Antonio Biasucci. Tre terzi
Dal 13 Dicembre 2012 al 17 Febbraio 2013
Roma
Luogo: Istituto Nazionale per la Grafica - Palazzo Poli
Indirizzo: via Poli 54
Orari: da martedì a domenica 10-19; 25 dicembre e 1 gennaio 13-19
Curatori: Istituto Nazionale per la Grafica
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 69980238/ 334 6842173
E-Mail info: in-g.ufficiostampa@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.grafica.beniculturali.it
Il 12 dicembre 2012 si inaugura, nelle sale espositive di Palazzo Poli, la mostra curata dall’Istituto Nazionale per la Grafica e dedicata all’opera di Antonio Biasiucci, che nel corso dell’ultimo trentennio ha condotto una delle più significative e originali esperienze della ricerca fotografica italiana, rappresentandone attualmente una delle più alte espressioni.
La mostra si propone al pubblico come occasione particolare di conoscenza del percorso interiore e artistico di Biasiucci e delle ricerche iconiche ed espressive che, a partire dai primi anni Ottanta, lo hanno condotto da un’indagine sulle proprie radici e sulla memoria personale, a quelle sulle origini dell’esistenza, sulla storia e sull’inesorabile destino dell’umanità.
L’origine e la catastrofe, il dono e il sacrificio, la vita e la morte, la luce e l’ombra, sono così riproposti nelle immagini in mostra quali temi fondanti della poetica di Biasiucci, e ricorrenti nei vari cicli da lui realizzati, da Vapori a Magma, dalle Madri a Res e agli Ex voto, fino ai più recenti Volti e Pani. Temi intorno ai quali, con coerenza progettuale e rigore concettuale, si è svolta in questi anni la ricerca dell'artista, declinata nel tempo attraverso l’analisi e la rappresentazione di soggetti diversi (vacche, pani, vulcani, madri, teschi, pietre, volti, ex voto, ecc.) che, al di là della centralità che rivestono nell'ambito della cultura dell'Italia meridionale e nella ritualità del mondo contadino, sono assunti da Biasiucci come elementi primari dell’esistenza e per i valori universali che esprimono, rimandando più in generale a miti e ad archetipi primordiali. Un nuovo progetto, per una diversa – e come sempre rinnovata – lettura e presentazione delle immagini, poste in relazione e collocate nello spazio in una inedita serie di installazioni che generano ulteriori riflessioni, di carattere esistenziale, sul mistero della creazione e della continua trasformazione degli esseri, sulla storia e la condizione umana.
In “tre terzi” – quante sono le sale espositive in cui si sviluppa la mostra –, in tre “stanze” – come in altre esposizioni di Biasiucci (da Il filo di Arianna, 1993 a La Casa Madre, 2012) –, il lavoro dell’artista – il suo viaggio attraverso le profondità e le tracce indelebili della memoria – è ripensato e rielaborato in un nuovo site-specific, reinterpretato dall’artista stesso secondo quel processo creativo che è alla base di ogni sua nuova proposta e che si fonda sul modello di “laboratorio” mutuato dalle esperienze teatrali condotte, tra il 1987 e il 1993, con il suo unico vero maestro, Antonio Neiwiller. E il rimando al teatro, come alla letteratura, alla poesia e alla musica, è implicito in questa stessa ‘partitura’, che non è semplicemente di ordine spaziale e formale, ma autenticamente mentale: un’organizzazione, una sorta di allestimento scenico, che corrisponde a un senso e impone un ritmo e un tempo alla lettura unitaria dell’opera.
La necessità e l’urgenza di ritornare sui propri soggetti, di far rivivere i propri lavori in una “reiterazione dell’azione” – proprio come nel trascorrere ciclico della natura e delle cose – determina, nell’opera di Biasiucci, come negli spettacoli di Neiwiller, quel processo di riduzione e scarnificazione che purifica le immagini, liberandole di ogni contenuto superfluo, trasformandole in visioni essenziali che, seppure spinte fino al limite dell’astrazione, non si mostrano mai come figure e forme autoreferenziali, ma si offrono allo spettatore come pure epifanie, rivelatrici del mondo e dei misteri che si celano dietro di esso. Come appare manifestamente anche nell'ultimo lavoro dell'artista, nel prelievo ed esposizione di una serie di lastre fotografiche (altri Volti) risalenti all'attività del padre, professionista fotografo a Dragoni, recentemente riemerse e qui riproposte quali presenze tangibili dell'eterno ritorno alla vita.
Un lavoro, quello di Biasiucci, che coniuga l'articolazione e la necessità della comunicazione di un pensiero attraverso un linguaggio, quello fotografico, che a sua volta si manifesta e sembra svelare la sua origine e specifica natura, attraverso la materia e la forma stessa delle opere, in una sorta di procedimento tautologico, o meglio nel continuo rimando metaforico – ex voto, come antiche lastre fotografiche o dagherrotipie; la magica apparizione di volti in un ambiente completamente al buio, come la rivelazione nel procedimento in Camera oscura – che l'artista (ma Biasiucci è geneticamente e ostinatamente di madre lingua 'fotografo') opera nelle sue installazioni.
ANTONIO BIASIUCCI nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961. Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l'Osservatorio Vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Nel 1987 conosce Antonio Neiwiller, attore e regista di teatro: con lui nasce un rapporto di collaborazione che durerà fino al 1993, anno della sua scomparsa. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica nei temi della cultura del Sud e si trasforma, in anni recenti, in un viaggio dentro gli elementi primari dell'esistenza.
Nel 1992 vince ad Arles il premio “European Kodak Panorama”; nel 2005 il “Kraszna/Krausz Photography Book Awards”, per la pubblicazione del volume Res. Lo stato delle cose (2004); nello stesso anno il “Premio Bastianelli”.
Numerosissime le mostre personali e le partecipazioni a mostre collettive, a festival e rassegne nazionali e internazionali.
Sue opere sono conservate in diverse collezioni di musei e istituzioni, in Italia e all'estero, tra cui: MAXXI, Roma; Bibliothèque Nationale de France, Parigi; Departamento de investigacion y documentacion de la Cultura Audiovisual, Pebla, Messico; Centre de la Photographie, Ginevra; Maison Européenne de la Photographie, Parigi, Fondazione Banca del Gottardo, Lugano; Galleria Civica di Modena; Fondazione Banco di Napoli; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l'Arte Contemporanea, Guarene (Cuneo); PAN Palazzo delle Arti, Napoli; MADRE- Museo d'Arte Contemporanea Donna Regina, Napoli.
L'Istituto Nazionale per la Grafica conserva l'intera serie di 65 immagini dell'opera Res. Lo stato delle cose, acquisita nel 2002.
Principali pubblicazioni:
Dove non è mai sera, Milano 1984; Cenere, Napoli 1988; Vapori, Napoli 1989; Stazioni, Napoli 1991; Il filo di Arianna, Napoli 1993; Corpus, Udine 1995; Magma, Milano e Arles 1998; Vacche, Roma 2000; Res. Lo stato delle cose, Roma 2004; Mario Giacomelli e Antonio Biasiucci. Due fotografi di terra, Milano 2005; Ex voto, Roma 2007; Cantiere Rione Terra, Roma 2010; Dei volti /Dei pani, Roma 2011; La casa madre. Biasiucci e Paladino, Torino 2012.
La mostra si propone al pubblico come occasione particolare di conoscenza del percorso interiore e artistico di Biasiucci e delle ricerche iconiche ed espressive che, a partire dai primi anni Ottanta, lo hanno condotto da un’indagine sulle proprie radici e sulla memoria personale, a quelle sulle origini dell’esistenza, sulla storia e sull’inesorabile destino dell’umanità.
L’origine e la catastrofe, il dono e il sacrificio, la vita e la morte, la luce e l’ombra, sono così riproposti nelle immagini in mostra quali temi fondanti della poetica di Biasiucci, e ricorrenti nei vari cicli da lui realizzati, da Vapori a Magma, dalle Madri a Res e agli Ex voto, fino ai più recenti Volti e Pani. Temi intorno ai quali, con coerenza progettuale e rigore concettuale, si è svolta in questi anni la ricerca dell'artista, declinata nel tempo attraverso l’analisi e la rappresentazione di soggetti diversi (vacche, pani, vulcani, madri, teschi, pietre, volti, ex voto, ecc.) che, al di là della centralità che rivestono nell'ambito della cultura dell'Italia meridionale e nella ritualità del mondo contadino, sono assunti da Biasiucci come elementi primari dell’esistenza e per i valori universali che esprimono, rimandando più in generale a miti e ad archetipi primordiali. Un nuovo progetto, per una diversa – e come sempre rinnovata – lettura e presentazione delle immagini, poste in relazione e collocate nello spazio in una inedita serie di installazioni che generano ulteriori riflessioni, di carattere esistenziale, sul mistero della creazione e della continua trasformazione degli esseri, sulla storia e la condizione umana.
In “tre terzi” – quante sono le sale espositive in cui si sviluppa la mostra –, in tre “stanze” – come in altre esposizioni di Biasiucci (da Il filo di Arianna, 1993 a La Casa Madre, 2012) –, il lavoro dell’artista – il suo viaggio attraverso le profondità e le tracce indelebili della memoria – è ripensato e rielaborato in un nuovo site-specific, reinterpretato dall’artista stesso secondo quel processo creativo che è alla base di ogni sua nuova proposta e che si fonda sul modello di “laboratorio” mutuato dalle esperienze teatrali condotte, tra il 1987 e il 1993, con il suo unico vero maestro, Antonio Neiwiller. E il rimando al teatro, come alla letteratura, alla poesia e alla musica, è implicito in questa stessa ‘partitura’, che non è semplicemente di ordine spaziale e formale, ma autenticamente mentale: un’organizzazione, una sorta di allestimento scenico, che corrisponde a un senso e impone un ritmo e un tempo alla lettura unitaria dell’opera.
La necessità e l’urgenza di ritornare sui propri soggetti, di far rivivere i propri lavori in una “reiterazione dell’azione” – proprio come nel trascorrere ciclico della natura e delle cose – determina, nell’opera di Biasiucci, come negli spettacoli di Neiwiller, quel processo di riduzione e scarnificazione che purifica le immagini, liberandole di ogni contenuto superfluo, trasformandole in visioni essenziali che, seppure spinte fino al limite dell’astrazione, non si mostrano mai come figure e forme autoreferenziali, ma si offrono allo spettatore come pure epifanie, rivelatrici del mondo e dei misteri che si celano dietro di esso. Come appare manifestamente anche nell'ultimo lavoro dell'artista, nel prelievo ed esposizione di una serie di lastre fotografiche (altri Volti) risalenti all'attività del padre, professionista fotografo a Dragoni, recentemente riemerse e qui riproposte quali presenze tangibili dell'eterno ritorno alla vita.
Un lavoro, quello di Biasiucci, che coniuga l'articolazione e la necessità della comunicazione di un pensiero attraverso un linguaggio, quello fotografico, che a sua volta si manifesta e sembra svelare la sua origine e specifica natura, attraverso la materia e la forma stessa delle opere, in una sorta di procedimento tautologico, o meglio nel continuo rimando metaforico – ex voto, come antiche lastre fotografiche o dagherrotipie; la magica apparizione di volti in un ambiente completamente al buio, come la rivelazione nel procedimento in Camera oscura – che l'artista (ma Biasiucci è geneticamente e ostinatamente di madre lingua 'fotografo') opera nelle sue installazioni.
ANTONIO BIASIUCCI nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961. Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l'Osservatorio Vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Nel 1987 conosce Antonio Neiwiller, attore e regista di teatro: con lui nasce un rapporto di collaborazione che durerà fino al 1993, anno della sua scomparsa. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica nei temi della cultura del Sud e si trasforma, in anni recenti, in un viaggio dentro gli elementi primari dell'esistenza.
Nel 1992 vince ad Arles il premio “European Kodak Panorama”; nel 2005 il “Kraszna/Krausz Photography Book Awards”, per la pubblicazione del volume Res. Lo stato delle cose (2004); nello stesso anno il “Premio Bastianelli”.
Numerosissime le mostre personali e le partecipazioni a mostre collettive, a festival e rassegne nazionali e internazionali.
Sue opere sono conservate in diverse collezioni di musei e istituzioni, in Italia e all'estero, tra cui: MAXXI, Roma; Bibliothèque Nationale de France, Parigi; Departamento de investigacion y documentacion de la Cultura Audiovisual, Pebla, Messico; Centre de la Photographie, Ginevra; Maison Européenne de la Photographie, Parigi, Fondazione Banca del Gottardo, Lugano; Galleria Civica di Modena; Fondazione Banco di Napoli; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l'Arte Contemporanea, Guarene (Cuneo); PAN Palazzo delle Arti, Napoli; MADRE- Museo d'Arte Contemporanea Donna Regina, Napoli.
L'Istituto Nazionale per la Grafica conserva l'intera serie di 65 immagini dell'opera Res. Lo stato delle cose, acquisita nel 2002.
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Dove non è mai sera, Milano 1984; Cenere, Napoli 1988; Vapori, Napoli 1989; Stazioni, Napoli 1991; Il filo di Arianna, Napoli 1993; Corpus, Udine 1995; Magma, Milano e Arles 1998; Vacche, Roma 2000; Res. Lo stato delle cose, Roma 2004; Mario Giacomelli e Antonio Biasiucci. Due fotografi di terra, Milano 2005; Ex voto, Roma 2007; Cantiere Rione Terra, Roma 2010; Dei volti /Dei pani, Roma 2011; La casa madre. Biasiucci e Paladino, Torino 2012.
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