Il dono dell’Assoluto
Venturino Venturi, Ventre, scultura in bronzo, 1961
Dal 10 Aprile 2012 al 30 Maggio 2012
Fiesole | Firenze
Luogo: Sala del Basolato del Municipio, Museo Bandini
Indirizzo: via Dupré 1
Orari: 10-19; chiuso il lunedì e martedì
Costo del biglietto: intero euro 5 ; ridotto euro 3
Telefono per informazioni: +39 055 5961293
E-Mail info: info@ambranepicomunicazione
Sito ufficiale: http://www.museidifiesole.it
Fiesole, Pontassieve e Prato dedicano tre mostre a Venturino
a dieci anni dalla sua morte
In “ricordo di Venturino”, a dieci anni dalla sua morte, si apriranno al pubblico nel mese di aprile tre mostre a Fiesole, Pontassieve e Prato volte a riproporre la figura dell’artista, tra i più significativi del Novecento in Toscana.
Le tre esposizioni fanno parte di una serie di iniziative - mostre, incontri e pubblicazioni - nel segno di Venturino (1918 – 2002).
Se la prima mostra a Fiesole indaga il rapporto dell’artista con il sacro, la seconda a Pontassieve verte su un anno cruciale della sua vita, il 1958, quando ricoverato nell’ospedale psichiatrico di San Salvi, riprende a disegnare avviandosi alla guarigione. Sono di questo momento i suoi straordinari Pinocchi che riescono a restituirci l’anima di questa immortale creatura. A Prato saranno invece esposte le opere di soggetto sacro acquisite per il Museo dell’Opera del Duomo e per il Palazzo Vescovile.
“Venturino Venturi è senza dubbio”, scrive Antonio Natali direttore della Galleria degli Uffizi, “uno dei non molti artisti italiani che possa vantare una dimensione internazionale. Lo asserisco a dispetto d’una considerazione di lui, talora, paradossalmente, appena regionalistica. Proprio in virtù d’un siffatto convincimento tre anni or sono un suo lirico bronzo del 1952 è entrato agli Uffizi, nell’aula severa della chiesa di San Pier Scheraggio – dimora attuale dell’espressione del Novecento - dove sono cinque i lavori del secolo passato di Corrado Cagli, Marino Marini, Renato Guttuso, Alberto Burri e infine la Donna seduta di Venturino. Artefici reputati tutti di caratura internazionale”.
La mostra “Il dono dell’assoluto. Venturino Venturi a Fiesole” - 12 aprile, 30 maggio 2012 - fa parte delle iniziative previste per il ventennale della morte di padre Ernesto Balducci, a cui Venturino fu legato da profonda amicizia. Quattro le sedi in cui si terrà l’esposizione: Sala del Basolato del Comune di Fiesole, dove saranno esposte la maggior parte delle opere, Museo Bandini, Seminario Arcivescovile e Badia Fiesolana. Organizzata dal Comune di Fiesole con la Fondazione Ernesto Balducci e l’Archivio Venturino Venturi, curata da Antonino Caleca e Lucia Fiaschi, la mostra indaga il rapporto dell’artista con il sacro attraverso 40 opere tra sculture (bronzi e cementi) e dipinti, tra cui alcuni inediti.
“Venturino lavora i suoi molti materiali: il cemento, la pietra, il marmo, il legno; segna la carta con rivoli densi di inchiostro e sempre è immerso nella dimensione del divino”, scrive Lucia Fiaschi in catalogo. “È dalla terra e dall’umanità che nasce la sua fede; ogni traccia di scalpello sulla pietra, ogni segno di matita sulla carta lo ricongiungono a Dio, presente all’umanità in ogni atto creativo”.
In Venturino il divino si manifesta nella creazione continua e la sua opera ne dà conto.
Le opere scelte per la mostra, documentano cinquanta anni della sua vicenda artistica, dal 1946 alla fine degli anni Novanta. A partire dal Buon pastore del ’46, un gesso inedito di cui la versione in marmo si trova a Manila, alla Donna seduta un bronzo del 1952, oggi agli Uffizi e per questa occasione al Museo Bandini, al Ventre in bronzo del 1961 del Museo Venturino Venturi di Loro Ciuffenna, al Cristo in Croce del 1967 che raccolse il plauso di Giovanni Michelucci, all’Ecce Homo del 1981 una scultura in legno d’ulivo (esposta nel presbiterio della Badia Fiesolana) sino ai Progenitori del 1992 (collocati sul Sagrato della Badia), un bronzo a grandezza naturale mai esposto prima d’ora dell’Archivio Venturino Venturi.
Non è possibile distinguere in Venturino una stagione astratta da una figurativa e alla luce di questo sono comprensibili quei tuffi, cosi radicali nella figura, soprattutto se sacra, intensamente indagata nelle carte degli anni 80 e 90, in mostra, oppure quelle sculture sottratte alla consistenza stessa della natura come Madre, un tronco di legno appena tracciato, o il capolavoro Mani del 1971, un cemento segnato solo dalle impronte delle mani dell’artista.
Il 14 aprile sarà la volta della mostra “Venturino Venturi 1958” nella Sala delle Colonne a Pontassieve, organizzata dal Comune con l’Archivio Venturino Venturi, che indaga un anno cruciale della vita e della produzione dell’artista, il 1958, quando Venturino riprendere la propria attività dopo la crisi depressiva che lo aveva colto al termine dell’impresa del Parco di Collodi nel 1956. Ancora ricoverato nell’ospedale psichiatrico di San Salvi a Firenze, i medici gli concessero di disegnare e così si avviò alla guarigione.
In mostra a Pontassieve una selezione di 17 grandi dipinti su carta a tempera e matita a cera, di cui 10 inediti, e il grande Autoritratto in pietra serena. “Venturino a San Salvi ottenne dei grandi fogli di carta, e lì, chino sul pavimento, furiosamente dipinge, disegna, solcando la carta come tante volte aveva solcato la pietra e il cemento”. L’artista vi interviene, spesso con brillanti e drammatici rossi, i cui motivi diverranno di lì a poco quelli del Venturino ‘informale’ dei primi anni Sessanta, con carte segnate da rivoli di denso colore in forma di tracce orizzontali e verticali.
I fogli non hanno limiti di superficie e Venturino vi traccia figure di uomini, donne e cavalli e soprattutto Pinocchio. E’un Pinocchio rappresentato con una forza e una sintesi mai raggiunte prima, un Pinocchio doloroso, alle origini stesse del suo Mito.
Infine, il 20 aprile a Prato, si terrà la presentazione al pubblico delle opere acquisite dalla Diocesi di Prato per il Museo dell’Opera del Duomo e per il Palazzo Vescovile. Si tratta del Vangelo, 44 formelle di gesso e polvere di marmo dipinte a olio della fine degli anni Settanta, e della Via Crucis, 15 lamine in alluminio a sbalzo, degli anni Ottanta. Qui l’artista ha distillato l’espressione essenziale del testo sacro. Sono immagini che suscitano stupore, quasi sconcerto, tanto sono scevre da intellettualismi e ‘semplici’ da capire.
“Se di fronte a molte delle opere di Venturino, siamo in grado di stabilire analogie e confronti, dinanzi ad opere come queste avvertiamo quasi il desiderio di sottrarci ad ogni giudizio estetico, imboccando, quasi senza accorgercene, la via del silenzio”.
a dieci anni dalla sua morte
In “ricordo di Venturino”, a dieci anni dalla sua morte, si apriranno al pubblico nel mese di aprile tre mostre a Fiesole, Pontassieve e Prato volte a riproporre la figura dell’artista, tra i più significativi del Novecento in Toscana.
Le tre esposizioni fanno parte di una serie di iniziative - mostre, incontri e pubblicazioni - nel segno di Venturino (1918 – 2002).
Se la prima mostra a Fiesole indaga il rapporto dell’artista con il sacro, la seconda a Pontassieve verte su un anno cruciale della sua vita, il 1958, quando ricoverato nell’ospedale psichiatrico di San Salvi, riprende a disegnare avviandosi alla guarigione. Sono di questo momento i suoi straordinari Pinocchi che riescono a restituirci l’anima di questa immortale creatura. A Prato saranno invece esposte le opere di soggetto sacro acquisite per il Museo dell’Opera del Duomo e per il Palazzo Vescovile.
“Venturino Venturi è senza dubbio”, scrive Antonio Natali direttore della Galleria degli Uffizi, “uno dei non molti artisti italiani che possa vantare una dimensione internazionale. Lo asserisco a dispetto d’una considerazione di lui, talora, paradossalmente, appena regionalistica. Proprio in virtù d’un siffatto convincimento tre anni or sono un suo lirico bronzo del 1952 è entrato agli Uffizi, nell’aula severa della chiesa di San Pier Scheraggio – dimora attuale dell’espressione del Novecento - dove sono cinque i lavori del secolo passato di Corrado Cagli, Marino Marini, Renato Guttuso, Alberto Burri e infine la Donna seduta di Venturino. Artefici reputati tutti di caratura internazionale”.
La mostra “Il dono dell’assoluto. Venturino Venturi a Fiesole” - 12 aprile, 30 maggio 2012 - fa parte delle iniziative previste per il ventennale della morte di padre Ernesto Balducci, a cui Venturino fu legato da profonda amicizia. Quattro le sedi in cui si terrà l’esposizione: Sala del Basolato del Comune di Fiesole, dove saranno esposte la maggior parte delle opere, Museo Bandini, Seminario Arcivescovile e Badia Fiesolana. Organizzata dal Comune di Fiesole con la Fondazione Ernesto Balducci e l’Archivio Venturino Venturi, curata da Antonino Caleca e Lucia Fiaschi, la mostra indaga il rapporto dell’artista con il sacro attraverso 40 opere tra sculture (bronzi e cementi) e dipinti, tra cui alcuni inediti.
“Venturino lavora i suoi molti materiali: il cemento, la pietra, il marmo, il legno; segna la carta con rivoli densi di inchiostro e sempre è immerso nella dimensione del divino”, scrive Lucia Fiaschi in catalogo. “È dalla terra e dall’umanità che nasce la sua fede; ogni traccia di scalpello sulla pietra, ogni segno di matita sulla carta lo ricongiungono a Dio, presente all’umanità in ogni atto creativo”.
In Venturino il divino si manifesta nella creazione continua e la sua opera ne dà conto.
Le opere scelte per la mostra, documentano cinquanta anni della sua vicenda artistica, dal 1946 alla fine degli anni Novanta. A partire dal Buon pastore del ’46, un gesso inedito di cui la versione in marmo si trova a Manila, alla Donna seduta un bronzo del 1952, oggi agli Uffizi e per questa occasione al Museo Bandini, al Ventre in bronzo del 1961 del Museo Venturino Venturi di Loro Ciuffenna, al Cristo in Croce del 1967 che raccolse il plauso di Giovanni Michelucci, all’Ecce Homo del 1981 una scultura in legno d’ulivo (esposta nel presbiterio della Badia Fiesolana) sino ai Progenitori del 1992 (collocati sul Sagrato della Badia), un bronzo a grandezza naturale mai esposto prima d’ora dell’Archivio Venturino Venturi.
Non è possibile distinguere in Venturino una stagione astratta da una figurativa e alla luce di questo sono comprensibili quei tuffi, cosi radicali nella figura, soprattutto se sacra, intensamente indagata nelle carte degli anni 80 e 90, in mostra, oppure quelle sculture sottratte alla consistenza stessa della natura come Madre, un tronco di legno appena tracciato, o il capolavoro Mani del 1971, un cemento segnato solo dalle impronte delle mani dell’artista.
Il 14 aprile sarà la volta della mostra “Venturino Venturi 1958” nella Sala delle Colonne a Pontassieve, organizzata dal Comune con l’Archivio Venturino Venturi, che indaga un anno cruciale della vita e della produzione dell’artista, il 1958, quando Venturino riprendere la propria attività dopo la crisi depressiva che lo aveva colto al termine dell’impresa del Parco di Collodi nel 1956. Ancora ricoverato nell’ospedale psichiatrico di San Salvi a Firenze, i medici gli concessero di disegnare e così si avviò alla guarigione.
In mostra a Pontassieve una selezione di 17 grandi dipinti su carta a tempera e matita a cera, di cui 10 inediti, e il grande Autoritratto in pietra serena. “Venturino a San Salvi ottenne dei grandi fogli di carta, e lì, chino sul pavimento, furiosamente dipinge, disegna, solcando la carta come tante volte aveva solcato la pietra e il cemento”. L’artista vi interviene, spesso con brillanti e drammatici rossi, i cui motivi diverranno di lì a poco quelli del Venturino ‘informale’ dei primi anni Sessanta, con carte segnate da rivoli di denso colore in forma di tracce orizzontali e verticali.
I fogli non hanno limiti di superficie e Venturino vi traccia figure di uomini, donne e cavalli e soprattutto Pinocchio. E’un Pinocchio rappresentato con una forza e una sintesi mai raggiunte prima, un Pinocchio doloroso, alle origini stesse del suo Mito.
Infine, il 20 aprile a Prato, si terrà la presentazione al pubblico delle opere acquisite dalla Diocesi di Prato per il Museo dell’Opera del Duomo e per il Palazzo Vescovile. Si tratta del Vangelo, 44 formelle di gesso e polvere di marmo dipinte a olio della fine degli anni Settanta, e della Via Crucis, 15 lamine in alluminio a sbalzo, degli anni Ottanta. Qui l’artista ha distillato l’espressione essenziale del testo sacro. Sono immagini che suscitano stupore, quasi sconcerto, tanto sono scevre da intellettualismi e ‘semplici’ da capire.
“Se di fronte a molte delle opere di Venturino, siamo in grado di stabilire analogie e confronti, dinanzi ad opere come queste avvertiamo quasi il desiderio di sottrarci ad ogni giudizio estetico, imboccando, quasi senza accorgercene, la via del silenzio”.
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