Jan Fabre. La saggezza del Belgio
Dal 02 Dicembre 2022 al 12 Febbraio 2023
Milano
Luogo: Galleria Gaburro
Indirizzo: Via Cerva 25
Orari: martedì-sabato 10-13 / 15-19
Curatori: Giacinto Di Pietrantonio
Telefono per informazioni: +39.02.99262529
E-Mail info: info@galleriagaburro.com
Sito ufficiale: http://www.galleriagaburro.com
Dal 2 dicembre 2022 al 12 febbraio 2023, la Galleria Gaburro di Milano (via Cerva 25) ospita una personale di Jan Fabre (Anversa, 1958), uno dei maggiori artisti contemporanei.
Curata da Giacinto Di Pietrantonio, l’esposizione, dal titolo La saggezza del Belgio, presenta una trentina di disegni di piccolo formato della serie Folklore Sexuel Belge e Mer du Nord Sexuelle Belge e una decina di sculture, per la prima volta esposte in Italia, attraverso le quali, Jan Fabre s’interroga sull’identità belga, sulla sessualità e sensualità, passate al vaglio visivo del surrealismo, caratteristica che contraddistingue la sua opera, nonché l’intera arte belga.
Jan Fabre, che in questo caso si definisce ironicamente “Le Bon Artiste Belge”, propone un corpus di opere volte a cercare l’identità nazionale belga che non è unica, ma densa di differenze, a partire dalla presenza di tre comunità: fiamminga, vallone e quella di lingua tedesca. Queste aree a loro volta sono internamente ancor più frammentate, una diversità in cui cerca di ritrovare saggezza e unità per proporre ciò che può “connettere piuttosto che dividere”.
Su ogni disegno campeggia la spiritosa scritta ÉDITÉ ET OFFERT PAR JAN FABRE LE BON ARTISTE BELGE (Pubblicato e offerto da Jan Fabre, il bravo artista belga)che fa ricorso alla frase pubblicitaria della cioccolata “Côte D’OR, Le Bon Chocolat Belge” riportata sulle cartoline con immagini del folklore belga allegate negli anni sessanta alla nota cioccolata, forte simbolo alimentare identitario sovranazionale del Belgio. Fabre sceglie tuttavia di accompagnare i disegni con questa definizione non solo per la dolcezza che la cioccolata esprime, ma metaforicamente anche per il suo “lato oscuro”, in quanto nasce dal colonialismo belga in Congo, tema su cui l’artista lavora da anni.
Autodefinitosi “Guerriero della Bellezza”, con le sue opere agisce nell’arte e in difesa dell’arte, mettendosi in dialogo con il sapere scientifico, la saggezza popolare e il rapporto uomo-natura, facendo convergere tutto verso la centrale poetica della metamorfosi. Per questo Fabre agisce come un rivoluzionario del linguaggio che cerca di rovesciare lo stato delle cose, servendosi spesso del riferimento al carnevale quale azione di sospensione e rovesciamento della realtà. Le sculture sono stravaganti, ironiche e sgargianti come le tradizioni carnevalesche, folkloriche e teatrali del Belgio.
“Jan Fabre” - ricorda Giacinto Di Pietrantonio – “nel suo tentativo di rovesciare linguisticamente il mondo e le sue regole, rivede quelle della sessualità che in questo specifico caso portano Fabre a interagire con alcuni artisti di riferimento, fino al più “surrealista” di tutti i tempi: Hieronymus Bosch. L’iconografia e l’iconologia dei disegni e delle sculture di Fabre in mostra sembrano infatti uscire dai quadri dell’eretico artista rinascimentale fiammingo, dove elementi marini come conchiglie, uomini, animali e piante subiscono surreali e simboliche metamorfosi umano-animale in un’orgia di colori, forme e sessualità che Fabre rilegge saggiamente anche alla luce delle trasformazioni delle culture popolari”.
“La sua arte” – continua Giacinto Di Pietrantonio – “è sempre un andirivieni tra alto e basso, passato e presente, un modus operandi che lo tiene legato anche alla tradizione dei floridi corpi barocchi del concittadino Rubens soprattutto nella serie Mer du Nord Sexuelle Belge, in cui piccoli grassottelli cupidi e piccole veneri cicciottelle nascono da conchiglie marine. Dall’altra parte i disegni di Folklore Sexuel Belge per tavolozza e caratterizzazionechiudono modernamente il cerchio, guardando all’arte espressiva carnevalesca e grottesca del connazionale James Ensor dell’Entrata di Cristo a Bruxelles nel 1889. È la maturità artistica di Fabre che attinge alla Saggezza del Belgio, rileggendo la tradizione narrativa e visuale alternativa delle leggende popolari di un sapere che si perde nella notte dei tempi e che l’arte salva dall’estinzione”.
Jan Fabre
Artista della consilienza, operante dalla fine degli anni settanta come artista visuale, Jan Fabre si colloca nella scia della tradizione, soprattutto fiamminga e rinascimentale italiana, tempo in cui gli artisti operavano su e con più discipline in quanto promotori del rivoluzionario pensiero umanistico.
Nato ad Anversa, (Belgio), nel 1958, dove vive e lavora, Jan Fabre ha acquisito notorietà internazionale come uno dei più innovativi artisti della sua generazione per la sua capacità di padroneggiare non solo diverse discipline e temi, ma anche per una continua attitudine sperimentale nei confronti di problematiche e materiali.
Jan Fabre ha partecipato a importanti manifestazioni internazionali come la Biennale di Venezia (1984, 1990, 1997, 2007, 2009, 2011, 2017), Documenta Kassel (1987, 1992, 2017).
Tra le recenti mostre personali figurano quelle ospitate da importanti istituzioni come: Louvre, Parigi, (2008), Kunsthaus, Bregenz (2008), Kunsthistorisches Museum, Vienna, (2011) Musée d'Art Moderne, Saint Etienne, (2011), MAXXI, Roma (2014), Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo (2016), Forte di Belvedere, Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria Firenze (2016), Pinchuk Art Center, Kiev (2017), Musée d’Art Contemporain, Lyon (2017), Fondation Maeght, Saint-Paul-de-Vence (2018), Museo di Capodimonte, Napoli (2019).
Diverse opere di Jan Fabre sono state commissionate per spazi pubblici in Belgio e all’estero. A Bruxelles è possibile ammirare sulla scalinata dei Musei Reali delle Belle Arti The Gaze Within (The Hour Blue) (2011-2013) e Heaven of Delight (2002) presso il Palazzo Reale. Ad Anversa, città natale dell’artista, l’opera The Man who Bears the Cross (2015) è ospitata all’interno della Cattedrale di Nostra Signora. Fabre ha realizzato un trittico nel solco di Rubens, Jordaens e Van Dyck per la chiesa di Sant’Agostino/AMUZ sempre ad Anversa. Come Heaven of Delight, questo trittico è realizzato con le elitre dello scarabeo gioiello. Ultime tra le sue installazioni site-specific sono quattro sculture di corallo rosso nella cappella di Pio Monte della Misericordia a Napoli (2019) che dialogano idealmente con il capolavoro di Caravaggio (Le sette opere di Misericordia).
Curata da Giacinto Di Pietrantonio, l’esposizione, dal titolo La saggezza del Belgio, presenta una trentina di disegni di piccolo formato della serie Folklore Sexuel Belge e Mer du Nord Sexuelle Belge e una decina di sculture, per la prima volta esposte in Italia, attraverso le quali, Jan Fabre s’interroga sull’identità belga, sulla sessualità e sensualità, passate al vaglio visivo del surrealismo, caratteristica che contraddistingue la sua opera, nonché l’intera arte belga.
Jan Fabre, che in questo caso si definisce ironicamente “Le Bon Artiste Belge”, propone un corpus di opere volte a cercare l’identità nazionale belga che non è unica, ma densa di differenze, a partire dalla presenza di tre comunità: fiamminga, vallone e quella di lingua tedesca. Queste aree a loro volta sono internamente ancor più frammentate, una diversità in cui cerca di ritrovare saggezza e unità per proporre ciò che può “connettere piuttosto che dividere”.
Su ogni disegno campeggia la spiritosa scritta ÉDITÉ ET OFFERT PAR JAN FABRE LE BON ARTISTE BELGE (Pubblicato e offerto da Jan Fabre, il bravo artista belga)che fa ricorso alla frase pubblicitaria della cioccolata “Côte D’OR, Le Bon Chocolat Belge” riportata sulle cartoline con immagini del folklore belga allegate negli anni sessanta alla nota cioccolata, forte simbolo alimentare identitario sovranazionale del Belgio. Fabre sceglie tuttavia di accompagnare i disegni con questa definizione non solo per la dolcezza che la cioccolata esprime, ma metaforicamente anche per il suo “lato oscuro”, in quanto nasce dal colonialismo belga in Congo, tema su cui l’artista lavora da anni.
Autodefinitosi “Guerriero della Bellezza”, con le sue opere agisce nell’arte e in difesa dell’arte, mettendosi in dialogo con il sapere scientifico, la saggezza popolare e il rapporto uomo-natura, facendo convergere tutto verso la centrale poetica della metamorfosi. Per questo Fabre agisce come un rivoluzionario del linguaggio che cerca di rovesciare lo stato delle cose, servendosi spesso del riferimento al carnevale quale azione di sospensione e rovesciamento della realtà. Le sculture sono stravaganti, ironiche e sgargianti come le tradizioni carnevalesche, folkloriche e teatrali del Belgio.
“Jan Fabre” - ricorda Giacinto Di Pietrantonio – “nel suo tentativo di rovesciare linguisticamente il mondo e le sue regole, rivede quelle della sessualità che in questo specifico caso portano Fabre a interagire con alcuni artisti di riferimento, fino al più “surrealista” di tutti i tempi: Hieronymus Bosch. L’iconografia e l’iconologia dei disegni e delle sculture di Fabre in mostra sembrano infatti uscire dai quadri dell’eretico artista rinascimentale fiammingo, dove elementi marini come conchiglie, uomini, animali e piante subiscono surreali e simboliche metamorfosi umano-animale in un’orgia di colori, forme e sessualità che Fabre rilegge saggiamente anche alla luce delle trasformazioni delle culture popolari”.
“La sua arte” – continua Giacinto Di Pietrantonio – “è sempre un andirivieni tra alto e basso, passato e presente, un modus operandi che lo tiene legato anche alla tradizione dei floridi corpi barocchi del concittadino Rubens soprattutto nella serie Mer du Nord Sexuelle Belge, in cui piccoli grassottelli cupidi e piccole veneri cicciottelle nascono da conchiglie marine. Dall’altra parte i disegni di Folklore Sexuel Belge per tavolozza e caratterizzazionechiudono modernamente il cerchio, guardando all’arte espressiva carnevalesca e grottesca del connazionale James Ensor dell’Entrata di Cristo a Bruxelles nel 1889. È la maturità artistica di Fabre che attinge alla Saggezza del Belgio, rileggendo la tradizione narrativa e visuale alternativa delle leggende popolari di un sapere che si perde nella notte dei tempi e che l’arte salva dall’estinzione”.
Jan Fabre
Artista della consilienza, operante dalla fine degli anni settanta come artista visuale, Jan Fabre si colloca nella scia della tradizione, soprattutto fiamminga e rinascimentale italiana, tempo in cui gli artisti operavano su e con più discipline in quanto promotori del rivoluzionario pensiero umanistico.
Nato ad Anversa, (Belgio), nel 1958, dove vive e lavora, Jan Fabre ha acquisito notorietà internazionale come uno dei più innovativi artisti della sua generazione per la sua capacità di padroneggiare non solo diverse discipline e temi, ma anche per una continua attitudine sperimentale nei confronti di problematiche e materiali.
Jan Fabre ha partecipato a importanti manifestazioni internazionali come la Biennale di Venezia (1984, 1990, 1997, 2007, 2009, 2011, 2017), Documenta Kassel (1987, 1992, 2017).
Tra le recenti mostre personali figurano quelle ospitate da importanti istituzioni come: Louvre, Parigi, (2008), Kunsthaus, Bregenz (2008), Kunsthistorisches Museum, Vienna, (2011) Musée d'Art Moderne, Saint Etienne, (2011), MAXXI, Roma (2014), Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo (2016), Forte di Belvedere, Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria Firenze (2016), Pinchuk Art Center, Kiev (2017), Musée d’Art Contemporain, Lyon (2017), Fondation Maeght, Saint-Paul-de-Vence (2018), Museo di Capodimonte, Napoli (2019).
Diverse opere di Jan Fabre sono state commissionate per spazi pubblici in Belgio e all’estero. A Bruxelles è possibile ammirare sulla scalinata dei Musei Reali delle Belle Arti The Gaze Within (The Hour Blue) (2011-2013) e Heaven of Delight (2002) presso il Palazzo Reale. Ad Anversa, città natale dell’artista, l’opera The Man who Bears the Cross (2015) è ospitata all’interno della Cattedrale di Nostra Signora. Fabre ha realizzato un trittico nel solco di Rubens, Jordaens e Van Dyck per la chiesa di Sant’Agostino/AMUZ sempre ad Anversa. Come Heaven of Delight, questo trittico è realizzato con le elitre dello scarabeo gioiello. Ultime tra le sue installazioni site-specific sono quattro sculture di corallo rosso nella cappella di Pio Monte della Misericordia a Napoli (2019) che dialogano idealmente con il capolavoro di Caravaggio (Le sette opere di Misericordia).
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