Sangue e arene

courtesy of©Elemond | Il Colosseo
 

05/07/2001

I gladiatori nel Colosseo. Dal 21 giugno al 7 gennaio 2002 il calendario del turista a Roma si arricchisce di un grande evento che ha come teatro e luogo espositivo uno dei più amati e gettonati monumenti di Roma, l'Anfiteatro Flavio. Il grandioso monumento, visitato spesso dai turisti ancora prima di San Pietro, diventa in questa occasione museo di se stesso, raccontando al pubblico gli spettacoli brutali offerti al popolo di Roma antica: dall'arredo del monumento ai costumi, alle armi dei protagonisti, fino alle macchine sceniche che venivano adoperate. Ancora più straordinariamente i giochi gladiatori sono rievocati con reperti mai visti prima d'ora, tra cui armi di bronzo rinvenute nella caserma dei gladiatori di Pompei e conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Un tema, quello dei gladiatori e della loro vita tornato recentemente di moda e anche d'attualità. In seguito al successo di film come "Gladiator", che ha sbancato botteghini e Oscar, ma anche per una tendenza della nostra società a concepire il divertimento in forme che si avvicinano sempre di più a quelle antiche delle lotte nelle arene. Basti pensare ai molti "reality show", come il "Grande Fratello" o "Survivors" in cui i contendenti vengono progressivamente eliminati, ed escono dall'arena di gioco. Ma chi erano questi gladiatori? Schiavi o star dell'epoca? O entrambe le cose? Innanzitutto erano degli abili schermidori. Una delle prime cose che si apprende dalla visione della mostra è che i gladiatori non combattevano seminudi, ma con il corpo quasi interamente coperto di armature. L'abilità stava proprio nell'affondare l'arma nei pochi centimetri di pelle scoperta dell'avversario. Nonostante le imbracature i gladiatori dovevano esercitare un certo fascino sul pubblico e particolarmente sulla parte femminile. Giovenale, nella sua satira contro le donne, racconta di una certa Eppia, matrona romana, "allevata tra gli agi e le piume della casa paterna, dentro una culla intarsiata", ma infatuata di un truce eroe dell'arena. Sposata ad un senatore, questa Eppia, innammoratasi di un gladiatore, un certo Sergiolo, non esitò ad abbandonare la casa, marito e figli, per imbarcarsi con il suo uomo su una nave. Era dunque tanto bello Sergiolo? No, secondo Giovenale aveva un braccio ferito, il volto malconcio, il naso a becco e "un morbo molesto che gli faceva lacrimare gli occhi". Ma era pur sempre un gladiatore. Del resto molte iscrizioni evocano i successi dei gladiatori con le donne. Una di esse recita: "Il reziario Celadolo, idolo delle donne". E dello stesso imperatore Commodo, che si compiaceva di scendere nell'arena e duellare con le fiere, si racconta che fosse figlio di un gladiatore, e non di Marco Aurelio. Nel colosseo si svolgevano anche cacce e combattimenti tra fiere. L'allestimento degli spettacoli era molto costoso e spesso i gladiatori erano prigionieri di guerra. Simmaco un'autorità del IV sec. scrive in una lettera di aver acquistato un contingente di prigionieri sassoni per farli combattere nel Colosseo tra di loro in occasione della prefettura conquistata dal figlio. Purtroppo i prigionieri si erano suicidati in massa piuttosto che adattarsi all'orrore, con grande danno economico del loro acquirente. Fu tarda consuetudine, quindi, di mandare nelle arene i condannati a morte, sicuramente meno costosi. L'itinerario che proponiamo si stacca dal Colosseo per andare a scoprire le altre arene di Roma, il Circo Massimo e del Mediterraneo, a Pompei e a Leptis in Libia. E fa una puntata ad Efeso che già nel trecento a.C. era tempio di sapienza e cultura e nel suo simbolo contrapponeva a un gladiatore una piuma. L'antichità non era solo teatro di spargimenti di sangue. La mostra "sangue e arena", al Colosseo, è aperta al pubblico tutti i giorni (compresi sabato e domenica) dalle ore 9.00 alle ore 18.00

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