Da scoprire a Mestre fino al 1° marzo 2026
Munch e l’Espressionismo, il futuro di una rivoluzione
Munch. La rivoluzione espressionista. Centro Culturale Candiani, Mestre. Foto Nico Covre I Courtesy MUVE
Francesca Grego
30/10/2025
Venezia - "Non dipingerò più interni con uomini che leggono e donne che cuciono. Dipingerò persone vive, che respirano e sentono e soffrono e amano”, scriveva Edvard Munch durante la sua svolta espressionista, all’origine di un linguaggio potente e riconoscibile che avrebbe profondamente influenzato l’arte dei decenni a venire. A raccontarlo da oggi presso il Centro Culturale Candiani di Mestre è la mostra Munch. La rivoluzione espressionista, un lungo viaggio attraverso la pittura del maestro scandinavo e la sua eredità nella cultura visiva occidentale. A cura di Elisabetta Barisoni, dal 30 ottobre 2025 al 1° marzo 2026 l’esposizione presenta opere di Munch e di altri artisti della sua epoca, accanto ai lavori di noti protagonisti della seconda metà del Novecento e celebrità della scena contemporanea: da James Ensor a Otto Dix, da Max Beckmann a Emilio Vedova, da Marina Abramović a Shirin Neshat.
“Munch è il suo tempo, ed è il nostro. Perché quell’urlo espressionista che nasce dal corpo e rende l’arte totalizzante, carica di dolore, memoria, denuncia, non si è mai esaurito”, si legge nella presentazione del progetto. Il pittore venuto dal Nord diventa perciò un’eccellente guida per esplorare l’arte del XX e XXI secolo nelle sale rinnovate del museo. Cuore del percorso sono quattro preziose opere di Munch provenienti dalle collezioni della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro - Angoscia, L'urna, La fanciulla e la morte, Ceneri - che ben rappresentano la sua vicinanza all’Espressionismo: il punto di partenza per scoprire l’artista nel suo contesto, nei suoi legami con artisti e letterati della sua epoca, a partire da Ibsen, del quale Munch illustrerà le opere teatrali.

Munch. La rivoluzione espressionista. Centro Culturale Candiani, Mestre. Foto Nico Covre I Courtesy MUVE
Norvegese ma cittadino del mondo, l’autore dell’Urlo visita e soggiorna a Parigi, in Germania, in Belgio, in Italia, entrando in contatto con i fermenti di avanguardie e secessioni. Raccoglie gli echi antichi di Goya e Rembrandt, Redon e Toulouse-Lautrec, fino a Van Gogh e Gauguin, alle influenze del Simbolismo e Post-Impressionismo, prima di lasciare il suo segno inconfondibile. Lo spirito nordico, a sua volta, si diffonderà in Europa influenzando le secessioni di Monaco, Vienna, Berlino, di cui Munch sarà protagonista.
In sette capitoli la mostra traccia la mappa di queste relazioni, inseguendo Munch in giro per il continente. A Monaco l’artista incontra Franz von Stuck, interprete di un simbolismo visionario e sensuale, ma anche colleghi italiani come Arturo e Alberto Martini, che qui trovano stimoli decisivi per la loro arte. Nella Berlino fin de siècle i dipinti di Munch fanno scalpore. La sua mostra viene chiusa dopo una settimana tra le stroncature, e questo lo rende molto popolare tra i giovani artisti: la sua presenza in città sarà il detonatore per la nascita della Secessione di Berlino nel 1898. E se in Belgio il simbolismo espressionista del norvegese riecheggia nei dipinti grotteschi di James Ensor, in Italia una sensibilità affine viene rintracciata nelle sculture intense e drammatiche di Adolfo Wildt, negli scenari cupi di Cesare Laurenti, nello spirito ribelle di Ugo Valeri.

Munch. La rivoluzione espressionista. Centro Culturale Candiani, Mestre. Foto Nico Covre I Courtesy MUVE
Ampio spazio è riservato alla grafica, con un significativo approfondimento dedicato all’area tedesca. In particolare, l’esperienza del maestro scandinavo si rivela fondamentale per il gruppo Die Brücke: ispirandosi a lui, artisti come Erich Heckel riscoprono la xilografia e le tecniche incisorie come forma di espressione diretta, essenziale, primitiva. Dopo la Grande Guerra, Otto Dix e Max Beckmann tradurranno il trauma collettivo in immagini ancor più crude e disilluse. Nelle loro opere la figura umana è scavata fino all’osso: non più un grido individuale, ma il riflesso di una società lacerata.
Munch continuerà a esercitare la propria influenza sull’arte europea anche dopo la morte, avvenuta nel 1944. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale le istanze dell’Espressionismo si rintracciano nelle testimonianze degli orrori vissuti in prima persona, in autori come Renato Guttuso, Zoran Musič, Ennio Finzi, Emilio Vedova.
E oggi? Quanto di Munch vive ancora nell’arte contemporanea? L’urlo espressionista, afferma la mostra, è ben lontano dal dissolversi e si leva alto di fronte agli orrori dell’attualità: nei teschi di Mike Nelson e nei mondi mostruosi di Brad Kahlhamer - dono recente di Gemma De Angelis Testa al Comune di Venezia per Ca’ Pesaro - nelle tragedie della guerra di Jugoslavia portate in scena da Marina Abramović, nella denuncia appassionata di Shirin Neshat, incisa sulla pelle e sul destino del popolo iraniano.

Munch. La rivoluzione espressionista. Centro Culturale Candiani, Mestre. Foto Nico Covre I Courtesy MUVE
Leggi anche:
• Marina Abramović: 80 ragioni per una mostra a Venezia
• L'onda lunga di Munch è in arrivo a Mestre
“Munch è il suo tempo, ed è il nostro. Perché quell’urlo espressionista che nasce dal corpo e rende l’arte totalizzante, carica di dolore, memoria, denuncia, non si è mai esaurito”, si legge nella presentazione del progetto. Il pittore venuto dal Nord diventa perciò un’eccellente guida per esplorare l’arte del XX e XXI secolo nelle sale rinnovate del museo. Cuore del percorso sono quattro preziose opere di Munch provenienti dalle collezioni della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro - Angoscia, L'urna, La fanciulla e la morte, Ceneri - che ben rappresentano la sua vicinanza all’Espressionismo: il punto di partenza per scoprire l’artista nel suo contesto, nei suoi legami con artisti e letterati della sua epoca, a partire da Ibsen, del quale Munch illustrerà le opere teatrali.

Munch. La rivoluzione espressionista. Centro Culturale Candiani, Mestre. Foto Nico Covre I Courtesy MUVE
Norvegese ma cittadino del mondo, l’autore dell’Urlo visita e soggiorna a Parigi, in Germania, in Belgio, in Italia, entrando in contatto con i fermenti di avanguardie e secessioni. Raccoglie gli echi antichi di Goya e Rembrandt, Redon e Toulouse-Lautrec, fino a Van Gogh e Gauguin, alle influenze del Simbolismo e Post-Impressionismo, prima di lasciare il suo segno inconfondibile. Lo spirito nordico, a sua volta, si diffonderà in Europa influenzando le secessioni di Monaco, Vienna, Berlino, di cui Munch sarà protagonista.
In sette capitoli la mostra traccia la mappa di queste relazioni, inseguendo Munch in giro per il continente. A Monaco l’artista incontra Franz von Stuck, interprete di un simbolismo visionario e sensuale, ma anche colleghi italiani come Arturo e Alberto Martini, che qui trovano stimoli decisivi per la loro arte. Nella Berlino fin de siècle i dipinti di Munch fanno scalpore. La sua mostra viene chiusa dopo una settimana tra le stroncature, e questo lo rende molto popolare tra i giovani artisti: la sua presenza in città sarà il detonatore per la nascita della Secessione di Berlino nel 1898. E se in Belgio il simbolismo espressionista del norvegese riecheggia nei dipinti grotteschi di James Ensor, in Italia una sensibilità affine viene rintracciata nelle sculture intense e drammatiche di Adolfo Wildt, negli scenari cupi di Cesare Laurenti, nello spirito ribelle di Ugo Valeri.

Munch. La rivoluzione espressionista. Centro Culturale Candiani, Mestre. Foto Nico Covre I Courtesy MUVE
Ampio spazio è riservato alla grafica, con un significativo approfondimento dedicato all’area tedesca. In particolare, l’esperienza del maestro scandinavo si rivela fondamentale per il gruppo Die Brücke: ispirandosi a lui, artisti come Erich Heckel riscoprono la xilografia e le tecniche incisorie come forma di espressione diretta, essenziale, primitiva. Dopo la Grande Guerra, Otto Dix e Max Beckmann tradurranno il trauma collettivo in immagini ancor più crude e disilluse. Nelle loro opere la figura umana è scavata fino all’osso: non più un grido individuale, ma il riflesso di una società lacerata.
Munch continuerà a esercitare la propria influenza sull’arte europea anche dopo la morte, avvenuta nel 1944. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale le istanze dell’Espressionismo si rintracciano nelle testimonianze degli orrori vissuti in prima persona, in autori come Renato Guttuso, Zoran Musič, Ennio Finzi, Emilio Vedova.
E oggi? Quanto di Munch vive ancora nell’arte contemporanea? L’urlo espressionista, afferma la mostra, è ben lontano dal dissolversi e si leva alto di fronte agli orrori dell’attualità: nei teschi di Mike Nelson e nei mondi mostruosi di Brad Kahlhamer - dono recente di Gemma De Angelis Testa al Comune di Venezia per Ca’ Pesaro - nelle tragedie della guerra di Jugoslavia portate in scena da Marina Abramović, nella denuncia appassionata di Shirin Neshat, incisa sulla pelle e sul destino del popolo iraniano.

Munch. La rivoluzione espressionista. Centro Culturale Candiani, Mestre. Foto Nico Covre I Courtesy MUVE
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