Le opere esposte

Schifano
 

07/12/2001

I tre portali in cui l’esposizione è suddivisa offrono al visitatore una serie di opere di grande rilievo all’interno della vastissima produzione di Mario Schifano. Entrando in mostra ci si trova di fronte ad alcuni televisori che ci fanno vedere l’artista tra i suoi affetti e quindi due enormi schermi, continuamente inondati di colore, che lo riprendono mentre è al lavoro. L’impatto è chiaramente molto forte, a sottolineare l’ingresso in quella che possiamo definire senza alcun dubbio una wunderkammer moderna. La prima sezione di quadri inizia con “Open sesame” (1961), sorta di simbolo, custode del patrimonio dell’artista che ha a disposizione tutta la vita per offrire al mondo le opere che ha in mente, un’apertura del vaso di pandora che chiarifica il titolo. Seguono opere come “In memoria dello scultore inglese sconosciuto” (1984), dipinto, come accade spesso in Schifano, fino ad invadere la cornice, e dominato da dolmen fortemente materici, quasi in rilievo. Spiccano nella stessa sezione la grande tela “Angeli del nostro tempo” (1995) che mostra un Andy Warhol troneggiante con grandi ali e “Fibre ottiche” (1997), opera che coniuga pittura e tecnologia in una perfetta sintesi dei principali interessi di Schifano. Il secondo portale apre con “Splendido astratto con anima” (1962-63), introducendo il personale modo di guardare dell’artista. Ecco, quindi, gli “11 Paesaggi italiani” (1970-71), dodici piccole tele, di cui una presenta il titolo, assemblate a costituirne una sola; “Orto botanico” (1970), quattro pannelli in perspex dominati dal colore verde. Ma non si può dimenticare la “Grande statua equestre” (1980), dipinto quanto mai lontano dalla scultura, che evoca un cavallo nella sua sagoma dimezzata e bianca mentre cielo e suolo, rosso e verde, offrono un taglio patriottico dell’opera. La terza sezione prende le mosse da “Musa ausiliaria” (1996). Quest’opera consiste nel riutilizzo di un’immagine di un film sulla cui identità i curatori non sanno dirci molto: sembra essere una pellicola dei primi anni ‘90, forse, aggiungiamo noi, “La bella scontrosa” di Claude Chabrol (La belle noiseuse, Divertimento, 1991). Nel fotogramma scelto da Schifano un pittore sta ritraendo la sua modella, ruoli che nel film francese erano interpretati da Michel Piccoli ed Emmanuelle Beart, ma che nel quadro di Schifano risultano praticamente irriconoscibili, anche qualora dovessero essere realmente loro. E’ questa la sezione delle opere che campeggiano sulle pareti degli appartamenti dei collezionisti, luoghi imprescindibili nel panorama delle collocazioni dei pezzi di Schifano. La musa ausiliaria è la televisione, ed è lei l’indiscussa protagonista di questi pezzi: “In diretta dalla luna” (1970) immortala il momento in cui la luna entrò nei salotti attraverso l’apparecchio televisivo; il “Senza titolo” del 1983 presenta centinaia di foto fatte ai televisori, in cui compaiono vari personaggi, sistemate in otto pannelli in perspex.

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