Homeless
										 
										
										
																		
																																												Homeless - Daniel Glaser, Magdalena Kunz - Venezia 
											
										
										Homeless - Daniel Glaser, Magdalena Kunz - Venezia
Dal 1 June 2011 al 30 September 2011
Venezia
Luogo: Palazzo Malipiero
Indirizzo: Salizzada Malipiero, San Marco 3198, I-Venezia
Orari: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00
Telefono per informazioni: +39 333 7271980
E-Mail info: chiara_canali@yahoo.it
Sito ufficiale: http://artco.blogosfere.it/
								
								Glaser/Kunz A VENEZIA
A due anni dalla presentazione di Voices III Play Calling a Palazzo Malipiero, in occasione della 53° Biennale
di Venezia, i due artisti svizzeri Glaser / Kunz sbarcano di nuovo a Venezia con l’installazione Homeless
ospitata sempre all’interno dei prestigiosi spazi di Palazzo Malipiero, quest’anno sede dei Padiglioni di Cipro,
Iran, Montenegro, Asia Centrale ed Estonia.
Glaser/Kunz: HOMELESS
Nel corso degli anni, gli artisti svizzeri Daniel Glaser e Magdalena Kunz hanno sviluppato una complessa
architettura concettuale e performativa volta a sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie per coniugare al
contempo la forma tridimensionale della scultura e la proiezione dinamica del video. I due artisti hanno ideato
delle sagome parlanti, da loro soprannominate Talking Heads o “sculture cinematografiche” che prendono vita
per mezzo di video-proiezioni completamente fuse e amalgamate ai calchi tridimensionali delle teste,
generando uno sconcertante effetto di vita reale.
Nell’ultimo lavoro, Obsidian, Gordon & Austin, i personaggi convivono accovacciati a terra su scatole di
cartone o mimetizzati nei sacchi a pelo, interrogandosi incessantemente sul senso della vita e della morte e
sulle implicazioni filosofiche e spirituali connesse alla propria visione o concezione del mondo. Nella dialettica
messa in atto dai personaggi si alternano sogni e visioni, speranze e paure, desideri e rimpianti, illusioni e
allucinazioni, sentimenti universali che accomunano non solo i “senzatetto” ma anche ciascuno di noi quando
si trova a dover affrontare le preoccupazioni e le ansie della vita quotidiana, sempre più dominata
dall’insicurezza e dalla precarietà esistenziale. La condizione dell’ “homeless” può essere intesa in senso
figurato come una metafora della vita stessa, alla ricerca continua di autodeterminazione e di significato,
mentre l’ “house” che li ospita diventa il non-luogo della surmodernità in cui si incontrano quasi per caso vite
ed esistenze diverse per vedute e opinioni
La rappresentazione polisensoriale, cinestetica e senso-motoria di “House of Homeless”, non lasciando
visibile la tecnologia che la anima, restituisce una forte parvenza di realtà virtuale, innescando l’empatia e il
coinvolgimento dello spettatore. I personaggi sono infatti accattivanti, ci fissano negli occhi e ci trascinano
nelle loro discussioni, facendoci immaginare di essere di fronte a organismi viventi. La dimensione della
mimesi virtuale, acquisita con una tecnologia così eterea e immateriale come quella della video-proiezione, è
in realtà fortemente connessa alla sfera psicosensoriale in quanto si basata sul concetto di corporeità
scultorea e performativa: è il corpo il movente di quest’arte interattiva e dei suoi artefatti tecnologici, benché
ridotto a modello simbolico, a corpo virtuale.
							A due anni dalla presentazione di Voices III Play Calling a Palazzo Malipiero, in occasione della 53° Biennale
di Venezia, i due artisti svizzeri Glaser / Kunz sbarcano di nuovo a Venezia con l’installazione Homeless
ospitata sempre all’interno dei prestigiosi spazi di Palazzo Malipiero, quest’anno sede dei Padiglioni di Cipro,
Iran, Montenegro, Asia Centrale ed Estonia.
Glaser/Kunz: HOMELESS
Nel corso degli anni, gli artisti svizzeri Daniel Glaser e Magdalena Kunz hanno sviluppato una complessa
architettura concettuale e performativa volta a sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie per coniugare al
contempo la forma tridimensionale della scultura e la proiezione dinamica del video. I due artisti hanno ideato
delle sagome parlanti, da loro soprannominate Talking Heads o “sculture cinematografiche” che prendono vita
per mezzo di video-proiezioni completamente fuse e amalgamate ai calchi tridimensionali delle teste,
generando uno sconcertante effetto di vita reale.
Nell’ultimo lavoro, Obsidian, Gordon & Austin, i personaggi convivono accovacciati a terra su scatole di
cartone o mimetizzati nei sacchi a pelo, interrogandosi incessantemente sul senso della vita e della morte e
sulle implicazioni filosofiche e spirituali connesse alla propria visione o concezione del mondo. Nella dialettica
messa in atto dai personaggi si alternano sogni e visioni, speranze e paure, desideri e rimpianti, illusioni e
allucinazioni, sentimenti universali che accomunano non solo i “senzatetto” ma anche ciascuno di noi quando
si trova a dover affrontare le preoccupazioni e le ansie della vita quotidiana, sempre più dominata
dall’insicurezza e dalla precarietà esistenziale. La condizione dell’ “homeless” può essere intesa in senso
figurato come una metafora della vita stessa, alla ricerca continua di autodeterminazione e di significato,
mentre l’ “house” che li ospita diventa il non-luogo della surmodernità in cui si incontrano quasi per caso vite
ed esistenze diverse per vedute e opinioni
La rappresentazione polisensoriale, cinestetica e senso-motoria di “House of Homeless”, non lasciando
visibile la tecnologia che la anima, restituisce una forte parvenza di realtà virtuale, innescando l’empatia e il
coinvolgimento dello spettatore. I personaggi sono infatti accattivanti, ci fissano negli occhi e ci trascinano
nelle loro discussioni, facendoci immaginare di essere di fronte a organismi viventi. La dimensione della
mimesi virtuale, acquisita con una tecnologia così eterea e immateriale come quella della video-proiezione, è
in realtà fortemente connessa alla sfera psicosensoriale in quanto si basata sul concetto di corporeità
scultorea e performativa: è il corpo il movente di quest’arte interattiva e dei suoi artefatti tecnologici, benché
ridotto a modello simbolico, a corpo virtuale.
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