Francesco Jodice. Hikikomori

© Francesco Jodice | Francesco Jodice, Tokyo Shibuya, 1999. Galleria civica di Modena, Raccolta della Fotografia

 

Dal 13 Febbraio 2016 al 21 Febbraio 2016

Modena

Luogo: Galleria Civica - Palazzo Santa Margherita

Indirizzo: corso Canalgrande 103

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 059 2032911/2940

E-Mail info: galcivmo@comune.modena.it

Sito ufficiale: http://www.comune.modena.it



Dal 13 al 21 febbraio 2016, la Galleria civica di Modena presenta Hikikomori, il progetto di Francesco Jodice, costituito da un film e da una serie di fotografie.
La mostra si tiene in occasione della messa in scena dello spettacolo “Hikikomori. Metamorfosi di una generazione, in silenzio” di Holger Schober, ospitato nella sala grande di Palazzo Santa Margherita dal 12 al 19 febbraio in collaborazione con ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione.   Sabato 13 febbraio alle 18 durante l'inaugurazione dell’esposizione, l'artista presenterà il film e incontrerà il pubblico, insieme all'antropologa e sociologa Vincenza Pellegrino dell'Università degli Studi di Parma, per un approfondimento sul tema.   Il film, girato a Tokyo nel novembre del 2004, esplora alcuni sintomi del disagio e della mancanza di comunicazione che colpiscono frequentemente i giovani giapponesi, assumendo diverse forme: dall'appartenenza a gruppi chiusi (skaters, harajuku-kids), alla scelta di una vita passiva e priva di azione (Otaku; Hikikomori) fino all'annullamento (come nel caso del “suicide pact”). 
Il termine Hikikomori definisce una condizione sociale che consiste in una reclusione volontaria e in un totale isolamento sociale. Gli Hikikomori sono generalmente adolescenti e giovani-adulti, soprattutto maschi, spesso istruiti, che scelgono di non uscire più dalla propria casa o addirittura dalla propria stanza per mesi o talvolta anni, rifugiandosi negli elementi della propria infanzia, nel gioco virtuale, nei manga, in Internet. Gli Hikikomori si caratterizzano per un forte stato di depressione, per una vita vissuta di notte, per il rifiuto di ogni responsabilità esterna (scuola, lavoro, famiglia) e attività sociale. Anche la sessualità viene molto spesso vissuta virtualmente.   «Quando nel 2004 realizzai Hikikomori - ricorda Francesco Jodice - il fenomeno costituiva per me una forma di disfunzionalità sociale molto importante; in modo forse incosciente gli Hikikomori, gli Otaku, le harajuku girls e i suicide pact erano forme silenziose di ribellione, distinte ma coeve e coerenti con i Seattle movements o i giovani delle banlieues. Gli Hikikomori costituivano per me una forma di "inconsapevole e nuovo eremitismo collettivo" per una generazione di giapponesi che rifiutavano la gerarchia sociale del paese; era come se un milione di ragazzi avesse detto alla nazione: “Sono queste le regole del gioco? bene, noi non giochiamo più”».   Oltre al film, vengono esposte anche alcune fotografie realizzate da Francesco Jodice durante diversi soggiorni in Giappone, come parte di un'ampia ricerca a carattere sociale e antropologico (un progetto tuttora in corso dal significativo titolo “What we want”), e in particolare sul contesto metropolitano da cui hanno origine Hikikomori e altri fenomeni analoghi.   Con questa mostra, la Galleria civica, che già conserva in collezione l'opera “Tokyo Shibuya, 1999”, acquisisce per la Raccolta della fotografia, l'intero portfolio di Hikikomori, costituito da 8 immagini. Francesco Jodice è nato a Napoli nel 1967. Vive a Milano. La sua ricerca artistica indaga i mutamenti del paesaggio sociale contemporaneo con particolare attenzione ai nuovi fenomeni di antropologia urbana. I suoi progetti mirano alla costruzione di un terreno comune tra arte e geopolitiche proponendo la pratica dell’arte come poetica civile.
È docente di Fotografia presso il master di Cinema & New Media della NABA di Milano e presso il master in Photography and Visual design di Forma, tiene un corso di antropologia urbana visuale presso il Biennio di Arti Visive e Studi Curatoriali della NABA. E’ stato tra i fondatori dei collettivi Multiplicity e Zapruder.
Ha partecipato alla Documenta, la Biennale di Venezia, la Biennale di Sao Paulo, alla Triennale dell’ICP di New York e ha esposto alla Tate Modern, al Castello di Rivoli e al Prado. Tra i progetti principali l’atlante fotografico What We Want, l’archivio di pedinamenti urbani Secret Traces e la trilogia di film sulle nuove forme di urbanesimo Citytellers.  
Orari:
 sabato 13 e 20 febbraio, domenica 14 e 21 febbraio, dalle 10.30 alle 19; mercoledì 17 e giovedì 18 febbraio, dalle 15 alle 18. Lunedì, martedì e venerdì chiuso

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