Notturno
Dal 01 Febbraio 2023 al 04 Febbraio 2023
Bologna
Luogo: Palazzo Hercolani
Indirizzo: Str. Maggiore 45
Curatori: Domenico de Chirico
Dal 1º al 4 Febbraio 2023, nel prestigioso Palazzo Hercolani di Bologna, presso gli straordinari spazi di Zefyro e Silaw Tax & Legal, in occasione dell'edizione 2023 di Arte Fiera Bologna, lo studio ospita la mostra collettiva “Notturno” con opere di Martina Cassatella, Carlo Cossignani, Mariano Franzetti, Ipnose Studio, J&PEG e Dario Picariello, a cura di Domenico de Chirico.
Insediandosi in quel lasso di tempo compreso tra la fine del crepuscolo e l'inizio dell'alba, facendo altresì riferimento alla sua genesi etimologica mediante un excursus immaginifico che si dipana visibilmente in maniera emancipata, articolata e meticolosa, “Notturno” si affida a ciò che Friedrich Nietzsche asserisce nel suo primo saggio eminentemente filosofico, pubblicato in due parti tra il 1878 e il 1879, il cui titolo è “Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi”, ovvero: «appena sopraggiunge la notte, il nostro sentimento delle cose prossime cambia.
C'è il vento, che si aggira per vie proibite, sussurrando, come cercando qualcosa, irritato di non trovarlo.
C'è la luce della lampada dal cupo bagliore rossastro, che guarda stanca e che lotta riluttante contro la notte, schiava impaziente dell'uomo desto.
C'è il respiro del dormiente, il suo orrido ritmo, per il quale una cura sempre ritornante sembra suonare la melodia, noi non la udiamo, ma quando il petto del dormiente si solleva, ci sentiamo stringere il cuore, e quando il respiro si abbassa e quasi si spegne in una quiete mortale, noi ci diciamo “riposa un poco, povero spirito tormentato!” Noi auguriamo a ogni vivente, perché vive così penosamente, un'eterna quiete; la notte persuade alla morte. Se gli uomini facessero a meno del sole e conducessero con luce lunare e lume a olio la lotta contro la notte, quale filosofia mai li avvolgerebbe con il suo velo?
Già troppo infatti si nota dalla natura intellettuale e spirituale dell'uomo, come essa sia in complesso offuscata dalla metà di oscurità e privazione di sole, onde la vita viene ricoperta».
Secondo tali precetti, tra determinazioni e incertezze, solerzia e inoperosità prende forma “Notturno”, un proscenio affidato agli artisti qui invitati, nel tentativo di ricreare la fioca caducità tipica del suddetto lasso temporale: tra sussurri alle madri, ai loro gesti e movenze, riferimenti alla mimica pastorale, ai simboli preistorici e alla scoperta delle neuroscienze, spingendosi sino all'instancabile ricerca di un linguaggio comune che possa decantare l'umanità all’ unisono, al di là del bene e del male.
Le mani e i filamenti onnipresenti nelle opere di Martina Cassatella vacillano tra l'atto primordiale concepito unicamente come l'avvento egemone di luce pura e inondante che depone le sue origini finanche nella tenebra prima ancora che nella luce stessa, pura e abbacinante, e nella reazione che tale incontro luminoso sobilla. La sua realtà pittorica è interamente costituita da questo alternarsi, in cui la luce si proclama in quanto tale solo grazie all'imene, quello dannunziano, che sovente si presenta come inestricabile tra essa e il buio, inondazione di vita che necessita di costanti salite e discese, implosioni ed esplosioni, canti e lamenti.
Corporee e aeriformi, le immagini di Carlo Cossignani si costruiscono intorno ad un sottile dialogo con il vuoto, intenso come sostanza in vigoroso divenire. Il vuoto è il soggetto che domina e plasma la serie dei lavori più recenti dove le forme si definiscono nella loro dualità tra presenza ed assenza, luce ed ombra, placido sonno e irrequieta veglia. Questi lavori, dal carattere fortemente psicologico, si risolvono nell’incontro e, al tempo stesso, nella distanza che separa i diversi frammenti che li compongono. É in questo fragile equilibrio tra le parti che si accede a quella dimensione di realtà del percepito, dove le apparenze lasciano il posto alle somiglianze, quella somiglianza cara a Gilles Deleuze nella sua Logica della Sensazione, dove i soggetti si spogliano di ogni resistenza lasciandosi modellare da presenze impercettibili così da renderli compiuti, laddove un ordine di uguaglianza lascia spazio a un ordine di somiglianza. Difatti, ogni spazio vuoto o incompleto sottintende anch’esso la traccia di una somiglianza perduta in attesa di essere compiuta dallo sguardo di chi la osserva; appellandosi sovente sia alla dottrina cosiddetta del dualismo sia alla morfologia degli orpelli rinascimentali, la pratica artistica di Mariano Franzetti interpreta l'arte figurativa in chiave moderna, con soggetti contemporanei appartenenti al mondo reale, allestiti in tableau vivant colmi di simbolismi e allusioni. Il grottesco in salsa fashion – ugly but cool – della serie Trickynauta è un flusso libero che assume le sembianze di figure dalle espressioni e movenze distorte, mai a loro agio né perfettamente collocate nello spazio, soggetti dalle fattezze irregolari, esasperate, a metà tra orrorifico e caricaturale ma, proprio per questo, esemplificativi di una bellezza non convenzionale, lontana dai canoni impostisi col tempo nell’arte, che ben riflette le contraddizioni della realtà odierna. Un universo visivo stravagante, difforme, pervaso di ironia e disincanto. I meravigliosi perdenti del creativo si stagliano su disegni, dipinti policromi o grandi arazzi dalle tonalità pop oppure prendono forma in bassorilievi e scoolture di varie dimensioni, singole o disposte a gruppo, impilate per comporre piramidi dall’aspetto alquanto precario. Impegnati nelle attività più disparate, fissati in atteggiamenti da poser vanesi o in posizioni equivoche che sovente fanno il verso ai topoi tipici dell’iconografia classica.
Ipnose Studio, pseudonimo ideato e diretto da Roberto Delvoi, alla luce di un'esperienza più che decennale nel campo audiovisivo, accoglie la sfida di realizzare video d'arte come tributo alla persistenza del tempo, in opposizione alla sua fugacità, caratteristica tipica dei tempi che corrono, con l'intento di sviluppare una ricerca dal carattere puramente visionario, adatta al futuro; l'approccio estetico fortemente identitario del duo artistico J&PEG, formato da Antonio Managò e Simone Zecubi, nasce essenzialmente da un riconoscimento del mondo reale attraverso gli occhi della rete, quell'emisfero, quest'ultimo, in cui l'oggetto, fonte di ardente bramosia, diventa protagonista indiscusso e in cui, per dirla con l'intellettuale francese Guy Debord, a proposito del suo saggio intitolato La società dello spettacolo: «la prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale aveva determinato nella definizione di ogni realizzazione umana un’evidente degradazione dell’essere in avere. La fase presente dell’occupazione totale della vita sociale da parte dei risultati accumulati dell’economia conduce a uno slittamento generalizzato dell’avere nell’apparire, da cui ogni “avere” effettivo deve trarre il suo prestigio immediato e la sua funzione ultima»; impregnata di demologia, in bilico tra sacro e profano e fisico e digitale, la pratica artistica di Dario Picariello si orienta nell’ambito della meta-fotografia, realizzando installazioni e interventi sulle immagini, come il ricamo e il glitch. La sua ricerca prende spunto dall’interesse per il “basso”, materiale e corporeo, indagando il rapporto che intercorre tra le identità, costantemente in transito, e le loro possibili rappresentazioni. Picariello si prodiga per costruire una mitologia del proprio territorio, affrontando sia il tema dell’identità sia quello dell’appartenenza mediante l’utilizzo degli archivi personali e digitali come materia prima, rinunciando consapevolmente a una mera ricostruzione archeologica del passato per affrontare la propria autobiografia come strumento di proiezione verso il presente e volta alla collettività.
La mostra è supportata da ZEFYRO, merchant holding indipendente fondata da Alessandro Tempera, che investe nel settore dell’ambiente, dell’agri food tech, del healthcare e Silaw Tax & Legal, studio legale con sedi a Bologna, Roma e Milano nelle persone dei partner bolognesi Avv. Marco Caroppo, Avv. Laura Recchioni, Avv. Matteo Sapienza.
Insediandosi in quel lasso di tempo compreso tra la fine del crepuscolo e l'inizio dell'alba, facendo altresì riferimento alla sua genesi etimologica mediante un excursus immaginifico che si dipana visibilmente in maniera emancipata, articolata e meticolosa, “Notturno” si affida a ciò che Friedrich Nietzsche asserisce nel suo primo saggio eminentemente filosofico, pubblicato in due parti tra il 1878 e il 1879, il cui titolo è “Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi”, ovvero: «appena sopraggiunge la notte, il nostro sentimento delle cose prossime cambia.
C'è il vento, che si aggira per vie proibite, sussurrando, come cercando qualcosa, irritato di non trovarlo.
C'è la luce della lampada dal cupo bagliore rossastro, che guarda stanca e che lotta riluttante contro la notte, schiava impaziente dell'uomo desto.
C'è il respiro del dormiente, il suo orrido ritmo, per il quale una cura sempre ritornante sembra suonare la melodia, noi non la udiamo, ma quando il petto del dormiente si solleva, ci sentiamo stringere il cuore, e quando il respiro si abbassa e quasi si spegne in una quiete mortale, noi ci diciamo “riposa un poco, povero spirito tormentato!” Noi auguriamo a ogni vivente, perché vive così penosamente, un'eterna quiete; la notte persuade alla morte. Se gli uomini facessero a meno del sole e conducessero con luce lunare e lume a olio la lotta contro la notte, quale filosofia mai li avvolgerebbe con il suo velo?
Già troppo infatti si nota dalla natura intellettuale e spirituale dell'uomo, come essa sia in complesso offuscata dalla metà di oscurità e privazione di sole, onde la vita viene ricoperta».
Secondo tali precetti, tra determinazioni e incertezze, solerzia e inoperosità prende forma “Notturno”, un proscenio affidato agli artisti qui invitati, nel tentativo di ricreare la fioca caducità tipica del suddetto lasso temporale: tra sussurri alle madri, ai loro gesti e movenze, riferimenti alla mimica pastorale, ai simboli preistorici e alla scoperta delle neuroscienze, spingendosi sino all'instancabile ricerca di un linguaggio comune che possa decantare l'umanità all’ unisono, al di là del bene e del male.
Le mani e i filamenti onnipresenti nelle opere di Martina Cassatella vacillano tra l'atto primordiale concepito unicamente come l'avvento egemone di luce pura e inondante che depone le sue origini finanche nella tenebra prima ancora che nella luce stessa, pura e abbacinante, e nella reazione che tale incontro luminoso sobilla. La sua realtà pittorica è interamente costituita da questo alternarsi, in cui la luce si proclama in quanto tale solo grazie all'imene, quello dannunziano, che sovente si presenta come inestricabile tra essa e il buio, inondazione di vita che necessita di costanti salite e discese, implosioni ed esplosioni, canti e lamenti.
Corporee e aeriformi, le immagini di Carlo Cossignani si costruiscono intorno ad un sottile dialogo con il vuoto, intenso come sostanza in vigoroso divenire. Il vuoto è il soggetto che domina e plasma la serie dei lavori più recenti dove le forme si definiscono nella loro dualità tra presenza ed assenza, luce ed ombra, placido sonno e irrequieta veglia. Questi lavori, dal carattere fortemente psicologico, si risolvono nell’incontro e, al tempo stesso, nella distanza che separa i diversi frammenti che li compongono. É in questo fragile equilibrio tra le parti che si accede a quella dimensione di realtà del percepito, dove le apparenze lasciano il posto alle somiglianze, quella somiglianza cara a Gilles Deleuze nella sua Logica della Sensazione, dove i soggetti si spogliano di ogni resistenza lasciandosi modellare da presenze impercettibili così da renderli compiuti, laddove un ordine di uguaglianza lascia spazio a un ordine di somiglianza. Difatti, ogni spazio vuoto o incompleto sottintende anch’esso la traccia di una somiglianza perduta in attesa di essere compiuta dallo sguardo di chi la osserva; appellandosi sovente sia alla dottrina cosiddetta del dualismo sia alla morfologia degli orpelli rinascimentali, la pratica artistica di Mariano Franzetti interpreta l'arte figurativa in chiave moderna, con soggetti contemporanei appartenenti al mondo reale, allestiti in tableau vivant colmi di simbolismi e allusioni. Il grottesco in salsa fashion – ugly but cool – della serie Trickynauta è un flusso libero che assume le sembianze di figure dalle espressioni e movenze distorte, mai a loro agio né perfettamente collocate nello spazio, soggetti dalle fattezze irregolari, esasperate, a metà tra orrorifico e caricaturale ma, proprio per questo, esemplificativi di una bellezza non convenzionale, lontana dai canoni impostisi col tempo nell’arte, che ben riflette le contraddizioni della realtà odierna. Un universo visivo stravagante, difforme, pervaso di ironia e disincanto. I meravigliosi perdenti del creativo si stagliano su disegni, dipinti policromi o grandi arazzi dalle tonalità pop oppure prendono forma in bassorilievi e scoolture di varie dimensioni, singole o disposte a gruppo, impilate per comporre piramidi dall’aspetto alquanto precario. Impegnati nelle attività più disparate, fissati in atteggiamenti da poser vanesi o in posizioni equivoche che sovente fanno il verso ai topoi tipici dell’iconografia classica.
Ipnose Studio, pseudonimo ideato e diretto da Roberto Delvoi, alla luce di un'esperienza più che decennale nel campo audiovisivo, accoglie la sfida di realizzare video d'arte come tributo alla persistenza del tempo, in opposizione alla sua fugacità, caratteristica tipica dei tempi che corrono, con l'intento di sviluppare una ricerca dal carattere puramente visionario, adatta al futuro; l'approccio estetico fortemente identitario del duo artistico J&PEG, formato da Antonio Managò e Simone Zecubi, nasce essenzialmente da un riconoscimento del mondo reale attraverso gli occhi della rete, quell'emisfero, quest'ultimo, in cui l'oggetto, fonte di ardente bramosia, diventa protagonista indiscusso e in cui, per dirla con l'intellettuale francese Guy Debord, a proposito del suo saggio intitolato La società dello spettacolo: «la prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale aveva determinato nella definizione di ogni realizzazione umana un’evidente degradazione dell’essere in avere. La fase presente dell’occupazione totale della vita sociale da parte dei risultati accumulati dell’economia conduce a uno slittamento generalizzato dell’avere nell’apparire, da cui ogni “avere” effettivo deve trarre il suo prestigio immediato e la sua funzione ultima»; impregnata di demologia, in bilico tra sacro e profano e fisico e digitale, la pratica artistica di Dario Picariello si orienta nell’ambito della meta-fotografia, realizzando installazioni e interventi sulle immagini, come il ricamo e il glitch. La sua ricerca prende spunto dall’interesse per il “basso”, materiale e corporeo, indagando il rapporto che intercorre tra le identità, costantemente in transito, e le loro possibili rappresentazioni. Picariello si prodiga per costruire una mitologia del proprio territorio, affrontando sia il tema dell’identità sia quello dell’appartenenza mediante l’utilizzo degli archivi personali e digitali come materia prima, rinunciando consapevolmente a una mera ricostruzione archeologica del passato per affrontare la propria autobiografia come strumento di proiezione verso il presente e volta alla collettività.
La mostra è supportata da ZEFYRO, merchant holding indipendente fondata da Alessandro Tempera, che investe nel settore dell’ambiente, dell’agri food tech, del healthcare e Silaw Tax & Legal, studio legale con sedi a Bologna, Roma e Milano nelle persone dei partner bolognesi Avv. Marco Caroppo, Avv. Laura Recchioni, Avv. Matteo Sapienza.
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