A Palazzo Roverella dal 28 settembre al 26 gennaio
Venti d'Oriente nell'arte europea. Il giapponismo protagonista a Rovigo

Giuseppe De Nittis, Eruzione del Vesuvio, 1872, Napoli, collezione privata
Samantha De Martin
24/06/2019
Rovigo - In principio erano “semplici” fogli utilizzati per impacchettare ceramiche e vasi. In seguito i preziosi manga di Hokusai - accanto alle brillanti stampe di Utamaro e Hiroshige che tanta influenza ebbero sugli Impressionisti, sui Nabis, fino alle Secessioni di Vienna e Monaco - divennero tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, i protagonisti di un vero e proprio culto dell’Oriente.
Sul finire del XIX secolo la scoperta delle arti decorative giapponesi diede una notevole scossa al panorama artistico europeo conducendo l’arte del vecchio continente verso nuove e più essenziali norme compositive fatte di sintesi e colori accesi.
La svolta avvenne quando, intorno al 1860, cominciarono a diffondersi in Europa, specie in Francia, ceramiche, stampe, ed arredi da giardino dall’Impero del Sol Levante che, pochi anni prima, nel 1853, si era aperto al resto del modo.
Questa effervescente pagina di storia dell’arte generata dal vento di rinnovamento che dall’Oriente investiva modelli, consuetudini stratificate nei secoli, è il filo conduttore della mostra Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915, accolta al Palazzo Roverella di Rovigo dal 28 settembre al 26 gennaio.
Questa iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, mapperà per la prima volta le tendenze giapponiste dell’Europa tra Ottocento e Novecento, dalla Germania all’Olanda e al Belgio, dalla Francia all’Austria, e ancora alla Boemia, fino all’Italia.
Furono soprattutto la ricca borghesia internazionale, ma soprattutto due intere generazioni di artisti, letterati, musicisti e architetti a essere sferzati dalla moda giapponista, esplosa attorno al 1860 e destinata a durare almeno un altro cinquantennio grazie all’innesto con la nascente cultura liberty e modernista sempre più attenta ai valori decorativi dell’arte giapponese.
Nelle sezioni in cui si dipana il racconto - quattro quante furono le grandi Esposizioni Universali che in quei decenni contribuirono, grazie alla presenza dei padiglioni giapponesi, a raccontare il nuovo che avanzava da quel luogo tanto lontano quanto magico - il curatore Francesco Parisi intreccia opere giunte dal Giappone a quelle profondamente ispirate a questi “reperti”.
Architettura, pittura, grafica, arredi, manifesti raccontano ai visitatori quanto capillarmente e profondamente quel giapponismo sia entrato nel corpo della vecchia Europa. Ed è per questo motivo che, accanto ai manufatti giapponesi, il pubblico potrà ammirare anche capolavori di Van Gogh, Klimt, Gauguin, Touluse Lautrec, degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser. Non mancheranno gli artisti italiani, da Giuseppe De Nittis a Giacomo Balla e Francesco Paolo Michetti con il suo capolavoro La raccolta delle zucche. E infine i francesi Pierre Bonnard, Paul Ranson e i belgi Fernand Khnopff e Henry Van De Velde.
Leggi anche:
• Giapponismo. Venti d'Oriente nell'arte europea 1860-1915
Sul finire del XIX secolo la scoperta delle arti decorative giapponesi diede una notevole scossa al panorama artistico europeo conducendo l’arte del vecchio continente verso nuove e più essenziali norme compositive fatte di sintesi e colori accesi.
La svolta avvenne quando, intorno al 1860, cominciarono a diffondersi in Europa, specie in Francia, ceramiche, stampe, ed arredi da giardino dall’Impero del Sol Levante che, pochi anni prima, nel 1853, si era aperto al resto del modo.
Questa effervescente pagina di storia dell’arte generata dal vento di rinnovamento che dall’Oriente investiva modelli, consuetudini stratificate nei secoli, è il filo conduttore della mostra Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915, accolta al Palazzo Roverella di Rovigo dal 28 settembre al 26 gennaio.
Questa iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, mapperà per la prima volta le tendenze giapponiste dell’Europa tra Ottocento e Novecento, dalla Germania all’Olanda e al Belgio, dalla Francia all’Austria, e ancora alla Boemia, fino all’Italia.
Furono soprattutto la ricca borghesia internazionale, ma soprattutto due intere generazioni di artisti, letterati, musicisti e architetti a essere sferzati dalla moda giapponista, esplosa attorno al 1860 e destinata a durare almeno un altro cinquantennio grazie all’innesto con la nascente cultura liberty e modernista sempre più attenta ai valori decorativi dell’arte giapponese.
Nelle sezioni in cui si dipana il racconto - quattro quante furono le grandi Esposizioni Universali che in quei decenni contribuirono, grazie alla presenza dei padiglioni giapponesi, a raccontare il nuovo che avanzava da quel luogo tanto lontano quanto magico - il curatore Francesco Parisi intreccia opere giunte dal Giappone a quelle profondamente ispirate a questi “reperti”.
Architettura, pittura, grafica, arredi, manifesti raccontano ai visitatori quanto capillarmente e profondamente quel giapponismo sia entrato nel corpo della vecchia Europa. Ed è per questo motivo che, accanto ai manufatti giapponesi, il pubblico potrà ammirare anche capolavori di Van Gogh, Klimt, Gauguin, Touluse Lautrec, degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser. Non mancheranno gli artisti italiani, da Giuseppe De Nittis a Giacomo Balla e Francesco Paolo Michetti con il suo capolavoro La raccolta delle zucche. E infine i francesi Pierre Bonnard, Paul Ranson e i belgi Fernand Khnopff e Henry Van De Velde.
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