umanità.
Roberta Musi,rappresenta un altro monumento, quello che ritrae un Verdi pensieroso e grave. Il maestro Verdi, pur rattristato dagli anni, dalle molte morti degli amici e dei suoi cari, si erge in tutta la sua figura con pensieri nobili e severi. È il Verdi degli ultimi anni, dopo che anche la sua Giuseppina si era spenta, lasciandolo solo. Il bellissimo monumento, che la pittrice ritrae, si trova, come tutti ricorderanno, nella piazza sulla quale si affaccia la residenza per gli anziani musicisti, voluta con lascito testamentario dal maestro. L’opera dell’artista presenta un mirabile scavo psicologico nella pensosità della figura gravata dall’incedere degli anni, quando si profila già il varco della morte. L’artista adombra il trapasso scavando l’espressione a tratti contrita del volto: sembra che un velo lo ricopra: un velo che pur raccogliendo lo spirito, estremo desiderio di n cuore ardente, lo avvolga nell’immortalità destinata ai grandi.
AlessandroNastasio, in “Rigoletto-Gilda”,“Comefulmin scagliatodadio,ilbuffonecolpirtisaprà” con infinito garbo e pochi tocchi di colore, che attraverso la lira evocano le note, esprime non sono la grazia ma il potere dell’arte della parola quando in gioco è la difesa dell’onore di una donna, di una figlia.
Nel suo OmaggioaVerdi, MassimoNavarrarievoca il violino, voce esemplare della musica, interpretato in una versione moderna, forse a dire che la musica in tutte le sue forme ed espressioni è viva I guanti bianchi, simbolo della direzione d’orchestra, annunciano che l’esecuzione sta per iniziare: la musica scritta da Verdi fu scritta nel passato, ma vive nei nostri cuori e nei nostri teatri senza fine.
AntonioPilato, in “Divino maestro” mostra il maestro circondato da voci angeliche mentre si squadernano gli spartiti delle sue opere. Il candore naif dell’opera ben si sposa con la gioia intensa che la musica dona all’animo umano, elevandone lo spirito verso l’alto.
EnricoPozzoli, nell’immagine “Divino maestro” evoca l’ineffabile, volatile leggiadria del Va pensiero, nella sua aerea essenza che emerge dal silenzio e dal buio per reimmergersi nel silenzio e nel buio.
Rucilla Restelli, in “Omaggio a Giuseppe Verdi (Nabucco parte II)” evoca il carattere sacrale dell’invocazione del Nabucco e la gloria, come un’aura di regalità, che avvolse, in un certo momento (e sia pur da lui stesso temperata), la figura del compositore nel quale molti videro il vate dello spirito di libertà della Nazione.
Giovanni Sala, in “No; il fazzolettovoglioch’ioti donai” rappresenta in un’opera complessa, costruita con geometrica precisione, si direbbe con una geometria delle passioni, tutto il dramma, tutta la tragedia di un grande amore funestato dal cancro di una folle gelosia. Forse la testa è quella di Otello, divorato dalla cieca forza della gelosia che ottunde ogni amore, ogni umana compassione, e che ormai incapace di discernimento, sta per uccidere un’innocente.
FrancoTarantino, in “OmaggioaGiuseppeVerdi(Nabucco parte II)” frantuma la figura di Verdi, che, se scomposto (segmentato) in tutti i suoi molteplici aspetti e livelli, lascia ancora emergere musica, come farfalle, note e vita. L’artista sembra volerci suggerire che l’analisi del musicologo, dello storico della musica, che scompone, che individua diversi livelli interpretativi non è in grado di cogliere come può fare solo un altro artista, l’arte, l’arte ineffabile e lieve come un battito d’ali di farfalla.
ZoranVuckovic, in “Figurachesale”, scolpisce una figura bronzea e lucente che si erge sugli spartiti sparpagliati, avvitandosi in una danza, in un’affascinante torsione che evoca l’inesausta vitalità della musica che si libra sulla partitura.






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