GARAGE DALLEGRET

GARAGE DALLEGRET | Courtesy Spazio Punch
Dal 18 Maggio 2023 al 26 Novembre 2023
Venezia
Luogo: Spazio Punch
Indirizzo: Giudecca 800/o
Orari: Opening 17 Mag 19 - 22 | Tutti i giorni 12 - 19.30
Curatori: Augusto Maurandi e Alessandra Ponte
Costo del biglietto: Ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 348 8909065
E-Mail info: info@spaziopunch.com
Sito ufficiale: http://www.spaziopunch.com
Garage Dallegret ospita l’immaginazione visionaria al crocevia tra design, arti plastiche e tecnologia di François Dallegret. I disegni, gli oggetti e gli ephemera esposti descrivono una pratica immaginifica del futuribile, che fa crollare i confini disciplinari tra corpo umano e oggetto, tra soggettività e contesto urbano, tra realtà e immaginazione. Si tratta della prima mostra monografica italiana dell’artista e architetto realizzata presso lo Spazio Punch (Isola della Giudecca, Venezia) da un’idea di Augusto Maurandi con Alessandra Ponte.
Il carattere radicale di François Dallegret, da radix, si traduce nel progetto di design in un habitus che ripensa il rapporto con lo spazio e con gli oggetti in chiave ludica, fuori dalle logiche dello sfruttamento e della produzione. Al ritorno alla centralità del corpo, quello di Dallegret soprattutto, che performa con gli oggetti e con gli ambienti tra le pagine e i bozzetti dei progetti, fa da contrappunto una postura metropolitana, nei bar e nei club, ed un’euforia tecnologica che guarda al futuro. Le automobili altamente tecnologizzate, una città spaziale da inviare su Marte, gli oggetti meccanici sono protesi che amplificano il corpo oltre la pelle ed il presente. I disegni e le opere, ri-attivati negli ambienti dell’ex birrificio di Spazio Punch, parlano di una dilatazione sensoriale attraverso la macchina, di un diverso spazio percettivo singolare e collettivo dal sapore retrofuturista.
Spazio Punch è riformulato per l’occasione attraverso l’allestimento di Supervoid - Benjamin Gallegos Gabilondo e Marco Provinciali - e convertito in un ambiente fluido e aperto, in grado di accogliere l’eterogeneità delle sperimentazioni e delle invenzioni di François Dallegret. Disegni, gadget progettati per il Moma di New York e oggetti disfunzionali come La chaise enceinte (1965) abitano in maniera indisciplinata lo spazio senza gerarchie. I materiali, i supporti e le diverse scale tracciano una narrazione per composizione, che percorre per l’intera lunghezza i due lati dell’edificio. Atomix (1968), un modello ludico e didattico di strutture atomiche costituito da 6000 sfere di precisione in acciaio inossidabile in libero movimento, dialoga in maniera orizzontale con A Home Is Not a House (1965), sei disegni architettonici realizzati per l’omonimo articolo di Reyner Banham per un’architettura al crocevia tra proto-ecologia e ultra-tecnologia.
Alla casa standardizzata statunitense, ridotta ad una rete di tubi e cavi tra cielo e terra, di Anatomy of a Dwelling si contrappone Un-house. Transportable standard-of-living package. The Environment-Bubble, una bolla gonfiabile che si adatta all’ambiente e che ospita, su carta, sia Dallegret che Banham nudi e seduti attorno ad un “robot totem”. KIIK è una pillola manuale in metallo dalle forme organiche, che aiuta a curare i disagi del corpo e le ossessioni della mente, ad interrompere le “cattive o buone” abitudini, a smettere di fumare o iniziare a bere. Tra i dispositivi di amplificazione umana, l’IntroConversoMatic - o NNMA (Network Neutrality Measurement Agent) - è una macchina da indossare, costituita da un sistema audio, un monitor, un microfono, una tastiera e un emittente/ricevitore/trasduttore, che protegge l’integrità mentale dell’utente e con la quale si può scrivere, ascoltare, vedere, tenere una conversazione introspettiva con il proprio doppio. Littératuromatic (1963), una macchina pensata per GARAGE DALLEGRET e produrre letteratura, sembra anticipare le moderne intelligenze artificiali. Le drug è una farmacia-discoteca, un ristorante nel seminterrato, una boutique di moda, una galleria a Montréal, ma anche borse, fiammiferi e poster. New Penelope un club realizzato a Montréal nel 1966-1967; Eat & Drink un fast-food, un bar e un club progettati nel 1972 per il World Trade Center di New York, che rimodulano lo spazio-ponteggio già formalizzato in New Penelope, Palais Metro (Montréal 1967) e West Village (Kansas City 1972). La genealogia viene rilanciata in Garage Dallegret con New New Penelope, lo spazio pensato da Supervoid per le spettatrici e gli spettatori per un momento di sosta e di percezione alternativa, collettiva e conviviale, della mostra.
A sovrastare la costellazione di invenzioni in una posizione sopraelevata, che articola ulteriormente le traiettorie architettoniche dell’allestimento, Wheely, una nuova macchina futuribile, rielaborazione dell’automobile immobile Tubula (1968), appositamente creata in occasione dell’esposizione.
Con la prima mostra monografica italiana dell’artista e designer, Garage Dallegret intende dialogare con le riflessioni che hanno mosso Lesley Lokko, curatrice della 18a Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, nell’ideazione di The Laboratory of the Future. Al crocevia tra immaginazione come strumento progettuale e architettura e design come modalità di vedere e stare al mondo, la sperimentazione di François Dallegret è la risposta che Spazio Punch propone all’urgenza di raccontare visioni e pratiche del futuribile. Con un esplicito richiamo del titolo all’idea di progettualità e dimensione collaborativa, durante il tempo dell’esposizione verranno, inoltre, sviluppati dei progetti attraverso open call rivolte a designer, artisti e architetti del territorio.
Il carattere radicale di François Dallegret, da radix, si traduce nel progetto di design in un habitus che ripensa il rapporto con lo spazio e con gli oggetti in chiave ludica, fuori dalle logiche dello sfruttamento e della produzione. Al ritorno alla centralità del corpo, quello di Dallegret soprattutto, che performa con gli oggetti e con gli ambienti tra le pagine e i bozzetti dei progetti, fa da contrappunto una postura metropolitana, nei bar e nei club, ed un’euforia tecnologica che guarda al futuro. Le automobili altamente tecnologizzate, una città spaziale da inviare su Marte, gli oggetti meccanici sono protesi che amplificano il corpo oltre la pelle ed il presente. I disegni e le opere, ri-attivati negli ambienti dell’ex birrificio di Spazio Punch, parlano di una dilatazione sensoriale attraverso la macchina, di un diverso spazio percettivo singolare e collettivo dal sapore retrofuturista.
Spazio Punch è riformulato per l’occasione attraverso l’allestimento di Supervoid - Benjamin Gallegos Gabilondo e Marco Provinciali - e convertito in un ambiente fluido e aperto, in grado di accogliere l’eterogeneità delle sperimentazioni e delle invenzioni di François Dallegret. Disegni, gadget progettati per il Moma di New York e oggetti disfunzionali come La chaise enceinte (1965) abitano in maniera indisciplinata lo spazio senza gerarchie. I materiali, i supporti e le diverse scale tracciano una narrazione per composizione, che percorre per l’intera lunghezza i due lati dell’edificio. Atomix (1968), un modello ludico e didattico di strutture atomiche costituito da 6000 sfere di precisione in acciaio inossidabile in libero movimento, dialoga in maniera orizzontale con A Home Is Not a House (1965), sei disegni architettonici realizzati per l’omonimo articolo di Reyner Banham per un’architettura al crocevia tra proto-ecologia e ultra-tecnologia.
Alla casa standardizzata statunitense, ridotta ad una rete di tubi e cavi tra cielo e terra, di Anatomy of a Dwelling si contrappone Un-house. Transportable standard-of-living package. The Environment-Bubble, una bolla gonfiabile che si adatta all’ambiente e che ospita, su carta, sia Dallegret che Banham nudi e seduti attorno ad un “robot totem”. KIIK è una pillola manuale in metallo dalle forme organiche, che aiuta a curare i disagi del corpo e le ossessioni della mente, ad interrompere le “cattive o buone” abitudini, a smettere di fumare o iniziare a bere. Tra i dispositivi di amplificazione umana, l’IntroConversoMatic - o NNMA (Network Neutrality Measurement Agent) - è una macchina da indossare, costituita da un sistema audio, un monitor, un microfono, una tastiera e un emittente/ricevitore/trasduttore, che protegge l’integrità mentale dell’utente e con la quale si può scrivere, ascoltare, vedere, tenere una conversazione introspettiva con il proprio doppio. Littératuromatic (1963), una macchina pensata per GARAGE DALLEGRET e produrre letteratura, sembra anticipare le moderne intelligenze artificiali. Le drug è una farmacia-discoteca, un ristorante nel seminterrato, una boutique di moda, una galleria a Montréal, ma anche borse, fiammiferi e poster. New Penelope un club realizzato a Montréal nel 1966-1967; Eat & Drink un fast-food, un bar e un club progettati nel 1972 per il World Trade Center di New York, che rimodulano lo spazio-ponteggio già formalizzato in New Penelope, Palais Metro (Montréal 1967) e West Village (Kansas City 1972). La genealogia viene rilanciata in Garage Dallegret con New New Penelope, lo spazio pensato da Supervoid per le spettatrici e gli spettatori per un momento di sosta e di percezione alternativa, collettiva e conviviale, della mostra.
A sovrastare la costellazione di invenzioni in una posizione sopraelevata, che articola ulteriormente le traiettorie architettoniche dell’allestimento, Wheely, una nuova macchina futuribile, rielaborazione dell’automobile immobile Tubula (1968), appositamente creata in occasione dell’esposizione.
Con la prima mostra monografica italiana dell’artista e designer, Garage Dallegret intende dialogare con le riflessioni che hanno mosso Lesley Lokko, curatrice della 18a Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, nell’ideazione di The Laboratory of the Future. Al crocevia tra immaginazione come strumento progettuale e architettura e design come modalità di vedere e stare al mondo, la sperimentazione di François Dallegret è la risposta che Spazio Punch propone all’urgenza di raccontare visioni e pratiche del futuribile. Con un esplicito richiamo del titolo all’idea di progettualità e dimensione collaborativa, durante il tempo dell’esposizione verranno, inoltre, sviluppati dei progetti attraverso open call rivolte a designer, artisti e architetti del territorio.
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