La libertà è il colore della vita

Van Gogh
 

28/12/2001

Durante il 1878 segue una una scuola di evangelizzazione senza conseguire il titolo di “evangelizzatore”; non rinuncia al suo sogno missionario e parte per il Borinage nel Sud del Belgio. L’incontro con il triste e misero mondo dei minatori sconvolge ancor di più il suo animo: comincia ad infliggersi sofferenze e ristrettezze per potersi sentire più vicino al mondo di quegli operai e contadini ma ciò lo conduce soltanto alla revoca dell’incarico di evangelizzatore. Decide di allontanarsi definitivamente dal mondo religioso, giudicato ormai un mondo di preti dove “qualunque maiale è migliore di loro” e comincia ad interessarsi esclusivamente al mondo dell’arte. È il vero inizio di una passione bruciante a volte distruttiva, come del resto qualunque cosa riguardasse la sua vita. Attratto dai minatori al lavoro, Vincent comincia a disegnarli reiteratamente, sempre ossessionato dalla voglia di perfezionare la sua tecnica pittorica. Per questo motivo si reca fra il 1880 e il 1881 sia a Bruxelles che a l’Aja dove prende lezioni di anatomia e di pittura. Lì conosce una prostituta che cerca di prendere sotto la sua ala protettiva, ma anche questo rapporto dura lo spazio di qualche mese e Vincent torna dai genitori nel Brabante: sono gli anni dei celeberrimi quadri con “I mangiatori di patate” e dei ritratti dei contadini. La tavolozza del pittore è buia e monocroma i volti dei suoi personaggi lasciano inatravedere solo sofferenza e miseria, ma è questo ciò che il pittore vede e questo ciò che con violento impeto ritrae. Nel 1886 si presenta a Parigi a casa del fratello minore Theo. La convivenza si rivela un disastro proprio a causa del carattere “egoista e spietato” di Vincent come lo stesso fratello afferma. Malgrado ciò il pittore comincia a dipingere numerosi capolavori, influenzato anche dalla frequentazione con altri artisti come Monet, Sisley, Renoir, Seurat, Toulouse-Lautrec che conobbe grazie all’intercessione del fratello Theo. Inizia la lunga serie degli autoritratti e dei paesaggi della Parigi di Montmartre che l’artista frequenta. La tavolozza si schiarisce e si fa strada la forza del colore. I suoi quadri finalmente cominciano ad essere esposti nelle mostre permanenti organizzate da pittori come Toulouse-Lautrec e poi al Salon des Indépendantes, ma rimangono sempre invenduti. Nel 1888 si trasferisce ad Arles per fuggire dalla congestione della grande città: sono gli ultimi due anni della sua tormentata esistenza, il periodo in cui fioriscono i suoi massimi capolavori pittorici. Le pennellate divengono lunghe, ondeggianti, nervose, i colori si fanno sempre più violenti e accecanti, veicolo della sua agitazione interiore e non rappresentano più le tinte naturalistiche con cui gli impressionisti ritraevano la realtà circostante. Il mondo esteriore in Van Gogh diviene specchio del mondo interiore. Alcuni fra i più noti capolavori del periodo, come “La notte stellata”, “La piana della Crau”, “Strada con cipresso”, esplicano al meglio il tormentato percorso interiore dell’artista, ormai in balia di continui ricoveri nel manicomio di Saint-Rémy, dove continua a dipingere. Neanche la breve convivenza con il pittore Gauguin, nella “casa gialla” ad Arles riesce a placare le sue crisi nervose. A seguito di una lite furibonda (nella quale Vincent si recide un orecchio) Paul Gauguin decide di allontanarsi dal suo collega. Solo il fartello Theo continua ad essergli vicino tramite la corrispondenza. Per tutti ormai Vincent è diventato solo un povero pazzo maniaco, per giunta pericoloso per se stesso e la società. Ma forse questo non lo riguarda più: oramai, il 27 luglio del 1990 sparandosi un colpo di pistola forse già immagina che la sua gloria di artista lo resusciterà da un mondo a volte troppo mediocre per chi come lui aveva fatto di una sensibilità esasperata il segno inconfondibile del genio.

COMMENTI
 
LA MAPPA
  NOTIZIE

VEDI ANCHE

Vedi tutte le notizie >