Dal 4 ottobre al 3 febbraio a Milano la più grande antologica sull'artista mai realizzata

L'universo di Carlo Carrà in 130 opere da tutto il mondo in mostra a Palazzo Reale

Carlo Carrà, Composizione, 1915, collage, tempera, gouache e carboncino, 30,2 x 40,9 cm. Mosca, State Pushkin Museum of Fine Arts Arch. Fotografico State Pushkin Museum of fine Arts, Mosca
 

Samantha De Martin

18/07/2018

Milano - Marine agitate al soffio del libeccio, vele nel porto, bagnanti, come statue, che sbucano dall’acqua.
Ripercorrere l’enigmatica pittura di Carlo Carrà significa sfogliare la carriera di uno dei più grandi maestri del Novecento, dalle iniziali prove divisioniste ai dipinti ascrivibili ai cosiddetti ‘valori plastici’, dai paesaggi alle nature morte che attestano il suo ritorno alla realtà a partire dagli anni Venti.
A celebrare il maestro, attraverso la più ampia e importante rassegna antologica sull’artista mai realizzata, sarà Palazzo Reale, a trent’anni dall’ultima mostra a Milano e a 56 da quella che, Carrà ancora in vita, si svolse nel 1962 sotto la presidenza di Roberto Longhi.

Il Carrà che si potrà apprezzare in questo percorso curato da Maria Cristina Bandera, con la collaborazione di Luca Carrà, nipote del maestro, fotografo e responsabile dell’archivio di Carlo Carrà - si racconta attraverso le 130 opere concesse in prestito dalle più importanti collezioni italiane e internazionali, pubbliche e private, dallo State Pushkin Museum of Fine Arts di Mosca alla Kunsthaus di Zurigo, della Yale University Art Gallery al Museum of Fine Arts di Budapest ed ai Musei Vaticani, senza dimenticare la Pinacoteca di Brera, il MART di Rovereto, il Museo del Novecento, le Gallerie degli Uffizi.

Ricucendo la fitta trama di affinità intellettuali e di rapporti d’elezione che legarono Carlo Carrà ai suoi collezionisti e amici del tempo, il visitatore sfoglia lo spirito anarchico del ribelle artista che viaggiò tra Londra e Parigi approfondendo gli incontri con Apollinaire a Picasso, ed esercitando la propria attività critica su importanti riviste del tempo come “La Voce”, “Lacerba” e soprattutto “L’Ambrosiano”.

Quella che il pittore stesso definisce “una vita appassionata” scorre tra documenti, fotografie, lettere e filmati che ripercorrono l’universo dell’artista dal divisionismo - nel quale scorge i fermenti più vivi di rivolta al clima provinciale della pittura italiana di quegli anni - all’esperienza futurista fino all’abbandono dei temi della velocità e del dinamismo a vantaggio dei principi teorici della Metafisica, per soddisfare, infine, il bisogno di “essere soltanto se stesso”, con la svolta del suo percorso artistico nel 1922.

“La mia pittura è fatta di elementi variabili e di elementi costanti. Fra gli elementi variabili si possono includere quelli che riguardano i princìpi teorici e le idee estetiche. Fra gli elementi costanti si pongono quelli che riguardano la costruzione del quadro. Per me, anzi, non si può parlare di espressione di sentimenti pittorici senza tener calcolo soprattutto di questi elementi architettonici che subordinano a sé tutti i valori figurativi di forma e di colore. A questi principi deve unirsi quello di spazialità, il quale non è da confondersi col prospettivismo” scriveva nel 1962.
Questa pittura la si gusta nelle sette sezioni del percorso espositivo - Tra Divisionismo e Futurismo, Primitivismo, Metafisica, Ritorno alla natura, Centralità della figura, Gli ultimi anni, Ritratti - che si preannuncia fluido e coerente. Ogni spazio è espressione di uno specifico periodo della vita e dello stile del grande maestro e scandisce le tappe di una vita vibrante, interamente dedicata alla pittura.


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