Nicolas Magnant. Makeshift
Dal 15 Marzo 2014 al 12 Aprile 2014
Venezia
Luogo: La Fenice Gallery
Indirizzo: San Marco 1948
Orari: da giovedì a domenica 14-18 o su appuntamento
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 041 5232333
E-Mail info: info@lafenicegallery.com
Sito ufficiale: http://www.lafenicegallery.com
Makeshift, ripiego, rattoppo, pezza. Una soluzione temporanea come placebo, sostituzione del tangibile fragile e precaria, a momenti pasticciata, rabberciata. Quasi si respirasse la necessità di rimediare in maniera posticcia alle manifestazioni più concrete, rimasticandole e riammettendole al mondo in veste del tutto nuova.
Secondo questa chiave d’accesso Nicolas Magnant giovane artista francese, veneziano d'adozione, presenta a La Fenice Gallery la sua prima personale, ammettendoci ad una propria reinterpretazione della realtà che ci circonda. Attraverso un atteggiamento primitivo, sensoriale, diretto ad un ritorno al primordiale, ad un pensiero automatico legato ai sensi e che fugge la ragione, introduce il fruitore a opere frutto dell'evocazione: figure ispirate dall'arbitrarietà della natura oppure emerse da materiali raccolti, oggetti trovati, deteriorati.
Il suo immaginario si apre come un grande archivio costituito da favole, avvenimenti celesti, dal quale emerge l'idea di origine, in un certo senso atavico, che collega le sue sculture ai primi utensili umani o il suo ritorno al disegno alle pitture rupestri rivisitate con pennarelli, in una maniera che può ricordare i primi disegni legati all'infanzia. All'interno di questo suo vasto contenitore, tutti i materiali radunati (stoffa, cartone, tele) vengono mescolati e amalgamati, come a voler essere preservati e curati dal loro stesso stato di abbandono, venendo rielaborati attraverso le tecniche più svariate, come la stampa, la sovrapposizione, il collage, l'incisione.
Le tracce o i segni lasciati all’osservatore si lasciano rileggere in un secondo momento, non come copie del tangibile, ma come un eidolon, uno spettro, un'ombra che rimane nonostante i segni fisici siano più o meno scomparsi, diventando, ora una sagoma in cartone. Il paradosso caotico di Nicolas si risolve nella sua installazione site specific che per l'occasione, prende vita nello spazio: mescolare e legare, per l'artista, si sviluppano infine come premesse, sorte di mantra che convengano a possibili traduzioni di quel che comunemente consideriamo realtà.
Secondo questa chiave d’accesso Nicolas Magnant giovane artista francese, veneziano d'adozione, presenta a La Fenice Gallery la sua prima personale, ammettendoci ad una propria reinterpretazione della realtà che ci circonda. Attraverso un atteggiamento primitivo, sensoriale, diretto ad un ritorno al primordiale, ad un pensiero automatico legato ai sensi e che fugge la ragione, introduce il fruitore a opere frutto dell'evocazione: figure ispirate dall'arbitrarietà della natura oppure emerse da materiali raccolti, oggetti trovati, deteriorati.
Il suo immaginario si apre come un grande archivio costituito da favole, avvenimenti celesti, dal quale emerge l'idea di origine, in un certo senso atavico, che collega le sue sculture ai primi utensili umani o il suo ritorno al disegno alle pitture rupestri rivisitate con pennarelli, in una maniera che può ricordare i primi disegni legati all'infanzia. All'interno di questo suo vasto contenitore, tutti i materiali radunati (stoffa, cartone, tele) vengono mescolati e amalgamati, come a voler essere preservati e curati dal loro stesso stato di abbandono, venendo rielaborati attraverso le tecniche più svariate, come la stampa, la sovrapposizione, il collage, l'incisione.
Le tracce o i segni lasciati all’osservatore si lasciano rileggere in un secondo momento, non come copie del tangibile, ma come un eidolon, uno spettro, un'ombra che rimane nonostante i segni fisici siano più o meno scomparsi, diventando, ora una sagoma in cartone. Il paradosso caotico di Nicolas si risolve nella sua installazione site specific che per l'occasione, prende vita nello spazio: mescolare e legare, per l'artista, si sviluppano infine come premesse, sorte di mantra che convengano a possibili traduzioni di quel che comunemente consideriamo realtà.
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