Osservazione della natura in stato di quiete. L’opera tra aura e condivisione
Dal 29 Settembre 2012 al 03 Novembre 2012
Firenze
Luogo: Museo Marino Marini
Indirizzo: piazza San Pancrazio
Orari: 10-17; chiuso domenica e martedì
Curatori: Paola Bortolotti
Costo del biglietto: intero euro 4, ridotto euro 2
Telefono per informazioni: +39 055 219432
E-Mail info: info@museomarinomarini.it
Sito ufficiale: http://www.museomarinomarini.it
Il 28 settembre 2012 si inaugura al Museo Marino Marini una mostra collettiva, a cura di Paola Bortolotti, che vuole offrire un approfondimento di studio sulla maniera in cui gli artisti affrontano - nel nostro tempo che è quello di Internet - la sfida della rappresentazione del reale, in un mondo sempre più saturo di immagini. Una mostra che illustrerà come la natura sia interpretata oggi nella produzione artistica, indagando sull’intenzione rappresentativa, e che vuole essere anche un omaggio sia al lavoro artistico, sia all’impegno sociale di Piero Gilardi e di Virgilio Sieni.
Un evento artistico che attraverso un confronto tra varie opere, e differenti media, riproporrà l’interrogativo su cosa sia oggi quella caratteristica di unicità, se persiste, quell’alone dell’opera “originale” cui si riferiva Walter Benjamin (Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, 1936), e ne suggerisca una interpretazione attualizzata.
Secondo il pensiero di Benjamin, tecniche come il cinema e la fotografia invalidavano la concezione tradizionale di autenticità dell'opera d'arte. A distanza di oltre settant’anni, nell’epoca della Rete e della post produzione, il problema si pone ancora? E in quale maniera? L’artista crea una realtà a se stante, non più una rappresentazione dell’oggetto reale, e non è incline a dare un significato definitivo alle immagini. L’arte non copia la natura e il concetto tende a coincidere con la realtà. Ma anche se questo processo del pensare per immagini artificiali si è profondamente radicato nell’idea di estetica, cosa rende oggi plausibilità ad un’opera per chiamarla arte?
La società stessa è un repertorio di forme e di immagini, suggerisce Nicolas Bourriaud (Post production. La culture comme scénario: comment l’art reprogramme le monde contemporain, 2004). In un passaggio di questo saggio lo studioso scrive: “Sta a noi...giudicare le opere d’arte in funzione dei rapporti che producono all’interno del contesto specifico nel quale si manifestano. Perché l’arte è un’attività che consiste nel produrre rapporti con il mondo, e nel materializzare - in una forma o nell’altra - le sue relazioni con lo spazio e col tempo”.
Bourriaud vuole suggerire che ogni vero artista è a conoscenza delle esperienze e delle scelte iconografiche precedenti alle proprie, quindi è predisposto a usare e rielaborare forme e linguaggi noti, non necessariamente deve inventarne dei nuovi, anche quando ha a disposizione materiali e macchinari innovativi. E’ l’opera, quindi, che fa rete e resta mezzo di comunicazione, link tra passato e presente, portando un valore aggiunto di indicazioni sul futuro. E’ quanto sarà palese osservando le opere di Michele Chiossi, Rolando Deval, Piero Gilardi, Luciana Majoni, Giovanni Ozzola, Cristiana Palandri, Daniela Perego, Caterina Sbrana,Virgilio Sieni, Deva Wolfram.
La mostra collettiva “Osservazione della natura in stato di quiete. L’opera tra aura e condivisione” analizzerà attraverso media diversi - dalla fotografia analogica alla digitale, dal video alla performance, dalla pittura al disegno, alla scultura e l’installazione - come l’arte oggi produce e rielabora questo rapporto con il mondo contemporaneo, come si relaziona con questo e quindi con la natura delle cose, e infine cosa ha sostituito il concetto di aura nel XXI secolo.
Un evento artistico che attraverso un confronto tra varie opere, e differenti media, riproporrà l’interrogativo su cosa sia oggi quella caratteristica di unicità, se persiste, quell’alone dell’opera “originale” cui si riferiva Walter Benjamin (Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, 1936), e ne suggerisca una interpretazione attualizzata.
Secondo il pensiero di Benjamin, tecniche come il cinema e la fotografia invalidavano la concezione tradizionale di autenticità dell'opera d'arte. A distanza di oltre settant’anni, nell’epoca della Rete e della post produzione, il problema si pone ancora? E in quale maniera? L’artista crea una realtà a se stante, non più una rappresentazione dell’oggetto reale, e non è incline a dare un significato definitivo alle immagini. L’arte non copia la natura e il concetto tende a coincidere con la realtà. Ma anche se questo processo del pensare per immagini artificiali si è profondamente radicato nell’idea di estetica, cosa rende oggi plausibilità ad un’opera per chiamarla arte?
La società stessa è un repertorio di forme e di immagini, suggerisce Nicolas Bourriaud (Post production. La culture comme scénario: comment l’art reprogramme le monde contemporain, 2004). In un passaggio di questo saggio lo studioso scrive: “Sta a noi...giudicare le opere d’arte in funzione dei rapporti che producono all’interno del contesto specifico nel quale si manifestano. Perché l’arte è un’attività che consiste nel produrre rapporti con il mondo, e nel materializzare - in una forma o nell’altra - le sue relazioni con lo spazio e col tempo”.
Bourriaud vuole suggerire che ogni vero artista è a conoscenza delle esperienze e delle scelte iconografiche precedenti alle proprie, quindi è predisposto a usare e rielaborare forme e linguaggi noti, non necessariamente deve inventarne dei nuovi, anche quando ha a disposizione materiali e macchinari innovativi. E’ l’opera, quindi, che fa rete e resta mezzo di comunicazione, link tra passato e presente, portando un valore aggiunto di indicazioni sul futuro. E’ quanto sarà palese osservando le opere di Michele Chiossi, Rolando Deval, Piero Gilardi, Luciana Majoni, Giovanni Ozzola, Cristiana Palandri, Daniela Perego, Caterina Sbrana,Virgilio Sieni, Deva Wolfram.
La mostra collettiva “Osservazione della natura in stato di quiete. L’opera tra aura e condivisione” analizzerà attraverso media diversi - dalla fotografia analogica alla digitale, dal video alla performance, dalla pittura al disegno, alla scultura e l’installazione - come l’arte oggi produce e rielabora questo rapporto con il mondo contemporaneo, come si relaziona con questo e quindi con la natura delle cose, e infine cosa ha sostituito il concetto di aura nel XXI secolo.
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