Lo sguardo dentro, lo sguardo fuori… lo sguardo dove? con le opere di Manlio Villoresi e Mimmo Dabbrescia

© Mimmo Dabbrescia | Mimmo Dabbrescia, Salvador Dalì
Dal 4 October 2025 al 26 October 2025
Milano
Luogo: Museo Nazionale Scienza e Tecnologia
Indirizzo: Via Olona 6
Curatori: Andrea Ciresola, Carola Annoni di Gussola
Sito ufficiale: http://www.museoscienza.org/it
!Lo sguardo dentro, lo sguardo fuori...lo sguardo dove?” è il titolo di una sorprendente mostra dedicata a Manlio Villoresi e a Mimmo Dabbrescia.
Ottanta opere dei due grandi fotograf saranno esposte al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia dal 4 ottobre al 26 ottobre 2025.
Due forme narrative diverse, due artisti che non si sono mai conosciuti, ma che qui si incontrano in un dialogo continuo grazie ai ritratti fotografici che sono il loro tratto comune, seppure con prospettive differenti. Se Villoresi ha un rapporto intenso con il soggetto fotografato, con uno sguardo “dentro”, Dabbrescia invece lascia che i suoi soggetti guardino altrove, per dare spazio anche al “fuori."
Curatori della mostra sono Andrea Ciresola, restauratore di beni culturali, artista, scrittore e blogger e Carola Annoni di Gussola esperta e consulente d’arte della Fondazione Villoresi Poggi. La postfazione del catalogo “Manlio e Mimmo, convergenze parallele” è firmata da Giovanna Calvenzi, giornalista e photo editor. Organizzatrice della mostra è la Fondazione Villoresi Poggi con il supporto di Musei in Comune di Roma, Museo di Roma e Art D2 modern and contemporary art.
Manlio Villoresi (1891-1976), dopo l’apprendistato a Città di Castello (PG) nello studio di fotografo del padre, si trasferisce a Roma dove apre il suo studio e si fa presto conoscere, diventando il fotografo prescelto dagli artisti e dai protagonisti della buona società romana. Tra gli anni 1920 e 1940, nel suo studio (prima in piazza Barberini 12, poi in via Vittorio Veneto 96) sono transitate personalità della cultura, attori cinematografici, musicisti e cantanti lirici, ma anche esponenti dell"aristocrazia, protagonisti dello sport e della politica. Nel 1925 Manlio fu nominato da Vittorio Emanuele III Cavaliere Ufficiale dell"Ordine della Corona d"Italia e dieci anni dopo Commendatore. Alla sua morte lascia una collezione di 1570 lastre di vetro alla gelatina bromuro d"argento, formato 13x18, all"Archivio fotografico del Museo di Roma.
Mimmo (Domenico) Dabbrescia, pugliese di Barletta, dove è nato nel 1938, milanese di adozione, inizia la sua carriera con Fedele Toscani (padre di Oliviero Toscani) e vanta il primato di essere stato il più giovane fotogiornalista assunto al Corriere della Sera, lì chiamato da Dino Buzzati e da Alfredo Pigna. Ha lavorato anche per la Domenica del Corriere e per la nascente Amica, per poi aprire una sua agenzia fotografica. Ha girato il mondo realizzando reportages dagli Stati Uniti all"Urss al Canada. Negli anni Sessanta e Settanta ritrae i Beatles, Joe Cocker, Clint Eastwood, Liz Taylor e Richard Burton, ma anche Eugenio Montale e Dino Buzzati. Ha pubblicato diversi libri fotografici con personaggi del calibro di Dalì, Guttuso, De Chirico, Baj, Music, Hartung, Migneco, Dova, Sassu e Salvatore Fiume. A metà degli anni Settanta fonda con Bruna Coradini la casa editrice Edizioni Brixia e la rivista Prospettive d’arte, specializzata in arte, cultura e fotografia, che dirigerà per quasi venti anni.
Sono tanti i personaggi ritratti nelle 80 opere scelte e ora esposte al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia. Tra questi, per quanto riguarda Mimmo Dabbrescia, ci sono Fabrizio De André, Mina, Francis Bacon, Eugenio Montale, Clint Eastwood, Salvador Dalì, Lucio Dalla, Giorgio de Chirico, Dino Buzzati, César (César Baldaccini), Valentino, Carlos Santana. Manlio Villoresi firma invece, fra gli altri, i ritratti di Anna Magnani, Vittorio Gassman, Aldo Di Lazzaro, Maria Mercader, Massimo Girotti, Isa Barsizza, Eleonora Duse, Franca Faldini, Domenico Modugno, Dina Sassoli, Gigi Villoresi.
“È la decisione di rubare gli sguardi, la figura, l"intimità che determina la vertigine di certe immagini dei fotografi. Qui l"intermediazione non esiste perché non esiste interlocutore, il corpo del soggetto, anche quando è solido, composto, precisato, sembra esprimere un non detto molto chiaro e cerca anche di descriverlo a parole. L"unico modo sembra far ricorso a degli ossimori”, commenta Andrea Ciresola.
“Questa mostra racconta anche l’evoluzione della fotografia nell’arco di due terzi di secolo: dal rigore e dall’arte dell’atelier fotografico di Manlio Villoresi, dove il ritratto diventa icona aurea, fino alla dimensione più dinamica e libera di Mimmo Dabbrescia, che porta l’obiettivo nelle strade del mondo, trasformando i volti in espressioni di glamour e di contemporaneità. Due visioni apparentemente lontane, che in realtà dialogano fra loro come momenti complementari di una stessa storia: quella di un linguaggio in continua trasformazione, capace di riflettere lo spirito del tempo e di lasciarci una memoria viva, ma anche sul modo in cui scegliamo di guardare la realtà”, sottolinea Carola Annoni di Gussola.
“Nella sequenza ritmata dagli sguardi nasce un racconto di volti intensi che i due autori certamente non hanno previsto: Villoresi sembra preferire lo sguardo !dentro”, che suggerisce una relazione intensa fra fotografo e fotografato; Dabbrescia preferisce che il suo soggetto guardi !fuori” in modo da poterlo raccontare quasi a sua insaputa, mentre osserva l’ambiente che lo circonda”. spiega Giovanna Calvenzi nella sua postfazione.
“Un’occasione unica per raccontare l’evoluzione della fotografia, dagli scatti in studio di un grande fotografo della mondanità romana come Manlio Villoresi, alla fotografia con mezzi più moderni e dinamici. Ciò mi ha permesso di viaggiare e di fotografare personaggi della vita politica e dell’attualità dell’epoca oltre che artisti e cantanti, soprattutto questi ultimi potendoli ritrarre nelle loro abitazioni, studi e all’aperto, durante i loro viaggi e tournée in giro per il mondo. Come Manlio con il suo studio e salotto annesso come luogo d’incontro e feste per i suoi clienti e amici, cosi io con la mia macchina fotografica ho raccontato nei miei servizi gli aspetti più personali e umani dei personaggi incontranti nei miei 50 anni di carriera fotografica”, evidenzia Mimmo Dabbrescia.
“La Fondazione Villoresi Poggi – promotrice della mostra - è impegnata nel preservare e tramandare la memoria degli antenati dei fondatori Giuseppe Villoresi e Piergiovanni Poggi che hanno contribuito al progresso sportivo, scientifico e culturale del nostro Paese. Tra questi, Manlio Villoresi rappresenta un protagonista silenzioso ma incisivo della cultura e dell’arte italiana. La sua eleganza, discreta e mai ostentata, era una forma di rispetto: verso sé stesso, verso gli altri e verso il tempo. In un’epoca che spesso privilegia il rumore e l’apparenza, il suo esempio dimostra come la vera forza risieda nella misura, nella sobrietà e nella capacità di lasciare tracce profonde senza bisogno di clamore. In questa prospettiva si colloca anche il lavoro di ricerca e di narrazione che sto portando avanti con un romanzo storico a lui dedicato, attualmente in fase di ultimazione, per offrire uno sguardo più ampio sulla sua figura e sulla sua eredità”, racconta Valerio Villoresi.
Ottanta opere dei due grandi fotograf saranno esposte al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia dal 4 ottobre al 26 ottobre 2025.
Due forme narrative diverse, due artisti che non si sono mai conosciuti, ma che qui si incontrano in un dialogo continuo grazie ai ritratti fotografici che sono il loro tratto comune, seppure con prospettive differenti. Se Villoresi ha un rapporto intenso con il soggetto fotografato, con uno sguardo “dentro”, Dabbrescia invece lascia che i suoi soggetti guardino altrove, per dare spazio anche al “fuori."
Curatori della mostra sono Andrea Ciresola, restauratore di beni culturali, artista, scrittore e blogger e Carola Annoni di Gussola esperta e consulente d’arte della Fondazione Villoresi Poggi. La postfazione del catalogo “Manlio e Mimmo, convergenze parallele” è firmata da Giovanna Calvenzi, giornalista e photo editor. Organizzatrice della mostra è la Fondazione Villoresi Poggi con il supporto di Musei in Comune di Roma, Museo di Roma e Art D2 modern and contemporary art.
Manlio Villoresi (1891-1976), dopo l’apprendistato a Città di Castello (PG) nello studio di fotografo del padre, si trasferisce a Roma dove apre il suo studio e si fa presto conoscere, diventando il fotografo prescelto dagli artisti e dai protagonisti della buona società romana. Tra gli anni 1920 e 1940, nel suo studio (prima in piazza Barberini 12, poi in via Vittorio Veneto 96) sono transitate personalità della cultura, attori cinematografici, musicisti e cantanti lirici, ma anche esponenti dell"aristocrazia, protagonisti dello sport e della politica. Nel 1925 Manlio fu nominato da Vittorio Emanuele III Cavaliere Ufficiale dell"Ordine della Corona d"Italia e dieci anni dopo Commendatore. Alla sua morte lascia una collezione di 1570 lastre di vetro alla gelatina bromuro d"argento, formato 13x18, all"Archivio fotografico del Museo di Roma.
Mimmo (Domenico) Dabbrescia, pugliese di Barletta, dove è nato nel 1938, milanese di adozione, inizia la sua carriera con Fedele Toscani (padre di Oliviero Toscani) e vanta il primato di essere stato il più giovane fotogiornalista assunto al Corriere della Sera, lì chiamato da Dino Buzzati e da Alfredo Pigna. Ha lavorato anche per la Domenica del Corriere e per la nascente Amica, per poi aprire una sua agenzia fotografica. Ha girato il mondo realizzando reportages dagli Stati Uniti all"Urss al Canada. Negli anni Sessanta e Settanta ritrae i Beatles, Joe Cocker, Clint Eastwood, Liz Taylor e Richard Burton, ma anche Eugenio Montale e Dino Buzzati. Ha pubblicato diversi libri fotografici con personaggi del calibro di Dalì, Guttuso, De Chirico, Baj, Music, Hartung, Migneco, Dova, Sassu e Salvatore Fiume. A metà degli anni Settanta fonda con Bruna Coradini la casa editrice Edizioni Brixia e la rivista Prospettive d’arte, specializzata in arte, cultura e fotografia, che dirigerà per quasi venti anni.
Sono tanti i personaggi ritratti nelle 80 opere scelte e ora esposte al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia. Tra questi, per quanto riguarda Mimmo Dabbrescia, ci sono Fabrizio De André, Mina, Francis Bacon, Eugenio Montale, Clint Eastwood, Salvador Dalì, Lucio Dalla, Giorgio de Chirico, Dino Buzzati, César (César Baldaccini), Valentino, Carlos Santana. Manlio Villoresi firma invece, fra gli altri, i ritratti di Anna Magnani, Vittorio Gassman, Aldo Di Lazzaro, Maria Mercader, Massimo Girotti, Isa Barsizza, Eleonora Duse, Franca Faldini, Domenico Modugno, Dina Sassoli, Gigi Villoresi.
“È la decisione di rubare gli sguardi, la figura, l"intimità che determina la vertigine di certe immagini dei fotografi. Qui l"intermediazione non esiste perché non esiste interlocutore, il corpo del soggetto, anche quando è solido, composto, precisato, sembra esprimere un non detto molto chiaro e cerca anche di descriverlo a parole. L"unico modo sembra far ricorso a degli ossimori”, commenta Andrea Ciresola.
“Questa mostra racconta anche l’evoluzione della fotografia nell’arco di due terzi di secolo: dal rigore e dall’arte dell’atelier fotografico di Manlio Villoresi, dove il ritratto diventa icona aurea, fino alla dimensione più dinamica e libera di Mimmo Dabbrescia, che porta l’obiettivo nelle strade del mondo, trasformando i volti in espressioni di glamour e di contemporaneità. Due visioni apparentemente lontane, che in realtà dialogano fra loro come momenti complementari di una stessa storia: quella di un linguaggio in continua trasformazione, capace di riflettere lo spirito del tempo e di lasciarci una memoria viva, ma anche sul modo in cui scegliamo di guardare la realtà”, sottolinea Carola Annoni di Gussola.
“Nella sequenza ritmata dagli sguardi nasce un racconto di volti intensi che i due autori certamente non hanno previsto: Villoresi sembra preferire lo sguardo !dentro”, che suggerisce una relazione intensa fra fotografo e fotografato; Dabbrescia preferisce che il suo soggetto guardi !fuori” in modo da poterlo raccontare quasi a sua insaputa, mentre osserva l’ambiente che lo circonda”. spiega Giovanna Calvenzi nella sua postfazione.
“Un’occasione unica per raccontare l’evoluzione della fotografia, dagli scatti in studio di un grande fotografo della mondanità romana come Manlio Villoresi, alla fotografia con mezzi più moderni e dinamici. Ciò mi ha permesso di viaggiare e di fotografare personaggi della vita politica e dell’attualità dell’epoca oltre che artisti e cantanti, soprattutto questi ultimi potendoli ritrarre nelle loro abitazioni, studi e all’aperto, durante i loro viaggi e tournée in giro per il mondo. Come Manlio con il suo studio e salotto annesso come luogo d’incontro e feste per i suoi clienti e amici, cosi io con la mia macchina fotografica ho raccontato nei miei servizi gli aspetti più personali e umani dei personaggi incontranti nei miei 50 anni di carriera fotografica”, evidenzia Mimmo Dabbrescia.
“La Fondazione Villoresi Poggi – promotrice della mostra - è impegnata nel preservare e tramandare la memoria degli antenati dei fondatori Giuseppe Villoresi e Piergiovanni Poggi che hanno contribuito al progresso sportivo, scientifico e culturale del nostro Paese. Tra questi, Manlio Villoresi rappresenta un protagonista silenzioso ma incisivo della cultura e dell’arte italiana. La sua eleganza, discreta e mai ostentata, era una forma di rispetto: verso sé stesso, verso gli altri e verso il tempo. In un’epoca che spesso privilegia il rumore e l’apparenza, il suo esempio dimostra come la vera forza risieda nella misura, nella sobrietà e nella capacità di lasciare tracce profonde senza bisogno di clamore. In questa prospettiva si colloca anche il lavoro di ricerca e di narrazione che sto portando avanti con un romanzo storico a lui dedicato, attualmente in fase di ultimazione, per offrire uno sguardo più ampio sulla sua figura e sulla sua eredità”, racconta Valerio Villoresi.
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