Cornelia Lauf presenta Dale Haven Loy

Opera di Dale Haven Loy
27/11/2002
Arte.it incontra Cornelia Lauf in occasione della presentazione della mostra di Dale Haven Loy curata da lei e allestita nel cinquecentesco Palazzo Firenze a Roma. La mostra presenta venti opere realizzate dall’artista americana durante gli ultimi due anni trascorsi in Italia, tra Perugia e Roma. Cornelia Lauf è un’importante storica dell’arte ed è, inoltre, la curatrice delle esposizioni dell’American Academy in Rome.
Che significato ha avuto per lei organizzare questa mostra sia a livello umano, per il rapporto di grande amicizia che la lega da anni con Dale Haven Loy, sia a livello professionale, per il valore puramente artistico del suo lavoro?
C.L.“La mia idea di lavoro non è solo di correre dietro alle cose più recenti, anche se sono abituata a lavorare nel campo dell’avanguardia, come si dice, quel tipo di mostre in cui tu vedi tre fazzoletti sul pavimento! Ma questa volta volevo celebrare un lavoro di trent’anni, longevo, un lavoro preciso, etico di una persona che è stata molto consistente nella sua vita. La pittura di Dale Haven Loy è molto europea, dunque avevo piacere di portarla anche qui a Roma, perché è un tipo di linguaggio che non appartiene solo alla tradizione americana ma alla tradizione europea della pittura”.
Qual è stato il messaggio, il sentimento più forte che le hanno comunicato le opere di quest’artista? Si tratta di opere molto semplici ma allo stesso tempo molto forti, hanno una forza nella loro semplicità. C’è l’affermazione della presenza, del dramma dell’uomo là dove l’uomo non c’è, là dove c’è solo una costruzione geometrica dello spazio regolata però da una luce esistenziale.
C.L.“È esattamente quello che ha detto lei, proprio questo sentimento”.
Lei prima ha parlato di una cosa molto importante: in questo momento molto difficile sia a livello politico che sociale è fondamentale cercare di creare un legame con l’America.
C.L.“È importantissimo fare questo perché le istituzioni sociali e culturali americane sono in qualche modo minacciate, e si deve andare avanti e continuare ad esprimersi in un linguaggio che sia universale, che non abbia confini. Siamo tutti nello stesso campo. Ci sono artisti bravi in ogni parte del mondo. La cultura non deve avere frontiere”.
È dunque importante questo ruolo del curatore come mediatore, sensibile alle problematiche sociali e al loro confluire, in diversi modi, nell’espressione artistica.
C.L.“Certamente. La diplomazia resta comunque la forma migliore di mediazione anche in campo politico, non bisogna costruire armi”.
Lei pensa che l’Italia in generale, e la città di Roma in particolare, si stia sensibilizzando maggiormente verso queste tematiche sociali, accogliendo l’opera di nuovi artisti?
C.L.“Si, soprattutto al nord. Roma è abituata ad un livello altissimo di cultura, qui è meglio fare una cosa piccola, precisa piuttosto che venire con un progetto megalomane cercando di attirare i romani che sono abituati a migliaia di anni di spettacolo”.
Quali sono i suoi progetti futuri?
C.L.“All’American Academy in Rome organizzo una mostra sul gusto italiano in confronto con quello post-moderno americano, che aprirà il 26 novembre”.
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