I codici dell'Apocalisse
Dal 24 Gennaio 2014 al 07 Febbraio 2014
Bologna
Luogo: Circolo Ufficiali
Indirizzo: via Marsala 12
Enti promotori:
- Comune di Bologna
- Bologna Fiere
- Art City
- ArteFiera
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 051 282111
E-Mail info: codiciapocalisse@gmail.com
Sito ufficiale: http://codiciapocalisse.org
Il progetto che si propone consiste in una installazione che declina, in uno spazio preciso, una idea che da tempo è nelle menti degli autori: il Tecnomedioevo. Tecnomedioevo è una ipotesi di ricostruzione di un pensiero che, partendo da dati storici, li contamini con elementi che arrivano dall'immaginario tecnologico più contemporaneo.
I codici dell’Apocalisse - questo il titolo dell'installazione - affronta una parte di questi immaginari: le paure che hanno stimolato nell’uomo la creazione immagini, immaginari, storie e racconti. Li affronta attraverso un dialogo tra le produzione di molteplici artisti - che utilizzano varie tecniche e tecnologie - e Palazzo Grassi in Bologna, attuale sede del Circolo degli Ufficiali, dopo essere stato nel corso dei secoli in principio casa medievale, divenuta poi residenza senatoria e cardinalizia, avendo vissuto tra le sue mura il cardinale Achille Grassi e il conte Massimiliano I d’Asburgo.
Fondamentale nella scelta di questa sede proprio l’origine medioevale e il ricco apparato iconografico presente, che riverbera il tempo che il luogo ha attraversato. Il ruolo di costruire un ponte tra i Codici dell'apocalisse e Palazzo Grassi viene assunto dall'installazione di una stanza nella stanza, una wunderkammer che realizza una sorta di contaminazione degli ambienti: collezionando e mostrando i temi, in maniera virale lascia tracce lungo le sale del Palazzo, creando relazioni con le singole stanze. Il sistema virale della installazione-wunderkammer si sviluppa tramite la presenza di opere in cui i riferimenti al medioevo e alla modernità tecnologica sono in uno stretto legame, ogni volta da scoprire attraverso la scelta di materiali, tecniche e tecnologie. In una sorta di dialogo intertestuale con esse, una “cronaca” videografica dedicata al Medialismo, che partendo da una critica all’immagine, induce nel visitatore un viaggio “nell’eterno digitale” che si trasforma subito in un poème en prose.
La narrazione si proietta su uno scenario allargato, legando indissolubilmente le vicende dell’arte attuale al dibattito sulle tecniche artistiche del primo e del secondo Medioevo. Tra l’eredità di Giovanni Dondi dall’Orologio, il modello del Codex Vindobonensis 2554, l’arazzo di Bayeux, le allucinazioni di Andrej Rublëv e il ruolo giocato dalle espressioni fictionali e neo-mediali, I Codici dell’Apocalisse si configura come un nuovo laboratorio della modernità futura, in anni in cui si vanno ridefinendo il ruolo di un “evo attuale” e la sua plumbea immagine tecnica, scientifica ed estetica. L’interpretazione di una particolare epoca storica è un’attività intellettuale che può avere rilevanza dal punto di vista non solo storiografico, ma anche artistico e politico.
Il XX e l’inizio del XXI secolo è probabilmente l’epoca storica che, con maggiore interesse, suscita questa attività intellettuale, sia per la straordinaria densità e quantità di eventi che l’hanno contraddistinta e la stanno caratterizzando, sia per la sua complessa articolazione. Si può ritenere infatti che proprio nel Novecento si compia un’ampia rivalutazione e riappropriazione della proto-informatica di Lullo, Yates, l’ars combinatoria e l’ars memoranda; quella che attraverso Giordano Bruno, l’ars magna primitiva, la mnemotecnica, il calcolo computazionale e l’intelligenza artificiale riemerge nei new media e nella rivoluzione digitale. La volontà è dunque quella di indagare l’estetica che da Cartesio, Leibniz e il new-gothic giunge sino al Novecento, elaborata a partire dai primi decenni del secolo dalle avanguardie storiche e dalle nuove epistemologie, fino alle tendenze più recenti. In questo modo, I Codici dell’Apocalisse può essere interpretata anche come uno sguardo su una possibile rilettura della storia a partire da pensieri distopici che continuano a produrre immaginari nelle forme trasversali tra arte, letteratura, architettura.
I codici dell’Apocalisse - questo il titolo dell'installazione - affronta una parte di questi immaginari: le paure che hanno stimolato nell’uomo la creazione immagini, immaginari, storie e racconti. Li affronta attraverso un dialogo tra le produzione di molteplici artisti - che utilizzano varie tecniche e tecnologie - e Palazzo Grassi in Bologna, attuale sede del Circolo degli Ufficiali, dopo essere stato nel corso dei secoli in principio casa medievale, divenuta poi residenza senatoria e cardinalizia, avendo vissuto tra le sue mura il cardinale Achille Grassi e il conte Massimiliano I d’Asburgo.
Fondamentale nella scelta di questa sede proprio l’origine medioevale e il ricco apparato iconografico presente, che riverbera il tempo che il luogo ha attraversato. Il ruolo di costruire un ponte tra i Codici dell'apocalisse e Palazzo Grassi viene assunto dall'installazione di una stanza nella stanza, una wunderkammer che realizza una sorta di contaminazione degli ambienti: collezionando e mostrando i temi, in maniera virale lascia tracce lungo le sale del Palazzo, creando relazioni con le singole stanze. Il sistema virale della installazione-wunderkammer si sviluppa tramite la presenza di opere in cui i riferimenti al medioevo e alla modernità tecnologica sono in uno stretto legame, ogni volta da scoprire attraverso la scelta di materiali, tecniche e tecnologie. In una sorta di dialogo intertestuale con esse, una “cronaca” videografica dedicata al Medialismo, che partendo da una critica all’immagine, induce nel visitatore un viaggio “nell’eterno digitale” che si trasforma subito in un poème en prose.
La narrazione si proietta su uno scenario allargato, legando indissolubilmente le vicende dell’arte attuale al dibattito sulle tecniche artistiche del primo e del secondo Medioevo. Tra l’eredità di Giovanni Dondi dall’Orologio, il modello del Codex Vindobonensis 2554, l’arazzo di Bayeux, le allucinazioni di Andrej Rublëv e il ruolo giocato dalle espressioni fictionali e neo-mediali, I Codici dell’Apocalisse si configura come un nuovo laboratorio della modernità futura, in anni in cui si vanno ridefinendo il ruolo di un “evo attuale” e la sua plumbea immagine tecnica, scientifica ed estetica. L’interpretazione di una particolare epoca storica è un’attività intellettuale che può avere rilevanza dal punto di vista non solo storiografico, ma anche artistico e politico.
Il XX e l’inizio del XXI secolo è probabilmente l’epoca storica che, con maggiore interesse, suscita questa attività intellettuale, sia per la straordinaria densità e quantità di eventi che l’hanno contraddistinta e la stanno caratterizzando, sia per la sua complessa articolazione. Si può ritenere infatti che proprio nel Novecento si compia un’ampia rivalutazione e riappropriazione della proto-informatica di Lullo, Yates, l’ars combinatoria e l’ars memoranda; quella che attraverso Giordano Bruno, l’ars magna primitiva, la mnemotecnica, il calcolo computazionale e l’intelligenza artificiale riemerge nei new media e nella rivoluzione digitale. La volontà è dunque quella di indagare l’estetica che da Cartesio, Leibniz e il new-gothic giunge sino al Novecento, elaborata a partire dai primi decenni del secolo dalle avanguardie storiche e dalle nuove epistemologie, fino alle tendenze più recenti. In questo modo, I Codici dell’Apocalisse può essere interpretata anche come uno sguardo su una possibile rilettura della storia a partire da pensieri distopici che continuano a produrre immaginari nelle forme trasversali tra arte, letteratura, architettura.
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