La Collezione Chiara e Francesco Carraro. Uno sguardo sul Novecento - Nuovo allestimento

Vittorio Zecchin, Salir 1935 III

 

Dal 09 Maggio 2017 al 31 Dicembre 2018

Venezia

Luogo: Ca’ Pesaro - Galleria Internazionale d’Arte Moderna

Indirizzo: Santa Croce 2076

Costo del biglietto: intero € 14, ridotto € 11.50

Telefono per informazioni: +39 04142730892

E-Mail info: info@fmcvenezia.it

Sito ufficiale: http://www.capesaro.visitmuve.it



La Galleria Internazionale d’Arte Moderna celebra, in occasione della 57° Biennale Arti Visive, l’importante arrivo in comodato a lungo termine della collezione di Chiara e Francesco Carraro. Dal 9 maggio 2017 il percorso della collezione permanente del Museo sarà arricchito dal dialogo con gli ottantadue capolavori che la Fondazione Carraro ha destinato a Ca’ Pesaro.

Venezia è sempre stata all’origine del sentimento che ha animato Chiara e Francesco Carraro durante la loro vita insieme e ha rappresentato, al contempo, una potente fonte di ispirazione per il collezionismo che li ha accompagnati in un percorso di oltre trent’anni. La Galleria Internazionale d’Arte Moderna è il luogo eletto, che loro hanno scelto per condividere una grande passione e dare al pubblico la possibilità di fare un viaggio, unico e affascinante, attraverso i capolavori di de Chirico, Morandi, Donghi, De Dominicis, Severini, Martini, Wildt, Tofanari, Quarti e Bugatti, e ancora Zecchin, Bellotto, Barovier, Stella, Martinuzzi, Bianconi, Seguso, Scarpa.

Lo sguardo sul ‘900 è quello dei collezionisti Chiara e Francesco Carraro, che negli anni hanno saputo riconoscere, rincorrere e alla fine trovare i maestri e le opere che potessero completare la loro personalissima visione dell’arte. Lo sguardo è anche quello dei visitatori di Ca’ Pesaro, che dal 9 maggio potranno cogliere, in una visione d’insieme, al contempo coerente e intensa, oltre mezzo secolo di produzione artistica, dalle arti decorative alla scultura, dalla pittura all’arte vetraria, secondo una prospettiva unica, che è quella del collezionista, ma anche privilegiata, perché ogni pezzo racconta una storia a sé e rappresenta un momento straordinario nel percorso artistico del ‘900.

Le due sale dedicate alla collezione aprono con le suggestioni delle arti decorative d’inizio secolo e le rare creazioni di arredamento realizzate dal poliedrico ebanista Carlo Bugatti. «Il tavolo tondo in legno rivestito in pergamena dipinta con libellule e racemi di colore rosso e oro e rame sbalzato è posto al centro della Sala di conversazione che Carlo Bugatti espone a Torino alla Prima esposizione internazionale di arte decorativa moderna nel 1902. Sedie e divani formano un complesso gioco di curve e di ellissi che rappresentano una forma originale di Art nouveau, ma il dinamico moto roteante dell’insieme si può considerare una premonizione del futurismo. L’ambiente detto anche Sala della chiocciola fa parte delle ultime straordinarie prove di Bugatti mobiliere» (M. P. Maino). Al tavolo Bugatti è affiancato l’articolato salotto di un altro grande ebanista, Eugenio Quarti, su modello di quello esposto alla Prima Mostra Universale tenuta a Parigi nel 1900 e alla Prima esposizione internazionale di arte decorativa moderna di Torino nel 1902. «Il salotto composto di tre mobili, un tavolo, due poltrone, un divano e due sedie rappresenta l’eccel- lenza dello stile Liberty Italiano e l’estrema raffinatezza ideativa e esecutiva del suo autore. I mobili sono ricchi di intarsi metallici e madreperlacei, di inserti floreali in bronzo su legni pregiati come il cedro, il tek, l’acero e l’acacia a volte tinti, (tracce di colore verde si trovano in una delle consolle)» (M. P. Maino). 

I capolavori del Liberty italiano sono circondati dai pezzi più strepitosi di arte vetraria collezionati da Chiara e Francesco nel corso degli anni. Una “collezione nella collezione” che fa della raccolta Carraro un unicum non solo in Europa ma a livello internazionale.

Campione di questa prima sezione è sicuramente il veneziano Vittorio Zecchin, che costituisce il trait d’union non solo tra le diverse arti, pittura, scultura, vetro e decorazione, ma lega a doppio filo la vicenda della collezione Carraro alle mostre capesarine di inizio ‘900. Al 1914 risale uno dei pezzi più preziosi che entrano oggi nelle collezioni del Museo, un vaso a murrine policrome ad anelli concentrici, formanti decori geometrici. Così Zecchin descrive le sue creazioni: «Le belle murrine, ricche di tanti bei colori, come la mia laguna, come il mio mare, come il mio cielo, come San Marco, come il fuoco delle nostre fornaci. Che felicità poter trasformare il vetro in tante pietre preziose, più belle di quelle degli orefici, più belle degli occhi delle donne d’Oriente» (F. Deboni).

Intorno al 1918 Zecchin realizza alcuni vasi dalle forme più semplici, con decori in oro e smalti, ispirati dalla sua coeva produzione pittorica e decorativa, e li espone alla mostra di Ca’ Pesaro del 1919. Tra questi è presente l’opera Il levar del sole, che con tutta probabilità si può identificare nel pezzo della raccolta Carraro e che ritorna quindi, dopo quasi un secolo, nella sede dove è stato esposto per la prima volta. Tra i capolavori acquisiti dai due collezionisti nel corso degli anni, vi sono numerosi esemplari unici di vasi monumentali, come quello in vetro satinato e traforato a getto di sabbia, decorato con scene di caccia, realizzato da Zecchin in collaborazione con S.A.L.I.R. intorno al 1935. «È interessante notare come il decoro di questo vaso richiami i motivi tipici di ricami e merletti, che per anni rappresentarono uno dei campi di maggiore attività di Vittorio Zecchin: questa similitudine è particolarmente accentuata dal lavoro di traforo della parete vetrosa, e che ricalca in pieno la struttura dei merletti al tombo- lo, tipici di alcune creazioni dell’artista veneziano, che tanto successo ebbero all’epoca, e che vennero presentate alle Biennali Veneziane dei primi anni ’30» (F. Deboni).

Alle creazioni del poliedrico artista muranese sono affiancati alcuni pezzi unici realizzati in ferro e vetro da Umberto Bellotto e artisti Barovier negli anni Venti, lavori che larga eco ebbero nelle esposizioni di arte decorative del decennio, suscitando ampie critiche e illustri estimatori.

La collezione Carraro si può leggere come un affascinante viaggio nel ‘900 e, allo stesso tempo, come un’intima narrazione delle vicende dell’arte vetraria. Nel 1925 la direzione artistica di Venini passa da Zecchin a Napoleone Martinuzzi, di cui sono esposti alcuni preziosi esemplari in vetro pulegoso. «A lui si deve la realizzazione di uno dei materiali più rivoluzionari della storia del vetro del XX secolo: il “pulegoso”, sfruttando quello che originariamente veniva considerato un difetto di fabbricazione, cioè la formazione di bolle d’aria nella materia vetrosa, egli lo enfatizzò, introducendo nel vetro fuso una materia volatile, che per effetto del calore, trasformava il vetro in una massa spugnosa, compatta e opaca» (F. Deboni).

Insieme ai vetri storici, sono esposti alcuni capolavori assoluti di scultura, come Parsifal o Il puro folle di Adolfo Wildt. «L’opera, commissionata il 7 gennaio 1930 (data del contratto) dal banchiere Leo Goldschmied per la propria villa di Bellagio sul lago di Como, doveva essere realizzata con un’altezza di sei metri per dominare uno specchio d’acqua nel giardino digradante verso la riva. Oggettive difficoltà finanziare impedirono il compimento della fusione, ma il gesso colossale venne presentato alla Quadriennale di Roma nel 1931 suscitando molte critiche, rientrato a Milano (ma Wildt era già morto) il grande modello in gesso venne distrutto durante i bombardamenti del 1943 [...]. Del Parsifal, ispirato al leggendario eroe wagneriano, ma mutuando la propria forma serpentina dai modelli manieristi di Giambologna e Pontormo, come dalla scultura barocca, e che, citando il monumentale Sant’Ambrogio (1928), schiaccia le serpi utilizzando la coppa del Santo Graal su cui poggia il piede destro, ne furono fusi due esemplari in bronzo a grandezza naturale: uno per il committente ed uno per lo scultore, uno passato alla collezione Gian Ferrari e ora del FAI Fondo Ambiente Italiano, l’altro entrato nella collezione Carraro» (V. Terraroli). 

Chiudono la prima sala alcune celebri tele di Antonio Donghi, protagonista del realismo magico romano, tra cui il capolavoro Le Villeggianti del 1934, e il dipinto La notte di Pericle realizzato da Giorgio de Chirico nel 1926, opera che appartiene ad una fase di transizione dell’artista, «durante la quale molti degli elementi caratteristici della prima fase metafisica vengono riletti attraverso una maggiore leggerezza inventiva e resi mediante una nuova concezione cromatica, anticipando il più marcato classicismo rilevabile nelle opere della fine degli anni Venti e del decennio successivo» (S. Cretella).

Nella seconda sala si svolge invece la parte più moderna della collezione di Chiara e Francesco Carraro, raccontata attraverso gli splendidi oggetti in vetro realizzati da Carlo Scarpa negli anni Trenta e Quaranta e le serie create da Fulvio Bianconi e da Archimede Seguso. Alle pareti fanno da contraltare due capolavori maturi di Giorgio Morandi e un raro dipinto ad olio di Gino De Dominicis.

Nello spazio si articolano due celebri sculture di Arturo Martini, Il bevitore e La Pisana, lavori che completano un rinnovato e davvero eccezionale sguardo sul secolo scorso. «L’opera appartiene alla fase di sperimentazione di Arturo Martini intorno all’idea di realizzare grandi sculture in terracotta ed è per questo che per Il bevitore utilizza ancora il metodo di approntare un modello in creta, poi uno stampo in gesso da cui ricavare alcuni esemplari seguendo la metodologia produttiva delle ceramiche in serie. [...] Prova generale, insieme a La Pisana, delle grandi sculture in terracotta, pezzi unici, che inizia a modellare nel 1929, di Il bevitore esistono due esemplari: uno passato da Mario Labò alla collezione Jesi, ora nella Pinacoteca di Brera a Milano, l’altro, originariamente nella collezione Basile di Albisola, è ora nella colle- zione Carraro» (V. Terraroli).

L’inedita e spettacolare pittura murale di Gino Severini, realizzata nel 1957 e nota col nome Polittico Garagnani, chiude le due sale dedicate alla collezione Carraro. « Il cosiddetto “Polittico” Garagnani deve il suo nome all’omonima autorimessa romana nella quale Severini realizzò un monumentale pannello decorativo, eseguito su una superficie a calce rasata e dipinto in parte a fresco e in parte a secco con rifiniture a tempera. Nel corso degli anni Settanta, l’autorimessa venne demolita, il dipinto murale rimosso e venduto, entrando a far parte della collezione Carraro. Da quel momento, il polittico è stato conservato in un deposito, non è mai stato esposto in occasione di mostre o eventi pubblici ed era noto solo attraverso la riproduzione fotografica in bianco e nero pubblicata nel catalogo ragionato delle opere dell’artista, curato da Daniela Fonti» (S. Cretella).

In occasione dell’allestimento a Ca’ Pesaro, la maestosa pittura murale di Severini è stata restaurata dalla Fondazione Chiara e Francesco Carraro, con un intervento che ha permesso di indagare il metodo di realizzazione e anche le successive fasi di stacco e conservazione della superficie dipinta, contribuendo così ad aggiungere un importante e inedito tassello alla storia della produzione artistica del XX secolo.   
In occasione dell’importante arrivo della raccolta Carraro, e del conseguente ampliamento delle prospettive storico-critiche offerte dal dialogo con i nuovi capolavori giunti in museo, la collezione di Ca’ Pesaro si rinnova, con un mutato allestimento firmato da Gabriella Belli, Direttore della Fondazione Musei Civici, ed Elisabetta Barisoni, Responsabile della Galleria Internazionale d’Arte Moderna.
Il nuovo percorso comprende alcune significative aggiunte dalle ampie raccolte del Gabinetto della Grafica, con una ricca selezione di incisioni e disegni di Edward Munch, James Ensor, Felicien Rops, e ancora Paul Klee e Vasilij Kandinskij.
Le nuove sezioni del museo si concentrano su alcuni momenti fondamentali della nascita e crescita delle collezioni, come l’arrivo in dono da Vittorio Emanuele III di alcune opere esposte in sala 2, segnatamente Veduta del porto di Rotterdam del francese Maximilien Luce e Lanaiole del toscano Francesco Gioli, opere che affiancano il grande dipinto di Joaquín Sorolla y Bastida Cucendo la vela, esplorando i colori e la materia vibrante a cavallo del secolo e i soggetti tratti dalla vita quotidiana.

Alcune sale sono invece dedicate alla storia della Galleria e ai suoi protagonisti, come quella intitolata a I ribelli di Ca’ Pesaro, che riprende e amplia le suggestioni dell’avanguardia veneziana dall’inizio del ‘900 fino al primo dopoguerra. 

Alcuni puntuali inserimenti nelle sale della collezione permanente permettono ai visitatori e al pubblico di scoprire o rivedere opere che non vengono esposte da molto tempo, come il bellissimo busto bronzeo di Emile-Antoine Bourdelle in dialogo con il maestro Auguste Rodin, o ancora di attraversare il secolo attraverso suggestioni iconografiche, come le immagini del femminile che la sala 10, dedicata a Bellezza e seduzione nel ‘900, declina dal realismo alla pittura di luce italiana, fino alla maniera moderna di Pierre Bonnard. Un percorso rinnovato che intende seguire la cronologia degli eventi e delle correnti artistiche ben rappresentate nelle raccolte di Ca’ Pesaro, ma anche suggerire momenti di riflessione e di fascinazione, sul significato del ritorno al classico nel periodo tra le due guerre, in un percorso che va Dal Moderno all’Eterno, secondo la celebre definizione di Margherita Sarfatti, e sui temi del più rivoluzionario astrattismo, che dal Cavaliere Azzurro passa attraverso la materia liquida della temperie surrealista e ritorna nel gesto e nel segno anni Quaranta e Cinquanta.    Ai capolavori della Galleria Internazionale d’Arte Moderna sono affiancate alcune opere giunte per l’occasione ed esposte in sala 15 quale omaggio a tre maestri italiani del ‘900. Grazie alla generosità dell’Archivio Afro di Roma e della Fondazione Burri di Città di Castello, il percorso al primo piano del Museo si chiude con la materia e le suggestioni di Afro, Burri e Fontana

La collezione permanente di Ca’ Pesaro si amplia fino al secondo piano, nelle sale 16 e 17, dove sono presentate le correnti artistiche più avanzate, dall’arte povera degli anni Sessanta alla produzione concettuale americana.   
A ulteriore testimonianza della volontà della Galleria di estendere e ampliare la propria storica e naturale vocazione a esprimere le voci del contemporaneo, anche attraverso importanti collaborazioni internazionali, la sala 16 ospita una selezione delle opere in deposito a lungo termine dalla Fondazione Sonnabend di New York. Due capolavori dell’arte povera di Giovanni Anselmo e Jannis Kounellis, recentemente scomparso, saranno affiancati ad un lavoro realizzato con i neon dal maestro dell’arte concettuale americana Bruce Nauman.

Nell’ultima sala, che chiude il percorso della collezione permanente di Ca’ Pesaro, vengono invece presentate al pubblico per la prima volta alcune opere di arte minimal e concettuale, da Richard Nonas a Lewis Carroll, da Stuart Arends a Gregory Mahoney, parte del significativo nucleo di lavori che, nel 2015, sono stati donati dalla Collezione Panza di Biumo al Comune di Venezia.

Le collezioni permanenti della Galleria Internazionale d’Arte Moderna, sempre rinnovate ed arricchite di nuovi spunti critici e di insolite prospettive, sono in costante relazione con le mostre temporanee ospitate nelle sale del secondo piano di Ca’ Pesaro.
Fino al 28 maggio sarà esposta la straordinaria rassegna dedicata a William Merritt Chase, campione della pittura americana, pressoché sconosciuto al pubblico europeo ma già mol- to amato dai visitatori del Museo. Nata da una collaborazione con le prestigiose istituzioni internazionali The Phillips Collection di Washington e Museum of Fine Arts di Boston, con il generoso supporto di Terra Foundation for American Art, la mostra presenta oltre 60 opere realizzate da Chase tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del XX secolo, evidenziando nume- rose e impreviste tangenze con la coeva produzione veneziana e italiana.
Dopo la mostra dedicata a William Merritt Chase, il prossimo 24 giugno le sale del secondo piano accoglieranno uno dei più grandi maestri della contemporaneità, nella sua prima espo- sizione di pittura in Italia, David Hockney. Dalla collaborazione con la Royal Academy of Arts di Londra nasce la mostra 82 Ritratti e 1 Natura Morta che porterà negli spazi di Ca’ Pesaro la serie più recente realizzata dall’artista, britannico per nascita e formazione, ma americano di adozione, tra il 2013 e il 2016, tutta dedicata al tema del ritratto e all’amore per la pittura.  

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