GLI SCROVEGNI

Il Giudizio Universale di Giotto
 

30/04/2002

Nel febbraio del 1300 Enrico Scrovegni acquistò il terreno con lo scopo di erigervi il proprio palazzo con annessa la cappella, detta anche dell’Arena poiché situata sul luogo di un antico anfiteatro romano. Enrico, uno dei notabili della città, era il figlio del noto usuraio Reginaldo Scrovegni. Quest’ultimo viene persino citato da Dante nella Divina Commedia. Il sommo poeta incontra il padovano durante il suo viaggio, quando giunge al nono girone dell’Inferno. Reginaldo, come gli altri usurai, ha appesa al collo la borsa con lo stemma della famiglia, una scrofa azzurra che rimanda al suo cognome (Inf. XVII, 64-75): “Ed un, che d’una scrofa azzurra e grossa / Segnato avea lo suo sacchetto bianco / Mi disse: che fai tu in questa fossa?”. La fama di Reginaldo Scrovegni è tale da meritare una citazione anche da parte di un altro grande poeta: Francesco Petrarca. E’ evidente che la costruzione della cappella fu il modo di Enrico, elevatosi socialmente fino al rango della cavalleria, per espiare il peccato del padre. La figura del committente viene inserita nel Giudizio in basso a destra mentre sta offrendo un modellino dell’edificio alla Vergine, cui la cappella, inaugurata non a caso il 25 marzo 1305 (giorno dell’Annuciazione), è dedicata.

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