Amin Gulgee. 7.7

Amin Gulgee. 7.7

 

Dal 25 Luglio 2018 al 26 Agosto 2018

Roma

Luogo: Mattatoio

Indirizzo: piazza Orazio Giustiniani 4

Orari: dal martedì alla domenica dalle 14 alle 20. L'ingresso è consentito fino a 30 minuti prima della chiusura. Chiuso il Lunedì

Curatori: Paolo De Grandis, Claudio Crescentini

Enti promotori:

  • Roma Capitale – Assessorato alla Crescita Culturale
  • Azienda Speciale Palaexpo



L’artista pachistano di fama internazionale Amin Gulgee presenta al Mattatoio la mostra “7.7” curata da Paolo De Grandis e Claudio Crescentini e co-curata da Carlotta Scarpa.

Promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita Culturale e Azienda Speciale Palaexpo, l’esposizione è organizzata in collaborazione con PDG Arte Communications l’Ambasciata della Repubblica del Pakistan in Italia.
Amin Gulgee è un innovatore della tradizione, il suo medium è il metallo e trae ispirazione dalla ricca e variegata storia artistica e spirituale del suo paese nativo, il Pakistan.

Il suo percorso espressivo, legato alla mitologia indù, alle figure di pensiero buddiste e alla calligrafia islamica, si è sviluppato negli anni attraverso la scultura e le installazioni. Il rame, quale materia eletta, si offre all’artista come mezzo di espressione volto alla sintesi calligrafica e a nuovi esprimenti segnici come in occasione di “7.7” dove gli spazi de La Pelanda ospitano due grandi installazioni che si sviluppano per contrasto attraverso il pieno ed il vuoto, la luce e l’ombra fino alla sintesi di una video installazione. Il rame, il carbone e la proiezione di un algoritmo diventano così la testimonianza di un percorso simbolico di cambiamento, riflessione personale e universale insieme, un cammino scandito nel recupero della tradizione verso il futuro.

Il versetto del Corano in cui apprendiamo che Dio “ha insegnato all’uomo quello che non sapeva” (Corano, 96: 5) è il leit motiv della ricerca espressiva di Amin Gulgee; ricorre da principio leggibile e poi progressivamente destrutturato ed infine frammentato e frazionato.
Questo testo calligrafico appare e ritorna ormai da tempo come preoccupazione persistente, quasi ossessiva, nelle opere dell’artista, manifestandosi in varie composizioni scultoree talvolta sotto forma di costruzioni geometriche, segni che si nutrono idealmente della geometria dei frattali. Il frammento è immagine del tutto. Con la sua intuizione artistica Amin Gulgee dimostra quale profondo legame esista tra matematica, arte, spirito e natura ed il filo conduttore, ancora una volta, è la bellezza.

In bilico tra bellezza “apollinea” e “dionisiaca”, le lettere decomposte e rese libere dalla semantica assumono un’accezione simbolica che in quanto tale ha da un lato carattere d'immediatezza estetico-sensibile e dall’altro si muove verso un rapporto con l’altro che rifiuta il dominio e il possesso, offrendo così la possibilità di instaurare un concreto dialogo spirituale con il mondo. Alla recherche del significato più intimo, il visitatore potrà quindi dipanare il filo del gomitolo in questo labirintico percorso.

In definitiva tutta l’opera di Amin Gulgee è sempre e comunque ritmica. I segni in continuo divenire e le lettere estroflesse sono vera musica visibile e l'architettura d’insieme trova così una forma nuova. Forma in perpetuo divenire, segno da decodificare in una sorta di atemporalità a cui fa da contrappunto lo spazio che sollecita alla riflessione e diventa esso stesso strumento cognitivo, tavolo dove misurare passato e presente.

Inaugurazione con performance: Mercoledì 25 luglio alle ore 18.30
Nel corso dell’inaugurazione sarà presentata Love Letters una performance interattiva ed un atto performativo personale con la partecipazione di Ana Rusiniuc.
 
Amin Gulgee, artista e performer di fama internazionale, è nato nel 1969 in Pakistan ed è figlio del famosissimo artista pakistano Ismail Gulgee. Laureato in “Storia dell’Arte ed Economia” presso la Yale University (U.S.A.), inizia la sua carriera artistica realizzando ed esponendo le sue opere, oltre che in Pakistan, negli Stati Uniti, in Europa e nel Medio Oriente. Per quanto riguarda l’Italia non ha mai esposto a Roma, ha partecipato, nel 1998 e nel 2017, a “OPEN – 20. Esposizione Internazionale di Sculture e Installazioni”, collegato alla “Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia” e rappresenterà il Pakistan alla prossima “Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia”. Leggendarie le sue performances, un campo artistico emergente in Pakistan, realizzate anche in molti musei europei e del nord-America (Karachi, Lahore, Dubai, Nagoya, New York, Philadelphia, Dresda, ecc.), di cui l’ultima presso la Royal Albert Hall di Londra (2017). In queste performance, basate principalmente sulla parola, il segno e la fonetica, vengono spesso coinvolti altri artisti oltre che oltre il pubblico, in un contrasto artistico e creativo, fra Oriente e Occidente. Del resto Amin Gulgee è un innovatore della tradizione. Il suo medium principale è il metallo e trae ispirazione dalla ricca e variegata storia laica e spirituale del suo paese nativo, il Pakistan, con temi desunti, in particolare, dalla mitologia indù, dalle civiltà buddiste e dalla calligrafia islamica. Diverse componenti che nel suo lavoro s’influenzano e si alimentano a vicenda perché tutti cercano di rappresentare la spiritualità dell'uomo. Il principale critico d'arte del Washington Times, Joanna Shaw-Eagle ha scritto nella sua recensione della sua mostra personale al FMI nel 1999: "Amin Gulgee è un artista da guardare sia per l'originalità delle sue idee sia per la qualità sensuale e affascinante del suo lavoro." Nel 1987 Amin Gulgee ha vinto il “Conger B. Goodyear Fine Arts Award” con la sua tesi-opera sui giardini Moghul. Nel 2005 ha ricevuto il prestigioso “President’s Pride of Performance”, che viene conferito solo ad esponenti che hanno raggiunto una statura iconica nel loro campo di eccellenza, dal Presidente del Pakistan. È stato incaricato dal governo pakistano di creare numerose sculture pubbliche, tra cui: Messaggio, per la Presidenza di Islamabad; Minar per l'aeroporto internazionale Quaid-e-Azam di Karachi; Forgotten Text, di 40 mt di altezza, per una rotonda importante a Karachi. Ha partecipato a numerose collettive internazionali, fra le quali: “Pakistan: Another Vision,” Brunei Gallery, Londra, UK (2000); Beijing Biennial (2003); “Beyond Borders,” National Gallery of Modern Art, Mumbai, India (2005); “Paradise Lost,” WAH Center, Brooklyn, NY, USA (2008); “Rites of Passage,” Ostrale, Dresden, Germany (2010) e “New Pathways: Contemporary Art from Pakistan,” UN Headquarters, New York, NY, USA (2016). Ha inoltre realizzato oltre trenta mostre personali in Pakistan, Malesia, Singapore, UAE, India, UK, Portogallo e US, fra le quali si ricordano le recentissime: “Walking on the Moon”, Wei-Ling Contemporary, Kuala Lumpur, Malesya (2015); “Washed Upon the Shore”, Canvas Gallery, Karachi, Pakistan (2015). Nel 2017, sulla scia dei grandi artisti/curatori internazionali ha ideato, progettato e curato la “I Biennale Karachi 17”.
 

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