LA VITA DI GIOTTO DI BONDONE

Restauri S.M.Novella
 

05/07/2001

Nasce a Colle di Vespignano nel Mugello intorno al 1267. Pochissime le notizie biografiche, spesso infarcite di leggende. La più celebre di queste è certamente quella dell’incontro di Giotto ed il suo maestro Cimabue, che, stando al racconto di Vasari avrebbe colto il talento del giovane mentre, nel pascolare il gregge, “sopra una lastra piana e pulita con un sasso un poco appuntato ritraeva una pecora di naturale”. Sta di fatto che il ragazzo si forma nella scuola di Cimabue che lo porta con sé a Firenze. A questi anni risalgono il Polittico dei Badia (Uffizi), la Madonna con il Bambino di Borgo San Lorenzo (oggi ne resta un frammento). La prima grande opera di Giotto, ammesso che sia lui il pittore fno ad ora noto come il Maestro delle Storie di Isacco, è rappresentata dagli affreschi con Storie del Vecchio e Nuovo Testamento nei registri più alti della navata della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi. Esegue almeno i cartoni dei mosaici dell’ultima zona della cupola del battistero di Firenze. Agli anni 1288-90 è databile il Crocifisso per S. Maria Novella, oggi restaurato. Dopo il 1296 torna ad affrescare gli ambienti della basilica superiore di S. Francesco di Assisi: ora copre le zone sottostanti i precedenti dipinti con 28 raffigurazioni con le Storie francescane. Le grandi opere di Giotto lo rendono così famoso che anche il pontefice Benedetto XI Boccasini da Treviso lo chiama a Roma. Legato a questo episodio c’è un’altra celeberrima leggenda riportata da Vasari: un uomo di corte, mandato dal papa in Toscana per raccogliere disegni dai principali artisti del tempo, si vede consegnare da Giotto un foglio con un cerchio realizzato “senza muovere il braccio e senza seste”; è la vicenda che porta al proverbio in uso almeno fino al XVI secolo “tu sei più tondo che l’O di Giotto”. Comunque sia andata il dato certo è che Giotto è attivo a Roma in S. Giovanni in Laterano e in S. Pietro dove è l’autore del mosaico della Navicella (ne restano due angeli al Museo Petriano di Roma e a Boville Ernica). Seguono i soggiorni a Rimini - resta il Crocifisso per il Tempio Malatestiano, ma aveva dipinto anche degli affreschi andati persi – e Ravenna, le opere come la Madonna di S. Giorgio alla Costa (Firenze), la tavola con le Stimmate di S. Francesco (Louvre). Nel 1304 è attivo a Padova dove decora a fresco la cappella di Enrico Scrovegni, di cui è probabilmente anche architetto. Qui i temi trattati sono le Storie di Gioacchino, S. Anna e la Vergine e la Storia di Cristo. Inoltre realizza le allegorie a monocromo dei Vizi e delle Virtù nello zoccolo, il Giudizio Universale sulla parete di ingresso. Gli anni successivi riportano Giotto a Firenze dove esegue la Maestà per la chiesa di Ognissanti (oggi agli Uffizi) e gli affreschi per le cappelle Peruzzi e Bardi in S. Croce. Dal 1328 al 1333 Giotto è a Napoli al servizio di Roberto d’Angiò, dove lavora nella chiesa francescana di S. Chiara e in Castel Nuovo. Sarà anche a Milano per Azzone Visconti: qui il suo magistero di architetto trova riscontro nel complesso di S. Gottardo. Prima di morire nel 1334 viene nominato architetto della città di Firenze per cui, tra l’altro, progetta il campanile per il Duomo di S. Maria del Fiore. L’attività di Giotto resta un punto di riferimento per tutti gli artisti successivi e grande nome della pittura del ‘300: non a caso compare persino nel Decameron di Giovanni Boccaccio che gli dedica la quinta novella della sesta giornata in cui ne tesse le lodi di miglior pittore al mondo “avendo egli quella arte ritornata in luce, che molti secoli sotto gli error d’alcuni, che più a dilettar gli occhi degl’ignoranti che a compiacere allo ‘ntelletto de savi dipingendo intendeano”.

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