Anna Maria Fabriani. Riverberi e trame dalla Scuola Romana
Dal 05 Settembre 2024 al 06 Ottobre 2024
Roma
Luogo: Palazzo Merulana
Indirizzo: Via Merulana 121
Orari: Mercoledì - domenica 12 - 20 (ultimo ingresso alle 19)
Curatori: Sabina Ambrogi
Costo del biglietto: Intero euro 12, Ridotto 10
Sito ufficiale: http://www.palazzomerulana.it
Palazzo Merulana, custode di numerosi capolavori della Scuola Romana appartenenti alla Collezione Cerasi, continua insieme a CoopCulture la sua attenta opera di indagine e di valorizzazione di uno dei momenti più interessanti e vitali dell’arte italiana del ‘900 accogliendo, dal 5 settembre al 6 ottobre 2024, la mostra “Anna Maria Fabriani. Riverberi e trame dalla Scuola Romana” a cura di Sabina Ambrogi, con testo critico di Giulia Ambrogi. Per pubblico e critica si tratterà di un’occasione, da un lato, di scoprire il tratto e l’eleganza della ricchissima produzione di un’artista formatasi all’Accademia delle Belle Arti alla fine degli anni ’40 e allieva di Carlo Socrate, che della Scuola Romana fu uno dei massimi esponenti; dall’altro di approfondire la conoscenza di un periodo storico-sociale, quello della patriarcale Italia del Secondo dopoguerra, in cui Fabriani, come forse molte donne dell’epoca, ha coltivato tra le mura domestiche il proprio talento artistico quasi autocensurandosi, senza mai pensare di “essere all’altezza” di rivelarsi al mondo.
È, dunque, la prima volta che viene esposta una selezione del lavoro di Anna Maria Fabriani. Ed è una prima volta resa ancora più preziosa ed emozionante dalla sua età, 100 anni, compiuti alla fine dello scorso giugno. La mostra, frutto di prestiti di privati o di opere appartenenti alla famiglia, inizia dal primo ritratto a Maria Magris, madre della pittrice, databile intorno alla fine degli anni ’40, e giunge fino alla natura morta Limoni e bottiglia di amaro, eseguita nel 2018, cioè fino a quando la pittrice è riuscita a stare in piedi di fronte al cavalletto. L’intera esposizione è frutto di un lavoro di ricerca, recupero e catalogazione, iniziato diversi anni fa, da parte della curatrice. I restauri sono a cura di Cristiana Noci che ha letteralmente riportato alla luce alcune opere come Rosetta (1953) il pezzo più pregiato della collezione, insieme a Grigio su grigio (1958).
L’ARTE CHE COINCIDE CON LA VITA
<<La retrospettiva evidenzia il culto del “lavoro dell’artista" che è forse uno dei tratti più forti che saldano la sua opera al periodo della Scuola Romana, alla frequentazione dell'atelier di Villa Strohl-Fern e al maestro Socrate - scrive la critica Giulia Ambrogi - Un’attitudine nei confronti dell’arte che per Fabriani è stata ambizione di crescere all’interno di esercizi pittorici quotidiani, in una ricerca continua che, non avendo mai avuto l’obiettivo di tradursi in visione pubblica, finisce con il coincidere con la vita stessa. Non si è mai confrontata con il mercato ma neppure ne è stata mai condizionata>>.
Riflessioni che si intrecciano con i ricordi della curatrice Sabina Ambrogi, giornalista, autrice e figlia dell’artista: <<Mia madre aveva a disposizione una casa grande e molti posti per poter dipingere, invece teneva colori pennelli e cavalletto nella sua stanza da letto che era il suo atelier. Sistemava degli stracci e dei fogli di giornale sui vetri e dirigeva la luce naturale sugli oggetti. La pittura era un rito unico, metodico, perfino un accanimento ossessivo, intimamente e forse esclusivamente legato alla luce e alla capacità di dare il volume e determinare le forme. Andava a dormire con l'odore di trementina>>.
Dal maestro Fabriani ha preso forse anche la stessa “sofferta timidezza”, come aveva tratteggiato Efisio Oppo nelle cronache che ne descrivevano le attitudini. Una predisposizione morale che sembra accompagnare anche la produzione della stessa pittrice: capitava che, dopo aver dipinto, grattasse il colore dalla tela con la lametta per poi ricominciare il giorno dopo, ripetendo l’operazione anche per un mese di seguito, fino a trovare il giusto equilibrio. Metodi e percezioni, visioni e composizioni che contribuiscono alla creazione di un tempo sospeso che accompagna le sue opere. Trapela, così, a volte, un’inquietudine latente, quasi un disturbo, anche in soggetti implicitamente rasserenanti di fiori come L'urlo, e frutta La metafisica dei limoni, nella rappresentazioni di azioni misteriose e piene di suspense - Girando l’angolo -, perfino nell’esplosione dei petali delle Peonie di Lella in cui il rosa interno è una specie di rivelazione.
LUCE E INQUADRATURA “CINEMATOGRAFICA”
La produzione artistica di Fabriani si divide in due fasi. La prima inizia verso la fine degli anni '40 e si interrompe negli anni '70. La seconda risale al 1997, subito dopo la morte del marito Silvano Ambrogi, e dura fino al 2018. Interruzione di un'attività e di un ragionamento artistico capace, tuttavia, di ripartire arricchito da nuove visioni contemporanee. Persino di inquadrature cinematografiche come per lo Scorfano, Colazione in Calabria, oppure con Campo e Controcampo a Migliarino, due dipinti concepiti proprio come due fotogrammi di un film e oggetto di una stessa visione. Come sottolinea anche Vladan Radovic, fra i direttori della fotografia più accreditati in Italia: <<Anna Maria Fabriani sembra ricalcare nel suo mestiere di pittrice quello della direzione della fotografia, adottando una direzione della luce decisa, con una morbidezza unica gentile, sottile, che crea un dialogo silenzioso con le ombre, tra la realtà e l’immaginazione. Spesso nelle sue opere risalta un punto di vista cinematografico con delle prospettive fedeli alle ottiche della macchina da presa. In queste armonie, la sua attenzione alla luce diventa poesia visiva, un linguaggio artistico che trasforma ogni tela in una scena di cinema di straordinaria bellezza>>.
ALLA RICERCA DEI QUADRI PERDUTI AL PORTO DI CARACAS
Circa una decina di dipinti eseguiti sono ancora oggetto di ricerca. Sono andati perduti in Venezuela al porto di Caracas La Guayra dopo una spedizione in nave in una cassa, nel 1959. Il fratello dell’artista, Maurizio Fabriani, destinatario della spedizione, dirigeva cantieri per le costruzioni delle strade nel cuore del paese in zone molto impervie a più di venti ore di macchina dalla capitale venezuelana. Non ha fatto in tempo a tornare per recuperarli. O si è forse perso il tempo utile per farlo. La mostra è un’occasione per lanciare “un messaggio nella bottiglia” e chiedere a chi li avesse di farsi avanti per poterli catalogare ed esporre.
È, dunque, la prima volta che viene esposta una selezione del lavoro di Anna Maria Fabriani. Ed è una prima volta resa ancora più preziosa ed emozionante dalla sua età, 100 anni, compiuti alla fine dello scorso giugno. La mostra, frutto di prestiti di privati o di opere appartenenti alla famiglia, inizia dal primo ritratto a Maria Magris, madre della pittrice, databile intorno alla fine degli anni ’40, e giunge fino alla natura morta Limoni e bottiglia di amaro, eseguita nel 2018, cioè fino a quando la pittrice è riuscita a stare in piedi di fronte al cavalletto. L’intera esposizione è frutto di un lavoro di ricerca, recupero e catalogazione, iniziato diversi anni fa, da parte della curatrice. I restauri sono a cura di Cristiana Noci che ha letteralmente riportato alla luce alcune opere come Rosetta (1953) il pezzo più pregiato della collezione, insieme a Grigio su grigio (1958).
L’ARTE CHE COINCIDE CON LA VITA
<<La retrospettiva evidenzia il culto del “lavoro dell’artista" che è forse uno dei tratti più forti che saldano la sua opera al periodo della Scuola Romana, alla frequentazione dell'atelier di Villa Strohl-Fern e al maestro Socrate - scrive la critica Giulia Ambrogi - Un’attitudine nei confronti dell’arte che per Fabriani è stata ambizione di crescere all’interno di esercizi pittorici quotidiani, in una ricerca continua che, non avendo mai avuto l’obiettivo di tradursi in visione pubblica, finisce con il coincidere con la vita stessa. Non si è mai confrontata con il mercato ma neppure ne è stata mai condizionata>>.
Riflessioni che si intrecciano con i ricordi della curatrice Sabina Ambrogi, giornalista, autrice e figlia dell’artista: <<Mia madre aveva a disposizione una casa grande e molti posti per poter dipingere, invece teneva colori pennelli e cavalletto nella sua stanza da letto che era il suo atelier. Sistemava degli stracci e dei fogli di giornale sui vetri e dirigeva la luce naturale sugli oggetti. La pittura era un rito unico, metodico, perfino un accanimento ossessivo, intimamente e forse esclusivamente legato alla luce e alla capacità di dare il volume e determinare le forme. Andava a dormire con l'odore di trementina>>.
Dal maestro Fabriani ha preso forse anche la stessa “sofferta timidezza”, come aveva tratteggiato Efisio Oppo nelle cronache che ne descrivevano le attitudini. Una predisposizione morale che sembra accompagnare anche la produzione della stessa pittrice: capitava che, dopo aver dipinto, grattasse il colore dalla tela con la lametta per poi ricominciare il giorno dopo, ripetendo l’operazione anche per un mese di seguito, fino a trovare il giusto equilibrio. Metodi e percezioni, visioni e composizioni che contribuiscono alla creazione di un tempo sospeso che accompagna le sue opere. Trapela, così, a volte, un’inquietudine latente, quasi un disturbo, anche in soggetti implicitamente rasserenanti di fiori come L'urlo, e frutta La metafisica dei limoni, nella rappresentazioni di azioni misteriose e piene di suspense - Girando l’angolo -, perfino nell’esplosione dei petali delle Peonie di Lella in cui il rosa interno è una specie di rivelazione.
LUCE E INQUADRATURA “CINEMATOGRAFICA”
La produzione artistica di Fabriani si divide in due fasi. La prima inizia verso la fine degli anni '40 e si interrompe negli anni '70. La seconda risale al 1997, subito dopo la morte del marito Silvano Ambrogi, e dura fino al 2018. Interruzione di un'attività e di un ragionamento artistico capace, tuttavia, di ripartire arricchito da nuove visioni contemporanee. Persino di inquadrature cinematografiche come per lo Scorfano, Colazione in Calabria, oppure con Campo e Controcampo a Migliarino, due dipinti concepiti proprio come due fotogrammi di un film e oggetto di una stessa visione. Come sottolinea anche Vladan Radovic, fra i direttori della fotografia più accreditati in Italia: <<Anna Maria Fabriani sembra ricalcare nel suo mestiere di pittrice quello della direzione della fotografia, adottando una direzione della luce decisa, con una morbidezza unica gentile, sottile, che crea un dialogo silenzioso con le ombre, tra la realtà e l’immaginazione. Spesso nelle sue opere risalta un punto di vista cinematografico con delle prospettive fedeli alle ottiche della macchina da presa. In queste armonie, la sua attenzione alla luce diventa poesia visiva, un linguaggio artistico che trasforma ogni tela in una scena di cinema di straordinaria bellezza>>.
ALLA RICERCA DEI QUADRI PERDUTI AL PORTO DI CARACAS
Circa una decina di dipinti eseguiti sono ancora oggetto di ricerca. Sono andati perduti in Venezuela al porto di Caracas La Guayra dopo una spedizione in nave in una cassa, nel 1959. Il fratello dell’artista, Maurizio Fabriani, destinatario della spedizione, dirigeva cantieri per le costruzioni delle strade nel cuore del paese in zone molto impervie a più di venti ore di macchina dalla capitale venezuelana. Non ha fatto in tempo a tornare per recuperarli. O si è forse perso il tempo utile per farlo. La mostra è un’occasione per lanciare “un messaggio nella bottiglia” e chiedere a chi li avesse di farsi avanti per poterli catalogare ed esporre.
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