Architetture sociali

Courtesy of ©“Atlas of Cyberspace” | Il libro "Atlas Of Cyberspace" di Martin Dodge e Rob Kitchin
 

21/02/2002

A proposito delle immagini nel Cyberatlas di Marcos Novack e della sua concezione di liquid architecture, cioè di un’architettura sociale, in costante trasformazione secondo le nostre esigenze, smaterializzata, dinamica e libera dalle leggi della fisica;crede si tratti solo suggestioni o di un qualcosa che si comincia ad intravedere all’orizzonte? M.D. “Al momento è difficile stabilire se le idee di architetti come Novak saranno utili o se siano solo vivace fantasia. Semplicemente non lo sappiamo. Ma è molto utile fare sperimenti e spingersi oltre i confini. Penso anche che in termini estetici questo tipo di lavoro possiede un valore di per sé”. I territori del cyberspazio, se virtualmente hanno spazi infiniti, nella realtà hanno confini ben netti e limitati, poiché includono solo paesi che hanno raggiunto un certo sviluppo tecnologico. Una contraddizione che tende spesso a passare in secondo piano… M.D. “Sì il paradosso esiste se confrontiamo gli spazi infiniti del cyberspazio, dove la distanza fisica e posizione sono irrilevanti, con le realtà continue del mondo reale, dove quello che fa veramente la differenza è la possibilità di accesso al cyberspazio. Il luogo in cui viviamo è ancora molto importante al di là delle affermazioni e dei sogni utopici degli evangelisti del cyberspazio. C'e' molta preoccupazione riguardo a questo argomento, il cosidetto "digital divide", la divisione digitale tra le diverse zone geografiche, tra i paesi sviluppati e il mondo in via di sviluppo”.

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