Raffaello: un dio mortale

Raffaello
 

13/10/2001

La straordinaria fama di cui Raffaello ha goduto, fin da quando era ancora in vita (almeno a partire dal periodo romano), ha alimentato una serie di mitologie sulla sua persona. Una delle principali è l’accostamento con la figura di Cristo: nato il venerdì santo, Raffaello morì lo stesso giorno (il Vasari riuscì a far coincidere persino l’ora, le tre di notte). Nonostante avesse 37 anni, si diffuse ben presto la leggenda che fosse morto all’età di 33 anni, la stessa di Cristo. Addirittura Pico della Mirandola, annunciando in una lettera alla duchessa di Mantova la morte dell’artista, scrive che “di questa morte li cieli hanno voluto mostrare uno de’ signi che mostrarono su la morte del Cristo quando lapides scissi sunt; così il palazzo del papa minaza ruina, et sua Santità per paura è fuggito dalle sue stantie”. In un’altra lettera di Marcantonio Michel è scritto: “Et perché il palazzo del Pontefice in questi giorni ha minazato talmente che Sua Santità se ne è ito a stare nelle stanze di monsignor del Cibo, sono di quelli che dicono che non il peso delli portici sopra posti è stato di questo cagione, ma per fare prodigio che il suo ornatore avea a mancare”. La leggenda vuole anche, secondo il Vasari, che l’ultima opera in assoluto dipinta da Raffaello sia stato il volto di Cristo nella Trasfigurazione alla quale stava lavorando. In realtà la storia della somiglianza con Cristo si era diffusa già in vita, e alcuni sostengono che Raffaello stesso ne fosse consapevole, non disdegnando di favorirla. Si è parlato molto del Doppio ritratto, dove l’artista si raffigura in una maniera assai simile a quella che era l’iconografia di Cristo. Sembra anche che negli ultimi anni della sua vita si fosse lasciato crescere la barba e i capelli lunghi, sempre per lo stesso motivo. Molto probabilmente, comunque, la diffusione di queste leggende è dovuta alla scarsità di notizie sulla vita privata di Raffaello, il che non ha fatto altro che alimentare il mito di una sua presunta vita esemplare e perfetta. Così il Vasari ebbe modo di scrivere: “Si può dire sicuramente che coloro che sono possessori di tante rare doti, quante si videro in Raffaello da Urbino, siano non uomini semplicemente, ma se così è lecito dire, Dei mortali”.

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