Un dibattito in occasione della presentazione del volume “Museologia del presente. Musei sostenibili e inclusivi si diventa”
Scrigni di benessere e inclusione. Il futuro dei musei passa dalla Pinacoteca di Brera
Una sala della Pinacoteca di Brera a Milano
Eleonora Zamparutti e Samantha De Martin
17/09/2024
Milano - Il museo come luogo inclusivo e di benessere, capace di rendere protagonista il pubblico, contribuire alla crescita umana e far maturare il senso di comunità, sviluppando un nuovo sistema culturale modellato sui diversi profili di visitatore.
Sono alcune delle possibili caratteristiche del museo del futuro, emerse da un interessante dibattito svoltosi in occasione della presentazione del volume Museologia del presente. Musei sostenibili e inclusivi si diventa, pubblicato da Pacini editore e realizzato da Michele Lanzinger, Domenico Piraina, Maurizio Vanni.
Ad accogliere il vivace scambio di idee e opinioni circa il ruolo che le istutuzioni museali dovranno ricoprire secondo le nuove linee guida date da ICOM (International Council of Museums) - la principale organizzazione internazionale non governativa che rappresenta i musei e i suoi professionisti assistendo la comunità museale nel preservare, conservare e condividere il patrimonio culturale presente e futuro, materiale e immateriale - è stata la Pinacoteca di Brera diretta da Angelo Crespi.
Soffermarsi su questa tematica significa essere consapevoli del fatto che nel processo di cambiamento il pubblico dei fruitori non debba essere tenuto alla porta, ma piuttosto coscientemente informato affinché possa sentirsi parte attiva, ponendosi dall’altra parte del quadro.
Ma andiamo con ordine. Che cos’è un museo oggi? Il 24 agosto 2022, nell’ambito dell’Assemblea Generale Straordinaria di ICOM a Praga, è stata approvata la nuova definizione di museo, frutto di un lungo processo partecipativo che ha coinvolto 126 Comitati nel mondo. La nuova formula definisce il museo come “un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che compie ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio culturale, materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità, operano e comunicano in modo etico e professionale e vedono la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze.”
Cortile d'onore, Brera
Insomma, la visione di un museo mero scrigno di un patrimonio, com'era concepita questa istituzione in origine, si è evoluta includendo man mano nuovi obiettivi e mansioni.
"I musei sono soggetti a un processo evolutivo che ricalca la legge di Darwin: nel cambiamento si mantengono i caratteri fondamentali e si aggiungono nuove opportunità che non necessariamente sono vincolate alla gestione del patrimonio in senso stretto” sottolinea Michele Lanzinger, presidente di ICOM Italia, soffermandosi su “inclusività e sostenibilità”, parole chiave che nell’ultimo decennio sono diventate il riferimento per molte istituzioni.
L’accoglienza di nuove culture in modo etico e l’integrazione della diversità sono diventati ulteriori obiettivi da perseguire.
Il museo deve saper dialogare con tutti, e non solo con chi sa già, rivolgendosi alla comunità di riferimento per offrire esperienza. Secondo Lanzinger i musei devono diventare agenti di innovazione sociale ed economica creando nuovi posti di lavoro, contribuendo a incrementare l’attrattività dei luoghi e attivando la ricerca. Il tutto in forma creativa per accrescere il livello di conoscenza e il senso civico. Di fatto la missione dei musei dovrebbe essere quella di creare delle piattaforme di dialogo culturale.
E quindi come guardare al futuro? Certamente tenendo bene a mente un obiettivo: creare modi per trasformare questi luoghi in strutture efficaci di elaborazione dei futuri diversi che ci attendono.
Per Domenico Piraina (direttore di Palazzo Reale a Milano) la chiave di svolta consiste nella trasformazione del “museo amico”, il cui fine ultimo è quello promuovere lo sviluppo della persona.
Negli ultimi 40 anni molte cose sono cambiate nella gestione museale. Prima i direttori effettuavano ricerche, scrivevano testi e raramente si occupavano di personale, sicurezza, cifre. Nessuno all’epoca si chiedeva quale fosse il numero dei visitatori. Nel Seicento Anna Maria Luisa de’ Medici donò allo Stato toscano la grandissima collezione artistica che apparteneva alla sua famiglia “per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei forestieri”. Come potremmo non considerare questa definizione valida ancora oggi? Forse il fascino e la suggestione di un museo scaturisce proprio dal fatto che ciascuno di noi riesce a trarre dalle opere i valori spirituali, storico culturali, sociali ed economici ai quali si sente più legato.
Annalisa Banzi, storica dell'arte, ha introdotto una ricerca condotta da Università Bicocca, volta a valutare l’impatto dei musei sul benessere psicofisico delle persone. Quella dell’art therapy è una consapevolezza già diffusa nel mondo anglosassone ed elegge il museo a prezioso alleato del cervello, capace di diminuire stress e ansia. Il progetto portato avanti dall’Università Bicocca in collaborazione con l’Università Statale di Milano e La Sapienza di Roma punta a valutare l’impatto sul benessere dei maggiorenni, del personale del museo e degli under 18. Al progetto hanno collaborato anche istituzioni museali di Milano (la Gam e il Museo di Storia Naturale) e di Torino (MAO, GAM e Palazzo Madama). L’obiettivo è quello di aumentare il benessere delle persone valorizzando le opere delle collezioni museali, sensibilizzando la conoscenza e utilizzando nuove tecniche di inclusione. Allo stesso tempo la ricerca prevede la messa a punto di strumenti per la misura della crescita cognitiva abbinata ai programmi di inclusione. Obiettivo finale sarà la creazione di un database con tutti i risultati della sperimentazione volta a misurare l’umore.
Teatro romano - Parco archeologico di Brescia Romana | © Archivio Fotografico Musei Civici di Brescia
Nel corso del confronto Stefano Karajov, direttore della Fondazione Brescia Musei, ha spostato la riflessione sulla nuova legge sulle Fondazioni di partecipazione, sottolineando la finalità pubblica del prodotto interno lordo delle imprese culturali e la necessità di condividere la responsabilità insieme alla comunità locale.
Altro dato importante emerso dal dibattito è la necessità del settore pubblico di rendersi accessibile. La fondazione è uno strumento per la gestione del patrimonio. Se da un lato gli enti locali devono trovare risposte adeguate ai problemi di gestione e di valorizzazione, dall’altro, gli enti privati devono acquisire consapevolezza. La Convenzione di Faro stabilisce che la comunità di patrimonio genera un’infrastruttura per il bene della comunità. Il patrimonio non può essere tutelato solo dall’ente pubblico, ma anche da cittadini, operatori, imprese. Al momento siamo solo agli esordi di questa consapevolezza che produrrà frutti nel lungo periodo.
A Brescia, ad esempio, presso i musei della città sono stati attivati l’estate scorsa una serie di laboratori per bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni. L’attività ha attratto circa 900 piccoli visitatori, il che significa che circa il 10% della popolazione tra i 6 e i 12 anni ha preso parte all’attività didattica e ludica inclusiva, beneficiando del patrimonio culturale a loro disposizione.
“Dopo il Covid - ha evidenziato il museologo e critico d’arte Maurizio Vanni - i musei hanno visto crescere il numero dei visitatori. L’idea dei musei inclusivi e sostenibili è nata dopo la pandemia. Questo porta a una riflessione sul piacere della condivisione della conoscenza. Tutti devono potere entrare all’interno di un museo, ma è necessario abbattere le barriere di ogni tipo, soprattutto architettoniche e culturali. In questo senso è molto importante il contributo che i privati possono apportare. Per fare inclusione tutti devono sentirsi protagonisti. Conoscere, profilare, contribuire alla crescita umana: questo è il senso di creare comunità. Va sviluppato un nuovo sistema culturale su misura delle persone che non si rivolga solo ai visitatori occasionali. Sono inoltri necessari progetti di fundraising".
Chissà che con queste premesse i musei non diventino, nel giro di qualche anno, la nuova palestra culturale del futuro, nella quale gli occhi godono e lo spirito esulta.
Sono alcune delle possibili caratteristiche del museo del futuro, emerse da un interessante dibattito svoltosi in occasione della presentazione del volume Museologia del presente. Musei sostenibili e inclusivi si diventa, pubblicato da Pacini editore e realizzato da Michele Lanzinger, Domenico Piraina, Maurizio Vanni.
Ad accogliere il vivace scambio di idee e opinioni circa il ruolo che le istutuzioni museali dovranno ricoprire secondo le nuove linee guida date da ICOM (International Council of Museums) - la principale organizzazione internazionale non governativa che rappresenta i musei e i suoi professionisti assistendo la comunità museale nel preservare, conservare e condividere il patrimonio culturale presente e futuro, materiale e immateriale - è stata la Pinacoteca di Brera diretta da Angelo Crespi.
Soffermarsi su questa tematica significa essere consapevoli del fatto che nel processo di cambiamento il pubblico dei fruitori non debba essere tenuto alla porta, ma piuttosto coscientemente informato affinché possa sentirsi parte attiva, ponendosi dall’altra parte del quadro.
Ma andiamo con ordine. Che cos’è un museo oggi? Il 24 agosto 2022, nell’ambito dell’Assemblea Generale Straordinaria di ICOM a Praga, è stata approvata la nuova definizione di museo, frutto di un lungo processo partecipativo che ha coinvolto 126 Comitati nel mondo. La nuova formula definisce il museo come “un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che compie ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio culturale, materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità, operano e comunicano in modo etico e professionale e vedono la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze.”
Cortile d'onore, Brera
Insomma, la visione di un museo mero scrigno di un patrimonio, com'era concepita questa istituzione in origine, si è evoluta includendo man mano nuovi obiettivi e mansioni.
"I musei sono soggetti a un processo evolutivo che ricalca la legge di Darwin: nel cambiamento si mantengono i caratteri fondamentali e si aggiungono nuove opportunità che non necessariamente sono vincolate alla gestione del patrimonio in senso stretto” sottolinea Michele Lanzinger, presidente di ICOM Italia, soffermandosi su “inclusività e sostenibilità”, parole chiave che nell’ultimo decennio sono diventate il riferimento per molte istituzioni.
L’accoglienza di nuove culture in modo etico e l’integrazione della diversità sono diventati ulteriori obiettivi da perseguire.
Il museo deve saper dialogare con tutti, e non solo con chi sa già, rivolgendosi alla comunità di riferimento per offrire esperienza. Secondo Lanzinger i musei devono diventare agenti di innovazione sociale ed economica creando nuovi posti di lavoro, contribuendo a incrementare l’attrattività dei luoghi e attivando la ricerca. Il tutto in forma creativa per accrescere il livello di conoscenza e il senso civico. Di fatto la missione dei musei dovrebbe essere quella di creare delle piattaforme di dialogo culturale.
E quindi come guardare al futuro? Certamente tenendo bene a mente un obiettivo: creare modi per trasformare questi luoghi in strutture efficaci di elaborazione dei futuri diversi che ci attendono.
Per Domenico Piraina (direttore di Palazzo Reale a Milano) la chiave di svolta consiste nella trasformazione del “museo amico”, il cui fine ultimo è quello promuovere lo sviluppo della persona.
Negli ultimi 40 anni molte cose sono cambiate nella gestione museale. Prima i direttori effettuavano ricerche, scrivevano testi e raramente si occupavano di personale, sicurezza, cifre. Nessuno all’epoca si chiedeva quale fosse il numero dei visitatori. Nel Seicento Anna Maria Luisa de’ Medici donò allo Stato toscano la grandissima collezione artistica che apparteneva alla sua famiglia “per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei forestieri”. Come potremmo non considerare questa definizione valida ancora oggi? Forse il fascino e la suggestione di un museo scaturisce proprio dal fatto che ciascuno di noi riesce a trarre dalle opere i valori spirituali, storico culturali, sociali ed economici ai quali si sente più legato.
Annalisa Banzi, storica dell'arte, ha introdotto una ricerca condotta da Università Bicocca, volta a valutare l’impatto dei musei sul benessere psicofisico delle persone. Quella dell’art therapy è una consapevolezza già diffusa nel mondo anglosassone ed elegge il museo a prezioso alleato del cervello, capace di diminuire stress e ansia. Il progetto portato avanti dall’Università Bicocca in collaborazione con l’Università Statale di Milano e La Sapienza di Roma punta a valutare l’impatto sul benessere dei maggiorenni, del personale del museo e degli under 18. Al progetto hanno collaborato anche istituzioni museali di Milano (la Gam e il Museo di Storia Naturale) e di Torino (MAO, GAM e Palazzo Madama). L’obiettivo è quello di aumentare il benessere delle persone valorizzando le opere delle collezioni museali, sensibilizzando la conoscenza e utilizzando nuove tecniche di inclusione. Allo stesso tempo la ricerca prevede la messa a punto di strumenti per la misura della crescita cognitiva abbinata ai programmi di inclusione. Obiettivo finale sarà la creazione di un database con tutti i risultati della sperimentazione volta a misurare l’umore.
Teatro romano - Parco archeologico di Brescia Romana | © Archivio Fotografico Musei Civici di Brescia
Nel corso del confronto Stefano Karajov, direttore della Fondazione Brescia Musei, ha spostato la riflessione sulla nuova legge sulle Fondazioni di partecipazione, sottolineando la finalità pubblica del prodotto interno lordo delle imprese culturali e la necessità di condividere la responsabilità insieme alla comunità locale.
Altro dato importante emerso dal dibattito è la necessità del settore pubblico di rendersi accessibile. La fondazione è uno strumento per la gestione del patrimonio. Se da un lato gli enti locali devono trovare risposte adeguate ai problemi di gestione e di valorizzazione, dall’altro, gli enti privati devono acquisire consapevolezza. La Convenzione di Faro stabilisce che la comunità di patrimonio genera un’infrastruttura per il bene della comunità. Il patrimonio non può essere tutelato solo dall’ente pubblico, ma anche da cittadini, operatori, imprese. Al momento siamo solo agli esordi di questa consapevolezza che produrrà frutti nel lungo periodo.
A Brescia, ad esempio, presso i musei della città sono stati attivati l’estate scorsa una serie di laboratori per bambini di età compresa tra i 6 e i 12 anni. L’attività ha attratto circa 900 piccoli visitatori, il che significa che circa il 10% della popolazione tra i 6 e i 12 anni ha preso parte all’attività didattica e ludica inclusiva, beneficiando del patrimonio culturale a loro disposizione.
“Dopo il Covid - ha evidenziato il museologo e critico d’arte Maurizio Vanni - i musei hanno visto crescere il numero dei visitatori. L’idea dei musei inclusivi e sostenibili è nata dopo la pandemia. Questo porta a una riflessione sul piacere della condivisione della conoscenza. Tutti devono potere entrare all’interno di un museo, ma è necessario abbattere le barriere di ogni tipo, soprattutto architettoniche e culturali. In questo senso è molto importante il contributo che i privati possono apportare. Per fare inclusione tutti devono sentirsi protagonisti. Conoscere, profilare, contribuire alla crescita umana: questo è il senso di creare comunità. Va sviluppato un nuovo sistema culturale su misura delle persone che non si rivolga solo ai visitatori occasionali. Sono inoltri necessari progetti di fundraising".
Chissà che con queste premesse i musei non diventino, nel giro di qualche anno, la nuova palestra culturale del futuro, nella quale gli occhi godono e lo spirito esulta.
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