Nino Caffè. Tra naturalismo e satira

Nino Caffè. Tra naturalismo e satira, Musei Civici di Palazzo Mosca, Pesaro

 

Dal 7 August 2025 al 9 November 2025

Pesaro | Pesaro e Urbino

Luogo: Musei Civici di Palazzo Mosca

Indirizzo: Piazzetta Mosca

Orari: fino al 30 settembre: lunedì 10-13; martedì - domenica e festivi 10-13 / 14-19

Curatori: Mariastella Margozzi

Enti promotori:

  • Comune di Pesaro

Costo del biglietto: ingresso con card Pesaro Musei e con biglietto singolo; gratuito fino a 18 anni, studenti del Conservatorio Rossini e possessori Carta Famiglia del Comune di Pesaro

Telefono per informazioni: +39 0721 387541

E-Mail info: info@pesaromusei.it

Sito ufficiale: http://pesaromusei.it


Abruzzese di nascita ma pesarese di adozione, Nino Caffè (Civitella Alfedena 1908 - Pesaro 1975) è noto come il pittore ‘dei pretini’ per la vasta produzione dedicata a quella porzione di umanità ecclesiastica guardata con spirito satirico e umoristico. A cinquant’anni dalla morte, Pesaro lo celebra con ‘Nino Caffè. Tra naturalismo e satira’, la mostra a cura di Mariastella Margozzi con cui viene inaugurata la nuova ala recuperata dei Musei Civici di Palazzo Mosca: l’appuntamento è per giovedì 7 agosto dalle 19 alle 21.
 
L’intento è di recuperare la gran parte delle opere disperse tra i collezionisti, anche stranieri, e mostrare l’indiscutibile appartenenza di Caffè alla migliore pittura italiana del XX secolo, riscattandolo così dal ruolo di pittore “caricaturista” che gli è stato attribuito. Con 65 dipinti - sintesi della sua attività dagli anni ’30 ai ’70 - provenienti da ben 19 prestatori privati, il progetto espositivo rappresenta una prima rilettura critica della sua figura poliedrica e si offre come opportunità di indagare e far conoscere il posto che ha occupato nella cultura artistica italiana legata alla pittura di tradizione ma arricchita di nuovi temi spiritosi e dissacratori.

L’esposizione è promossa dal Comune di Pesaro e organizzata da Fondazione Pescheria - Centro Arti Visive in collaborazione con Pesaro Musei; con il contributo della Regione Marche; con il sostegno di: Associazione Nino Caffè, Associazione Italiana Archivi d’Artista, Fondazione Spadolini Nuova Antologia.
 
Quello dei pretini è il tema ricorrente di Caffè fin dalla metà degli anni ’40, insieme a quelli più tradizionali come la natura morta, il ritratto e il paesaggio con cui partecipa a numerose esposizioni tra Biennali di Venezia, Quadriennali di Roma e Regionali sindacali a partire dal 1931, ricevendo anche dei premi. Dipingere il clero diviene la sua sigla quasi esclusiva dal 1950, quando incontra il favore della galleria romana L’Obelisco di Irene Brin e Gaspero del Corso che decidono di lanciarlo sul mercato europeo e americano e che proprio con una sua personale aprono la loro sede di New York. In questa occasione anche il Metropolitan Museum acquista una sua opera. Attraverso un’inedita lettura di tipologie ecclesiastiche di vari livelli che diventano vere e proprie caricature del clero e della Chiesa, Caffè inventa un tòpos e dà libero sfogo a un immaginario sempre più ricco e divertente: chierichetti, diaconi, preti, vescovi, cardinali in atteggiamenti non convenzionali, immersi in un mondo tutto loro fatto di sogni, aspirazioni, abitudini, sollazzi, ma anche paure e sensi di colpa. La prima intuizione sul tema arriva a Caffè dalle schiere di prelati che vede passare sotto la sua casa di Urbino nel soggiorno in quella città tra il 1943 e il 1944, ospite prima del soprintendente Pasquale Rotondi e poi della famiglia Benedetti. Dapprima i “pretini” popolano i paesaggi cittadini e della campagna urbinate e pesarese, poi diventano soggetto preminente dei suoi quadri. Quando si trasferisce a Roma - in pieno Giubileo del 1950 - numerose saranno le richieste di sue opere sull’argomento da parte del collezionismo internazionale. Tuttavia, la sua onesta formazione di pittore, continuata a contatto con ambienti certamente all’avanguardia come quello fiorentino e romano, non gli fa dimenticare il mestiere del pittore figurativo, il passaggio inevitabile attraverso il disegno e il progetto, la meditazione sulle composizioni sceniche nelle sue opere corali. E mentre i paesaggi mostrano l’esercizio della pittura en plen air, i ritratti - che spesso gli venivano richiesti e che altrettanto spesso concedeva agli amici e ai familiari - e le nature morte si concentrano su una ricerca psicologica di volti e insiemi di oggetti, in sintonia con una visione ravvicinata dei soggetti, i ‘pretini’ diventano un vero e proprio genere a parte con un universo ricco di iconografie.
 
Così Aldo Palazzeschi scrive di Caffè nel 1950: […] Prendendo a soggetto i giovani seminaristi della vita comune, in refettorio seduti a mensa, in un’ora di ricreazione nel cortile del seminario o sulla spiaggia del mare, candidamente addormentati sognanti la mitria e la porpora, l’artista ha saputo trarre dal nero, il simbolo delle cose austere e dolorose, la gioia pura e semplice. Un problema pittorico felicemente risolto che costituisce la sua conquista e per noi la novità: la poesia. Nino Caffè è colto, ma nel calore della sua arte l’istinto prevale; fatto tesoro della classicità toscana vi aggiunge una nativa sensualità nel colore per cui, se dovessimo conferire a questo Marchigiano una patria ideale, è verso il leone alato che ci dovremmo rivolgere. Non sfuggirà all’osservatore, profano o competente, il movimento e il senso architettonico raffinatissimo dei suoi quadri.
 
Nato a Civitella Alfedena nel 1908, Nino Caffè studia prima a L'Aquila poi dal 1923 ad Ancona, dove la famiglia si trasferisce. Ludovico Spagnolini gli impartisce le prime lezioni di pittura. Nel 1930 la famiglia si sposta a Pesaro, dove Nino si inserisce subito nella vivace vita culturale della città e dove conosce e frequenta molti degli artisti locali: Bruno Baratti, Werter Bettini, Ciro Cancelli, Alessandro Gallucci, Aldo Pagliacci, Achille Wildi. Nel 1931 inizia ad esporre e nel 1938 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Durante la guerra è ospite della famiglia Benedetti a Urbino: dalla loro casa davanti al Duomo ritrae i primi pretini. Nel 1942 la galleria milanese di Ettore Gianferrari gli dedica una prima esposizione. Nel 1948 ha la prima mostra a Pesaro nella casa natale di Rossini. Dopo le mostre di Milano e Pesaro, inizia per Caffè un periodo di successo, legato anche allo sviluppo del tema dei cosiddetti ‘pretini’ e delle rappresentazioni in chiave satirica di personaggi della Curia romana e in genere dell’universo chiesastico. Schiere di chierichetti e prelati, infatti, erano quelle che Caffè che vedeva passare sotto la casa di Urbino dove abita negli anni della guerra. Con questa tipologia artistica, Caffè si affaccia al Giubileo del 1950, prende uno studio a Roma e acquista l’attenzione dei pellegrini che a Roma cercano anche qualche particolarità pittorica. Qui si occupa di lui la galleria L’Obelisco di Gaspero del Corso e Irene Brin. Gli anni ‘50 sono per Caffè densi di commissioni, soprattutto americane, tanto che molti dei suoi dipinti migliori si trovano tuttora presso collezioni private statunitensi. La sua fama come ‘pittore di pretini’ diventa internazionale. Nel 1963 chiude il suo studio romano e decide di fare ritorno a Pesaro, pur continuando a collaborare con L'Obelisco. È invitato ad esporre anche in altre gallerie, a Milano, Verona, Palermo, Genova, La Spezia. Muore a Pesaro nel 1975 a soli 66 anni.
 

SCARICA IL COMUNICATO IN PDF
COMMENTI