Renzo Biasion Pittore. Interni-esterni

Renzo Biasion, Facciata bolognese

 

Dal 07 Ottobre 2015 al 25 Ottobre 2015

Piacenza

Luogo: Associazione culturale ‘Amici dell’Arte’

Indirizzo: via San Siro 13

Orari: dal mercoledì alla domenica ore 16-19

Curatori: Giulio Biasion, Associazione Amici dell’Arte

Enti promotori:

  • Comune di Piacenza
  • Provincia di Piacenza

Telefono per informazioni: +39 0523.335253

E-Mail info: info@amicidellartepc.it

Sito ufficiale: http://www.amicidellartepc.it


L’Associazione culturale ‘Amici dell’Arte’ di Piacenza (Pc) dedica una mostra antologica a RENZO BIASION, pittore, scrittore e giornalista che si terrà presso l’Associazione Amici dell’arte, a chiusura degli eventi per il centenario della nascita dell’artista veneto curati da Giulio Biasion. La retrospettiva presenta una quarantina di dipinti a olio realizzati dall’artista dagli anni Quaranta agli anni Ottanta: interni, notti, periferie e paesaggi. Il testo introduttivo al catalogo è di Vittorio Sgarbi che ha scritto per l’occasione un corposo pezzo critico sul pittore veneto – del quale riportiamo uno stralcio – abbinato alla monografia a cura di Valeria Tassinari.
“Del Biasion pittore, comunque, mi si chiede – scrive Sgarbi - come se lo scrittore appartenesse, con coerenza rispetto a quanto appena detto, a un mondo attiguo, ma solo parallelo. Ebbene, del pittore subito dico: un talento lampante, indubitabile, fra i più brillanti, in Italia, della sua generazione, che pure, come é noto, non fu per nulla avara di capaci. Fin dai suoi esordi, da trevigiano di nascita e veneziano in pectore, Biasion si trova al seguito di Juti Ravenna che lo introduce al culto del francesismo post-impressionista, contraltare del latinismo, politicamente più corretto, di Novecento e Valori Plastici, guardando, quindi, al guaguinismo di Gino Rossi, che a Treviso, terra dell'amico Arturo Martini, sarebbe finito in manicomio, ai chiarismi vagamente utrilleschi di Pio Semeghini, soprattutto all'autobiografismo matissianeggiante, ma non certo dimentico del pittoricismo del Settecento veneto, di Filippo de Pisis, vero nume tutelare degli italici parisards, con Cézanne che viene concepito come un inevitabile punto di approdo, più per obbligo di reverenza che per convinzione, ma che al momento rimane ancora un oggetto lontano, tutto da esplorare.
Poteva essere un “internista”, uno specializzato nel soggetto caro ai Fauves e ai Nabis, e invece alterna liberamente il chiuso all'aperto, - prosegue Vittorio Sgarbi - con la serie delle case di periferia, fra Torino, Milano e Bologna, che avrebbero potuto farlo capofila realista, ma che Biasion tratta invece come problemi puramente pittorici, da nature morte, come é stato correttamente detto, in una serratissima dialettica fra linea, colore e materia, emendandole da qualsiasi sentore di fattore umano. Poteva essere tutto, e in parte lo é stato, ma Biasion si preoccupava di essere soprattutto sé stesso, cercandosi lungo sentieri che disdegnano la ripetitività più pigra, meno che mai quella commercialmente più interessata; così, gli interni si depurano progressivamente degli antichi retaggi matissiani, ancora avvertibili nella bellissima serie di “Sedie, Poltrone e Divani”, nutrita di sapori bolognesi alla Corsi o financo alla Protti, per arricchirsi di una nuova ricercatezza grafica, non necessariamente naturalistica, anzi, quasi presaga dei successivi stilismi pop di uno Gnoli o di un Pozzati, che fa da preambolo alla scoperta, con la serie delle “finestre nere”, di una dimensione metafisica che fino a quel momento pareva ignota, nascosta sotto il fuoco silenzioso di un vitalismo sottile, eppure sempre inestinto, per quanto intimo e raccolto attorno al fascino segreto dell'apparentemente ordinario, aprendosi alla ricerca di un senso “altro”, inizialmente impenetrabile, oltre il limite di ciò con cui conviviamo.
Una svolta decisiva, avremmo potuto dire per altri artisti... Ma per Biasion, si mentirebbe: é solo uno degli sbocchi possibili, un indirizzo piuttosto che un altro, senza nessuna pretesa di essere più definitivo di quanto non fossero stati gli altri già battuti. Non é incertezza o insoddisfazione, tutt'altro. E' lucida consapevolezza di ciò che l'arte può fare, quando si raggiunge il totale controllo dei propri mezzi”.
Valeria Tassinari - curatrice scientifica del Museo Magi’900 di Pieve di Cento - sottolinea alcuni aspetti di questo artista: “Il silenzio, il mistero sospeso delle figure, l’armonia segreta della composizione. La luce, capace di indagare i luoghi, la mente, che filtra la visione, la disciplina rigorosa della contemplazione, a lungo esercitata per controllare il sentimento. E, a delineare il tutto, il segno che, meglio del colore, trascrive la vita distillandone le forme: in quattro righe, c’è il racconto di una lunga storia d’artista, che merita di essere ricordata. ./. ...Il vero, per Biasion, è stato una fonte di ispirazione irrinunciabile, - prosegue la Tassinari - un universo di figure di fronte al quale le seduzioni dell’astrazione – cui pure, come molti suoi coetanei, si è per un breve tempo rivolto – hanno perso quasi subito di interesse. Quando dipingere l’astratto appare troppo facile e ripetitivo, così come pareva a lui, significa che le corde profonde dell’io suonano solo con un altro vento e che, non comprendendo o non volendo assecondare il senso dell’arte aniconica, è più appagante cercare visioni fragranti di strada e di casa, di fiori in vaso o di incarnati pallidi, di mare agitato o di periferia sonnolenta. Di quegli umori, che si fanno colore, atmosfera, respiro, polvere o distanza, Biasion amava raccontare le storie quasi senza eventi, racconti trattenuti sotto l’apparenza del mondo. Narratore di talento, con le parole, lo era stato fin da giovane, e il romanzo Sagapò ne è prova, ma prima e dopo era stato soprattutto pittore, per formazione e vocazione, e dentro la pittura anche incisore, traslando nel segno inciso la sua grande attitudine per il disegno, l’altro strumento del narrare”.
Renzo Biasion, nato a Treviso nel 1914 da famiglia veneziana, è scomparso a Firenze nel 1996. Pittore, incisore, scrittore e giornalista, ha vissuto e lavorato a Treviso, quindi nel dopoguerra a Torino, Bologna e Firenze.
Come critico d’arte ha collaborato con le pagine culturali di diversi quotidiani tra i quali la Gazzetta del Popolo ed Il Resto del Carlino e periodici ed è stato per trentaquattro anni titolare della rubrica d'arte del settimanale "Oggi" (nella rubrica ‘Il Sofà delle Muse’ che poi passò proprio a Sgarbi).
Ha esposto come invitato alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e nelle principali rassegne di pittura e di grafica nazionali ed internazionali ed ha insegnato Figura al Liceo Artistico di Firenze. Numerosissime le sue mostre personali, in Italia e all'estero. È stato accademico delle Arti del disegno, ha conseguito numerosi premi ed onorificenze, fra le quali la Medaglia d'oro del Presidente della Repubblica come benemerito delle Arti, della Cultura e della Scuola.
Sue opere figurano in diverse gallerie italiane e straniere: Bologna, Firenze, Torino, Verona, Udine, Venezia (Ca' Pesaro e Fondazione Cini), Lucca, Magi’900 Pieve di Cento, Imola, Treviso, Rovigo, Rodi, Rovigno, Benevento, Pisa, San Pietroburgo (Ermitage), Lima. Un suo ricco 'corpus' di incisioni è stato acquisito dal Gabinetto delle Stampe degli Uffizi di Firenze, mentre i disegni di guerra sono stati raccolti dalla Fondazione Giorgio Cini a San Giorgio (Venezia).
Fra le sue opere di narrativa, ricordiamo in particolare Tempi bruciati (Milano, 1948) e Sagapò (Torino, 1954), scelto quest'ultimo da Elio Vittorini per la sua celebre collana 'I gettoni', tradotto in varie lingue e più volte ristampato (ultima ed. Einaudi, 2014) e a cui si è ispirato il regista Gabriele Salvatores lo sceneggiatore Sergio Monteleone per il film Mediterraneo, vincitore di un premio Oscar.
La mostra è aperta dal 7 al 25 Ottobre 2015 con il seguente orario: dal mercoledì alla domenica ore 16-19. Visite guidate con critici 17 il ed 24.10 il pomeriggio. 

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