Dal 1° maggio al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno
Caravaggio e Canova: un dialogo inedito nel segno della Maddalena
Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Maddalena in estasi, 1606, olio su tela I Collezione privata, Londra I Courtesy Contemplazioni
Francesca Grego
29/04/2021
Treviso - Peccato e redenzione, sacro e profano, misticismo e sensualità si confondono nella figura di Maria Maddalena, tra i personaggi più complessi e singolari dei Vangeli, e forse per questo uno dei più amati da artisti e committenti. Ruota intorno a lei l’inedito, sorprendente confronto tra Antonio Canova e Michelangelo Merisi da Caravaggio, che sta per andare in scena nella prestigiosa cornice del Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno. Nata dalla collaborazione di Fondazione Canova con Contemplazioni e realizzata con il sostegno di Intesa Sanpaolo, la mostra Maddalena. Caravaggio e Canova mette a confronto dipinti, sculture, calchi in gesso e bozzetti dedicati da due grandi dell’arte di ogni tempo all’affascinante soggetto della Maddalena.
Ospite d’onore sarà la conturbante Maddalena in estasi di Caravaggio, tra le ultime opere attribuite al maestro seicentesco. In preda al deliquio, con la testa reclinata e lo sguardo perso, la sua figura occupa quasi interamente lo spazio del dipinto, contro un indefinito sfondo scuro. La luce le colpisce il volto solcato dalle lacrime e sfiora i lunghi capelli dorati, indirizzando lo sguardo sulle mani intrecciate. I panneggi della camicia bianca si si aprono sul petto scoprendo una spalla, in contrasto con la gonna rosso fuoco. Nel mondo esistono almeno otto versioni del quadro caravaggesco, dipinto probabilmente nella dimora della nobile Costanza Colonna dopo la fuga da Roma in seguito all’omicidio di Ranuccio Tomassoni. A Possagno ammireremo l’opera conservata in un'esclusiva collezione londinese.
Antonio Canova, Maddalena penitente I Courtesy Contemplazioni
Dal canto suo, di Maddalene Canova ne realizzò diverse, scolpite nel marmo, dipinte sulla tela, modellate in argilla o in gessi bianchissimi. Alcune sono opere finite, altre sono copie o modelli che ci permettono di immaginare i processi creativi del maestro. Ma la mostra è soprattutto un incredibile ricettacolo di storie, che sbocciano attorno a ogni opera e raccontano una tappa dell’evoluzione del suo autore. La Maddalena penitente, per esempio, fu la prima scultura di Canova a raggiungere Parigi. Fu esposta nello sfarzoso palazzo del collezionista Giambattista Sommariva tra drappi scuri, con uno specchio alle spalle per una visione a tutto tondo. Al Salon del 1808 suscitò impressioni contrastanti. Il famoso critico Quatremère de Quincy, amico dello scultore, parlò di “qualcosa di nuovo, fuori dall’ordinario, che sembrava avere del miracoloso”. Quel qualcosa era la patina che Canova aveva steso sulle carni e sui capelli della donna inginocchiata per scaldare il candore del marmo di Carrara, spiazzando i più conservatori. Dieci anni dopo l’artista avrebbe realizzato una scultura gemella per il figliastro di Napoleone e viceré d’Italia Eugenio Beauharnais, oggi tra i gioielli dell’Ermitage di San Pietroburgo.
Antonio Canova, Maddalena giacente, 1819, modello in gesso I Courtesy Museo e Gypsotheca Antonio Canova
L’atmosfera muta radicalmente con la Maddalena giacente, scolpita da Canova verso la fine della sua carriera: “esposi un altro modello di una seconda Maddalena, distesa in terra e svenuta quasi per eccesso di dolore di sua penitenza: soggetto che piace moltissimo, e che mi ha fruttato molto compatimento ed elogi assai lusinghieri”, scrive l’artista all’amico Quatremère. Nel suo corpo abbandonato, seducente e quasi vero, nel volto estatico incorniciato dalla chioma fluente, si avverte l’eco della Beata Ludovica Albertoni di Gian Lorenzo Bernini, che lo scultore aveva visto nella chiesa romana di San Francesco a Ripa. Sacrale ed erotica ad un tempo, la statua fu venduta al conte di Liverpool per la ragguardevole somma di 12 mila sterline. Poi sparì nel nulla: di lei restano un prezioso bozzetto in terra cruda e un modello in gesso conservato a Possagno, tra i pezzi più interessanti della mostra.
“Difficile immaginare due artisti più lontani di Caravaggio e Canova”, osserva il presidente della Fondazione Canova Vittorio Sgarbi: “A dispetto di quello che sembrerebbe logico, Canova forse non ha mai visto la Maddalena di Caravaggio, e non tanto perché essa sia tra le opere più tardivamente apparse con il nome di Caravaggio, ma per una ragione profondamente estetica, di opposte visioni della bellezza, della religione, del dolore”.
Oggi, un intrigante gioco di rimandi si instaura tra le opere dei due giganti. Guardando la Maddalena in estasi e la Maddalena giacente, l’abisso che li separa sembra molto meno profondo.
Caravaggio, Maddalena in estasi I Antonio Canova, Maddalena giacente I Courtesy Contemplazioni
Ospite d’onore sarà la conturbante Maddalena in estasi di Caravaggio, tra le ultime opere attribuite al maestro seicentesco. In preda al deliquio, con la testa reclinata e lo sguardo perso, la sua figura occupa quasi interamente lo spazio del dipinto, contro un indefinito sfondo scuro. La luce le colpisce il volto solcato dalle lacrime e sfiora i lunghi capelli dorati, indirizzando lo sguardo sulle mani intrecciate. I panneggi della camicia bianca si si aprono sul petto scoprendo una spalla, in contrasto con la gonna rosso fuoco. Nel mondo esistono almeno otto versioni del quadro caravaggesco, dipinto probabilmente nella dimora della nobile Costanza Colonna dopo la fuga da Roma in seguito all’omicidio di Ranuccio Tomassoni. A Possagno ammireremo l’opera conservata in un'esclusiva collezione londinese.
Antonio Canova, Maddalena penitente I Courtesy Contemplazioni
Dal canto suo, di Maddalene Canova ne realizzò diverse, scolpite nel marmo, dipinte sulla tela, modellate in argilla o in gessi bianchissimi. Alcune sono opere finite, altre sono copie o modelli che ci permettono di immaginare i processi creativi del maestro. Ma la mostra è soprattutto un incredibile ricettacolo di storie, che sbocciano attorno a ogni opera e raccontano una tappa dell’evoluzione del suo autore. La Maddalena penitente, per esempio, fu la prima scultura di Canova a raggiungere Parigi. Fu esposta nello sfarzoso palazzo del collezionista Giambattista Sommariva tra drappi scuri, con uno specchio alle spalle per una visione a tutto tondo. Al Salon del 1808 suscitò impressioni contrastanti. Il famoso critico Quatremère de Quincy, amico dello scultore, parlò di “qualcosa di nuovo, fuori dall’ordinario, che sembrava avere del miracoloso”. Quel qualcosa era la patina che Canova aveva steso sulle carni e sui capelli della donna inginocchiata per scaldare il candore del marmo di Carrara, spiazzando i più conservatori. Dieci anni dopo l’artista avrebbe realizzato una scultura gemella per il figliastro di Napoleone e viceré d’Italia Eugenio Beauharnais, oggi tra i gioielli dell’Ermitage di San Pietroburgo.
Antonio Canova, Maddalena giacente, 1819, modello in gesso I Courtesy Museo e Gypsotheca Antonio Canova
L’atmosfera muta radicalmente con la Maddalena giacente, scolpita da Canova verso la fine della sua carriera: “esposi un altro modello di una seconda Maddalena, distesa in terra e svenuta quasi per eccesso di dolore di sua penitenza: soggetto che piace moltissimo, e che mi ha fruttato molto compatimento ed elogi assai lusinghieri”, scrive l’artista all’amico Quatremère. Nel suo corpo abbandonato, seducente e quasi vero, nel volto estatico incorniciato dalla chioma fluente, si avverte l’eco della Beata Ludovica Albertoni di Gian Lorenzo Bernini, che lo scultore aveva visto nella chiesa romana di San Francesco a Ripa. Sacrale ed erotica ad un tempo, la statua fu venduta al conte di Liverpool per la ragguardevole somma di 12 mila sterline. Poi sparì nel nulla: di lei restano un prezioso bozzetto in terra cruda e un modello in gesso conservato a Possagno, tra i pezzi più interessanti della mostra.
“Difficile immaginare due artisti più lontani di Caravaggio e Canova”, osserva il presidente della Fondazione Canova Vittorio Sgarbi: “A dispetto di quello che sembrerebbe logico, Canova forse non ha mai visto la Maddalena di Caravaggio, e non tanto perché essa sia tra le opere più tardivamente apparse con il nome di Caravaggio, ma per una ragione profondamente estetica, di opposte visioni della bellezza, della religione, del dolore”.
Oggi, un intrigante gioco di rimandi si instaura tra le opere dei due giganti. Guardando la Maddalena in estasi e la Maddalena giacente, l’abisso che li separa sembra molto meno profondo.
Caravaggio, Maddalena in estasi I Antonio Canova, Maddalena giacente I Courtesy Contemplazioni
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