Uno studio internazionale per la Casa del Tiaso
Metti una torre a Pompei

Ricostruzione della Casa del Tiaso nel suo aspetto attuale I Courtesy Parco Archeologico di Pompei
Francesca Grego
22/10/2025
Napoli - Sui muri delle ville di Pompei molti dipinti mostrano torri sullo sfondo, eppure nel pur ricchissimo sito vesuviano sembra non esservene traccia. Com’è facilmente intuibile, le parti più alte degli edifici sono state le prime a scomparire dopo l’eruzione, e quindi anche le meno studiate dagli archeologi. A riaprire i giochi di recente sono stati gli scavi della Casa del Tiaso, opulenta dimora affrescata che all’inizio del 2025 ha fatto parlare di sé per il ritrovamento di un raro e prezioso fregio dipinto dedicato ai culti di Dioniso. Tra le dotazioni della domus, è stato rinvenuto infatti uno scalone monumentale che oggi sembra protendersi verso il nulla.
Forse la scala conduceva in cima a una torre? È l’ipotesi avanzata dal progetto di archeologia digitale Pompeii Reset, che mira a ricostruire i piani superiori di Pompei utilizzando modelli 3D e simulazioni virtuali. Un gruppo di archeologi guidati dal direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel e dalla professoressa Susanne Muth dell’Università Humboldt di Berlino (Winkelmann-Institut) sostiene che sia proprio così in un articolo pubblicato sull’E-Journal degli scavi di Pompei (https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/), con tanto di ricostruzioni della Casa del Tiaso com’era prima dell’eruzione.

Ricostruzione 3D della Casa del Tiaso: l'ipotesi di Pompeii Reset I Courtesy Parco Archeologico di Pompei
“Non si arrivava ai livelli di città medievali come Bologna e San Gimignano”, sostengono gli autori dell’articolo, “ma anche a Pompei i grandi palazzi delle famiglie emergenti potevano essere dotati di torri, quali simboli del potere e della ricchezza dell’elite locale”. Dalle torri gli abitanti di queste facoltose dimore potevano osservare il panorama della città e del golfo, ma anche il cielo stellato durante la notte, come raccontano le fonti artistiche e letterarie dell’epoca. D’altra parte la tradizione vuole che Nerone abbia assistito all’incendio di Roma proprio dall’alto di una torre, a casa di Mecenate. A Pompei, invece, pare che i principali modelli per le torri costruite nel centro abitato fossero le architetture delle ancor più lussuose ville suburbane.
“La ‘Pompei perduta’ consiste soprattutto nei piani superiori, che sono essenziali per comprendere la vita nella città antica”, sottolinea Zuchtriegel: “Mettendo insieme i dati in un modello digitale 3D possiamo sviluppare ipotesi ricostruttive che ci aiutano a comprendere l’esperienza, gli spazi e la società dell’epoca”.
“La ricerca archeologica a Pompei è molto complessa”, spiega ancora il direttore: “Oltre a quella sul campo con gli scavi che restituiscono contesti intatti sulla vita nel mondo antico e nuove storie da raccontare sulla tragedia dell’eruzione, esiste anche la ricerca non invasiva, fatta di studio e di ipotesi ricostruttive di ciò che non si è conservato, ma che completa la nostra conoscenza del sito”.

Ricostruzione della Casa del Tiaso nel suo aspetto attuale I Courtesy Parco Archeologico di Pompei
Leggi anche:
• Ecco la Casa del Tiaso, l'ultima dionisiaca rivelazione di Pompei
Forse la scala conduceva in cima a una torre? È l’ipotesi avanzata dal progetto di archeologia digitale Pompeii Reset, che mira a ricostruire i piani superiori di Pompei utilizzando modelli 3D e simulazioni virtuali. Un gruppo di archeologi guidati dal direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel e dalla professoressa Susanne Muth dell’Università Humboldt di Berlino (Winkelmann-Institut) sostiene che sia proprio così in un articolo pubblicato sull’E-Journal degli scavi di Pompei (https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/), con tanto di ricostruzioni della Casa del Tiaso com’era prima dell’eruzione.

Ricostruzione 3D della Casa del Tiaso: l'ipotesi di Pompeii Reset I Courtesy Parco Archeologico di Pompei
“Non si arrivava ai livelli di città medievali come Bologna e San Gimignano”, sostengono gli autori dell’articolo, “ma anche a Pompei i grandi palazzi delle famiglie emergenti potevano essere dotati di torri, quali simboli del potere e della ricchezza dell’elite locale”. Dalle torri gli abitanti di queste facoltose dimore potevano osservare il panorama della città e del golfo, ma anche il cielo stellato durante la notte, come raccontano le fonti artistiche e letterarie dell’epoca. D’altra parte la tradizione vuole che Nerone abbia assistito all’incendio di Roma proprio dall’alto di una torre, a casa di Mecenate. A Pompei, invece, pare che i principali modelli per le torri costruite nel centro abitato fossero le architetture delle ancor più lussuose ville suburbane.
“La ‘Pompei perduta’ consiste soprattutto nei piani superiori, che sono essenziali per comprendere la vita nella città antica”, sottolinea Zuchtriegel: “Mettendo insieme i dati in un modello digitale 3D possiamo sviluppare ipotesi ricostruttive che ci aiutano a comprendere l’esperienza, gli spazi e la società dell’epoca”.
“La ricerca archeologica a Pompei è molto complessa”, spiega ancora il direttore: “Oltre a quella sul campo con gli scavi che restituiscono contesti intatti sulla vita nel mondo antico e nuove storie da raccontare sulla tragedia dell’eruzione, esiste anche la ricerca non invasiva, fatta di studio e di ipotesi ricostruttive di ciò che non si è conservato, ma che completa la nostra conoscenza del sito”.

Ricostruzione della Casa del Tiaso nel suo aspetto attuale I Courtesy Parco Archeologico di Pompei
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