Fino al 2 gennaio in mostra all’Aargauer Kunsthaus di Aarau

Da Paul Klee a Giacometti, viaggio nel Surrealismo svizzero

Paul Klee, Marionetten (bunt auf Schwarz), 1930, 202 Öl auf Karton, 32 x 30,5 cm Kunsthaus Zürich, Sammlung Erna und Curt Burgauer
 

Francesca Grego

10/09/2018

Mondo - Se la Francia di André Breton è la patria riconosciuta del Surrealismo, è un dato di fatto che la fantasia, la ribellione e i turbamenti di uno dei movimenti più influenti del Novecento abbiano presto contagiato i figli della verde Svizzera.
Paul Klee, Hans Arp, Alberto Giacometti, Meret Oppenheim sono solo alcuni dei protagonisti di questa avventura, che la mostra Surrealism Switzerland ripercorrerà fino al prossimo 2 gennaio all’Aargauer Kunsthaus di Aarau.
 
Rifugio di artisti e personaggi della cultura durante la Grande Guerra, quando la Zurigo del Cabaret Voltaire dà i natali al Dadaismo, la confederazione alpina resta in stretto contatto con gli ambienti caldi dell’arte anche negli anni successivi: se diversi artisti svizzeri si trasferiscono a Parigi dando il proprio contributo a una scena ormai internazionale, in patria nuovi fermenti rompono il clima conservatore degli anni Trenta.
Circa 400 opere – tra dipinti, sculture, disegni, video e fotografie – realizzate da 60 artisti sono chiamate ora a dar conto di una storia densa di sorprese.
 
Nel percorso espositivo una puntuale contestualizzazione storica si affianca al focus sui metodi usati dai surrealisti per aprire l’arte alle energie del caso e dell’inconscio. E poi via, alla scoperta di nove sale dedicate ai temi più sentiti dal movimento: sogni e fantasie, il corpo come oggetto del desiderio o portatore di tormenti esistenziali, gli orrori della guerra e la paura della morte, il cosmo e la natura come metafore della vita.
Ci sono precursori come Paul Klee e Hans Jean Arp, membri del movimento attivi all’estero, tra cui Giacometti e Serge Brignoni, collettivi radicati nel territorio come Gruppe 33 di Basilea o interpreti del Novecento al femminile, da Meret Oppenheim ad Anita Spinelli ed Henriette Grindat. L’indagine di apre poi all’imprescindibile eredità del Surrealismo nella grande stagione svizzera dell’Informale, di Fluxus e del Nouveau Réalisme, alle originali creazioni di Jean Tinguely e André Thomkins, alle ricerche contemporanee di Pipillotti Rist, Ugo Rondinone e di altri noti protagonisti della scena attuale.
 
Si può davvero parlare di “Surrealismo svizzero”? È la domanda dei curatori Peter Fischer e Madeleine Schuppli, sulla scorta del più ampio dibattito sull’arte nazionale che ha percorso quasi tutto il XX secolo nel paese dei cantoni. Vedere per comprendere, tra opere il cui valore va oltre ogni appartenenza.
 
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