Presto in mostra al Museo della Città
In arrivo a Rimini gli Amorini in gioco di Guido Reni
Guido Reni, Paesaggio con Amorini in gioco affaccendati in varie attività scherzose e ludiche. Olio su tela, 77 x 60 cm. Collezione privata
Francesca Grego
05/02/2021
Rimini - Lo scenario è quello idillico dell’Arcadia, un Eden pagano dove ninfe e satiri, dei e mortali danzano, si accoppiano, si trasfigurano in miracolose metamorfosi tra prati, fronde rigogliose e una festa che non conosce fine. Con una peculiarità: qui a impadronirsi dello spazio del quadro sono 14 bimbi impertinenti intenti al gioco. C’è chi sfida il cielo con arco e frecce, chi gioca ad acchiapparella tra le nuvole brandendo fiaccole infuocate, chi attraversa il fiume su una zattera a forma di ricciolo d’oro e chi urina sfacciato sulla testa di un compagno. I soli adulti, un satiro e una ninfa, restano in disparte sotto un albero, ignorati dall’allegra masnada.
Parliamo del Paesaggio con Amorini in Gioco di Guido Reni, in arrivo al Museo della Città di Rimini nelle prossime settimane per dare il cambio alla Madonna Diotallevi di Raffaello, tornata da poco ai Musei Statali di Berlino.
Proveniente dalla collezione di un gallerista privato, il quadro è fresco di attribuzione. O di riattribuzione, per essere precisi. Fu realizzato per la Camera Segreta del cardinale Odoardo Farnese nel Palazzo Farnese di Roma e per tre secoli è stato conservato nelle raccolte Farnese tra Roma e Parma. Per oltre cent’anni gli inventari hanno riportato fedelmente il nome del maestro barocco. Nel 1725, il cambio di rotta: la tela viene attribuita a Francesco Albani, anche lui tra gli attori del Seicento bolognese e noto per la grazia di scene mitologiche immerse nell’idillio della natura. A restituire a Reni la paternità negli anni Duemila è il critico Massimo Pulini, tra i fautori della mostra di Rimini. “La raffinatissima mano è quella di Guido Reni, una mano attenta e fluida, capace di scendere nei dettagli e di mantenere un registro cromatico algido, terso; di muovere tutte le virtuosità dell’orchestra pittorica senza perdere nemmeno per un attimo l’armonia dell’insieme ”, scrive Pulini nel saggio Guido Reni e i suoi Amori in gioco (Altomani & sons) dedicato alla tela.

Guido Reni, Paesaggio con Amorini in gioco affaccendati in varie attività scherzose e ludiche (dettaglio). Olio su tela, 77 x 60 cm I Collezione privata
“L’amore tira scherzi mancini e si beffa dell’amore, questo sembra suggerire la visione. I piccoli Eros non si accorgono dell’amore adulto, quando sono impegnati a divertirsi con altri giovani amori, a inventare dispetti e ad approntare inseguimenti”, spiega ancora Pulini. E poi conclude: “L’incantevole dipinto parla di un attimo infinito che dispiega diversi eventi simultanei, nessuno dei quali vanta un dominio sugli altri, anche se tutti gli episodi formano un insieme simbolico. Ogni accadimento è inscritto in un presente antico, fissato nell’eterno, nel tempo immutabile del mito e nell’ambra trasparente della pittura”.
Parliamo del Paesaggio con Amorini in Gioco di Guido Reni, in arrivo al Museo della Città di Rimini nelle prossime settimane per dare il cambio alla Madonna Diotallevi di Raffaello, tornata da poco ai Musei Statali di Berlino.
Proveniente dalla collezione di un gallerista privato, il quadro è fresco di attribuzione. O di riattribuzione, per essere precisi. Fu realizzato per la Camera Segreta del cardinale Odoardo Farnese nel Palazzo Farnese di Roma e per tre secoli è stato conservato nelle raccolte Farnese tra Roma e Parma. Per oltre cent’anni gli inventari hanno riportato fedelmente il nome del maestro barocco. Nel 1725, il cambio di rotta: la tela viene attribuita a Francesco Albani, anche lui tra gli attori del Seicento bolognese e noto per la grazia di scene mitologiche immerse nell’idillio della natura. A restituire a Reni la paternità negli anni Duemila è il critico Massimo Pulini, tra i fautori della mostra di Rimini. “La raffinatissima mano è quella di Guido Reni, una mano attenta e fluida, capace di scendere nei dettagli e di mantenere un registro cromatico algido, terso; di muovere tutte le virtuosità dell’orchestra pittorica senza perdere nemmeno per un attimo l’armonia dell’insieme ”, scrive Pulini nel saggio Guido Reni e i suoi Amori in gioco (Altomani & sons) dedicato alla tela.

Guido Reni, Paesaggio con Amorini in gioco affaccendati in varie attività scherzose e ludiche (dettaglio). Olio su tela, 77 x 60 cm I Collezione privata
“L’amore tira scherzi mancini e si beffa dell’amore, questo sembra suggerire la visione. I piccoli Eros non si accorgono dell’amore adulto, quando sono impegnati a divertirsi con altri giovani amori, a inventare dispetti e ad approntare inseguimenti”, spiega ancora Pulini. E poi conclude: “L’incantevole dipinto parla di un attimo infinito che dispiega diversi eventi simultanei, nessuno dei quali vanta un dominio sugli altri, anche se tutti gli episodi formano un insieme simbolico. Ogni accadimento è inscritto in un presente antico, fissato nell’eterno, nel tempo immutabile del mito e nell’ambra trasparente della pittura”.
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