Mario Sasso. Imago Urbis
Dal 21 Ottobre 2023 al 25 Novembre 2023
Milano
Luogo: PoliArt Contemporary
Indirizzo: Viale Gran Sasso 35
Orari: Martedì e giovedì 15.00 -18.00 Venerdì 10.30 - 13 e 15.30-18.30 Sabato 11-13 Gli altri giorni e in orari diversi per appuntamento
Curatori: Leonardo Conti e Sara Bastianini
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02.70636109
E-Mail info: info@galleriapoliart.com
Sito ufficiale: http://www.galleriapoliart.com
Alla PoliArt Contemporary inaugura Imago Urbis, mostra dedicata a Mario Sasso, artista marchigiano tra i pionieri della videoarte e dell’uso pittorico dei nuovi mezzi espressivi, nati nella televisione dall’inizio degli anni sessanta del secolo scorso. La mostra negli spazi della galleria milanese è incentrata sull’intensissima ricerca recente di Mario Sasso: in circa venti opere di pittura digitale, scelte dal 2010 ad oggi, è un’immagine originalissima, inedita e problematica della città a presentarsi come il centro dell’esposizione e dell’intera poetica dell’artista.
Il talento pittorico e creativo di Sasso lo portano a collaborare stabilmente con la RAI dalla fine degli anni cinquanta, dove nel tempo diventerà il creatore delle prime “sigle” di programmi televisivi. È proprio l’applicazione “elettrica” dei principi compositivi della pittura a renderlo capace di utilizzare i nuovi mezzi che la tecnologica grafica rendeva a poco a poco disponibili. E le motivazioni, da subito, erano quelle che più si sintonizzavano con la sensibilità di un artista emergente come Sasso. L’ideale della formazione di una nuova sensibilità estetica, così forte per tutti gli artisti che vivevano l’esperienza travolgente dello Spazialismo di Lucio Fontana, sembrava porre l’artista marchigiano proprio nel luogo magico in cui ricerca e divulgazione coincidevano: la televisione.
Mario Sasso è da subito consapevole dell’importanza del contesto in cui è venuto a trovarsi e della propria responsabilità come artista, e ha finito per inventare un nuovo modo di concepire la pittura come esperienza di attraversamento “plurimediale”, in cui l’opera è un luogo dinamico di convergenza estetica fondato su un radicale immaginario eclettico. Il fulcro della sua inesausta ricerca, il centro vivo da cui estrarre il senso, ogni senso, per Sasso è la città.
La città è la sua ossessione e la sua passione, di cui nel tempo diviene un cultore integrale. Vi si immerge come un esploratore, per raccoglierne i minimi particolari strappati alla routine d’indefiniti passi. Talvolta sceglie di perdersi nell’ebbrezza febbrile e caotica di una pantagruelica ubriacatura. Vuole esperirne compiutamente l’intensità reale, albeggiante, luminosa e serotina, sino al disseminato abbaglio delle sue notti elettriche. E, poi, la città reale di Mario Sasso smette di esistere. L’immenso giacimento visibile, udibile, sensibile, diviene un’idea, un’intenzione, un’emozione travolgente, persino un simbolo o una mappa, su cui cominciare a edificare una nuova realtà, una nuova città: è la trasformazione del quotidiano nel poetico.
Per la mostra alla PoliArt Contemporary si è scelto di dare conto degli ultimi quindici anni di ricerca, in quella declinazione privilegiata in cui l’artista non ha mai smesso di realizzare quadri, con la sua inedita pittura digitale. Spesso l’origine è la mappa della città. Lo stradario con in nomi delle vie, in cui qualcuno può persino esercitarsi nell’intima vanità dell’immagine reale strappata al simbolo. Ma quella mappa è anche un tracciato stratificato dal tempo, è una collezione di nomi capaci d’evocare miriadi d’emozioni dimenticate e risorgenti, vite, sogni, speranze, riti, amori, ripetizioni di gesti apparentemente insignificanti eppure carichi del respiro di almeno una persona, per quanto dimenticata.
Mario Sasso, con una devozione quasi sacrale, ha guardato, ascoltato, annotato, fotografato, ripreso: ha traghettato su di sé tutto il carico di emozioni che è stato in grado di rivivere nella minuscola particella di tempo che è la vita di un uomo, eppure amplificata da quell’eco dell’eterno che è la sensibilità di un artista. Solo così, da un simile elevarsi, può nascere una nuova realtà e possono nascere i gesti di colore che aggiungono un’imprevista stratificazione sensibile del tempo: la pittura.
Ecco allora le vie che indicano le soglie segrete dell’arte, da cui poter accedere a quell’immaginario segreto che, pur restando ineffabile, viola le porte dell’oblio in cui la vita dei secoli ancora risuona. È su questa materia spirituale e su questo spirito materiale che Mario Sasso ha fondato i più alti esiti della sua ricerca sulla città. Qui sorgono i suoi molti “sanpietrini” danzanti, le oniriche visioni notturne di colori e gesti quasi informali, che sempre trovano vie di fuga verso cui tendere. E ancora, il trascendersi delle dimensioni verso “insediamenti” possibili e inesplorati, oggetti superficiali dentro superfici oggettuali in cui sempre tutto scorre, senza fine.
Completa la mostra un catalogo a cura di Leonardo Conti per le Edizioni PoliArt Contemporary e Eclipse Arte Edizioni.
Opening sabato 21 ottobre alle ore 18
con l’evento di danza contemporanea dedicata alla mostra sulla musica di Paola Samoggia
Il talento pittorico e creativo di Sasso lo portano a collaborare stabilmente con la RAI dalla fine degli anni cinquanta, dove nel tempo diventerà il creatore delle prime “sigle” di programmi televisivi. È proprio l’applicazione “elettrica” dei principi compositivi della pittura a renderlo capace di utilizzare i nuovi mezzi che la tecnologica grafica rendeva a poco a poco disponibili. E le motivazioni, da subito, erano quelle che più si sintonizzavano con la sensibilità di un artista emergente come Sasso. L’ideale della formazione di una nuova sensibilità estetica, così forte per tutti gli artisti che vivevano l’esperienza travolgente dello Spazialismo di Lucio Fontana, sembrava porre l’artista marchigiano proprio nel luogo magico in cui ricerca e divulgazione coincidevano: la televisione.
Mario Sasso è da subito consapevole dell’importanza del contesto in cui è venuto a trovarsi e della propria responsabilità come artista, e ha finito per inventare un nuovo modo di concepire la pittura come esperienza di attraversamento “plurimediale”, in cui l’opera è un luogo dinamico di convergenza estetica fondato su un radicale immaginario eclettico. Il fulcro della sua inesausta ricerca, il centro vivo da cui estrarre il senso, ogni senso, per Sasso è la città.
La città è la sua ossessione e la sua passione, di cui nel tempo diviene un cultore integrale. Vi si immerge come un esploratore, per raccoglierne i minimi particolari strappati alla routine d’indefiniti passi. Talvolta sceglie di perdersi nell’ebbrezza febbrile e caotica di una pantagruelica ubriacatura. Vuole esperirne compiutamente l’intensità reale, albeggiante, luminosa e serotina, sino al disseminato abbaglio delle sue notti elettriche. E, poi, la città reale di Mario Sasso smette di esistere. L’immenso giacimento visibile, udibile, sensibile, diviene un’idea, un’intenzione, un’emozione travolgente, persino un simbolo o una mappa, su cui cominciare a edificare una nuova realtà, una nuova città: è la trasformazione del quotidiano nel poetico.
Per la mostra alla PoliArt Contemporary si è scelto di dare conto degli ultimi quindici anni di ricerca, in quella declinazione privilegiata in cui l’artista non ha mai smesso di realizzare quadri, con la sua inedita pittura digitale. Spesso l’origine è la mappa della città. Lo stradario con in nomi delle vie, in cui qualcuno può persino esercitarsi nell’intima vanità dell’immagine reale strappata al simbolo. Ma quella mappa è anche un tracciato stratificato dal tempo, è una collezione di nomi capaci d’evocare miriadi d’emozioni dimenticate e risorgenti, vite, sogni, speranze, riti, amori, ripetizioni di gesti apparentemente insignificanti eppure carichi del respiro di almeno una persona, per quanto dimenticata.
Mario Sasso, con una devozione quasi sacrale, ha guardato, ascoltato, annotato, fotografato, ripreso: ha traghettato su di sé tutto il carico di emozioni che è stato in grado di rivivere nella minuscola particella di tempo che è la vita di un uomo, eppure amplificata da quell’eco dell’eterno che è la sensibilità di un artista. Solo così, da un simile elevarsi, può nascere una nuova realtà e possono nascere i gesti di colore che aggiungono un’imprevista stratificazione sensibile del tempo: la pittura.
Ecco allora le vie che indicano le soglie segrete dell’arte, da cui poter accedere a quell’immaginario segreto che, pur restando ineffabile, viola le porte dell’oblio in cui la vita dei secoli ancora risuona. È su questa materia spirituale e su questo spirito materiale che Mario Sasso ha fondato i più alti esiti della sua ricerca sulla città. Qui sorgono i suoi molti “sanpietrini” danzanti, le oniriche visioni notturne di colori e gesti quasi informali, che sempre trovano vie di fuga verso cui tendere. E ancora, il trascendersi delle dimensioni verso “insediamenti” possibili e inesplorati, oggetti superficiali dentro superfici oggettuali in cui sempre tutto scorre, senza fine.
Completa la mostra un catalogo a cura di Leonardo Conti per le Edizioni PoliArt Contemporary e Eclipse Arte Edizioni.
Opening sabato 21 ottobre alle ore 18
con l’evento di danza contemporanea dedicata alla mostra sulla musica di Paola Samoggia
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