Un unicum, nel cuore di Roma, eseguito con la tecnica del graffito
La facciata della Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo torna a nuova vita dopo un restauro

La facciata della Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo | Courtesy Soprintendenza speciale di Roma
Samantha De Martin
13/06/2025
Roma - Un unicum nelle decorazioni architettoniche delle chiese romane, eseguito con la tecnica del graffito, torna a splendere grazie a un restauro.
Restituita alla capitale grazie a un intervento eseguito dalla Soprintendenza Speciale di Roma e finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la facciata della Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo viene restituito al pubblico tornando a dialogare, con la partitura decorativa geometrica del suo edificio, con viale delle Terme di Caracalla.
Entrata in auge intorno alla metà del Cinquecento, la tecnica del graffito veniva utilizzata per i palazzi
e non per i luoghi sacri. Per questo è da considerarsi un unicum, anche se probabilmente la scelta del graffito era dovuta al poco tempo a disposizione e alla scarsa disponibilità economica che non consentiva di realizzare una facciata in travertino. Per le decorazioni, questa tecnica prevede l’impiego di un doppio strato di intonaco, il primo più profondo e generalmente di colore scuro, e un secondo, sottile e di colore chiaro, che veniva asportato in corrispondenza dell’immagine da raffigurare fino a fare emergere, per sottrazione, l’intonaco sottostante.
“Presentare questo restauro durante l’anno giubilare è un grande risultato - spiega Daniela Porro, soprintendente Speciale di Roma - perché questa piccola chiesa ha origini antichissime, ma deve il suo aspetto ai Giubilei del 1475 e, in particolare per la facciata, del 1600. Un risultato reso possibile dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Caput Mundi”.
L’intervento, diretto dalla restauratrice Eleonora Leprini, coordinato da Maria Cristina Lapenna ed eseguito dal Consorzio l’Officina, ha permesso di rendere visibili importanti brani della decorazione, eseguita appunto con la tecnica a graffito, oltre a restituire una corretta lettura delle sue partiture. I lavori sono stati preceduti e accompagnati da un’approfondita ricerca di fonti di archivio servite da guida per tutta la durata dell’intervento e oggetto di continui riscontri in sito.
“Con questo restauro la facciata ha perso il vuoto e la confusione che la caratterizzavano - commenta Eleonora Leprini funzionario restauratore della Soprintendenza - e ha ritrovato la leggerezza di una decorazione suggerita: osservando gli ordini sovrapposti e la superficie leggermente scandita, si completano mentalmente le campiture geometriche e tutto il contesto urbano recupera armonia”.
Restituita alla capitale grazie a un intervento eseguito dalla Soprintendenza Speciale di Roma e finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la facciata della Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo viene restituito al pubblico tornando a dialogare, con la partitura decorativa geometrica del suo edificio, con viale delle Terme di Caracalla.
Entrata in auge intorno alla metà del Cinquecento, la tecnica del graffito veniva utilizzata per i palazzi
e non per i luoghi sacri. Per questo è da considerarsi un unicum, anche se probabilmente la scelta del graffito era dovuta al poco tempo a disposizione e alla scarsa disponibilità economica che non consentiva di realizzare una facciata in travertino. Per le decorazioni, questa tecnica prevede l’impiego di un doppio strato di intonaco, il primo più profondo e generalmente di colore scuro, e un secondo, sottile e di colore chiaro, che veniva asportato in corrispondenza dell’immagine da raffigurare fino a fare emergere, per sottrazione, l’intonaco sottostante.
“Presentare questo restauro durante l’anno giubilare è un grande risultato - spiega Daniela Porro, soprintendente Speciale di Roma - perché questa piccola chiesa ha origini antichissime, ma deve il suo aspetto ai Giubilei del 1475 e, in particolare per la facciata, del 1600. Un risultato reso possibile dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Caput Mundi”.
L’intervento, diretto dalla restauratrice Eleonora Leprini, coordinato da Maria Cristina Lapenna ed eseguito dal Consorzio l’Officina, ha permesso di rendere visibili importanti brani della decorazione, eseguita appunto con la tecnica a graffito, oltre a restituire una corretta lettura delle sue partiture. I lavori sono stati preceduti e accompagnati da un’approfondita ricerca di fonti di archivio servite da guida per tutta la durata dell’intervento e oggetto di continui riscontri in sito.
“Con questo restauro la facciata ha perso il vuoto e la confusione che la caratterizzavano - commenta Eleonora Leprini funzionario restauratore della Soprintendenza - e ha ritrovato la leggerezza di una decorazione suggerita: osservando gli ordini sovrapposti e la superficie leggermente scandita, si completano mentalmente le campiture geometriche e tutto il contesto urbano recupera armonia”.
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