Louise Caico Hamilton. Sicilian ways and days
Dal 22 Febbraio 2014 al 23 Marzo 2014
Caltagirone | Catania
Luogo: Galleria Fotografica Luigi Ghirri
Indirizzo: via Duomo 11
Orari: da lunedì a domenica 9-12.30 / 16-19
Curatori: Sebastiano Favitta, Attilio Gerbino
Enti promotori:
- Galleria Fotografica Luigi Ghirri
- Città di Caltagirone
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 334 3358978
E-Mail info: gallerialuigighirri@tiscali.it
Sito ufficiale: http://galleriafotograficaghirri.blogspot.it
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT, con la riscoperta della singolare e straordinaria figura di una donna, fotografa per passione e antropologa per destino – l’irlandese Louise Hamilton, di cultura eclettica e cosmopolita che nel 1880 sposa un siciliano di Montedoro, il borgo del Vallone nisseno dove si trasferisce nel 1897 –, avvia un ciclo di mostre, brani di un testo ben più ampio – la Rassegna Fotografica Luce dal Sud_Lungo la soglia dell’Occidente – scritto a doppie mani, tra Milano e Caltagirone, da Giovanni Chiaramonte e dalla stessa Ghirri.
L’approdo di questo ridotto, quanto eterogeneo corpus di foto della Caico-Hamilton per questa preziosa mostra in Galleria ha del serendipico: dal suo fortunoso salvataggio ad opera di una sensibile signora estranea al mondo della fotografia – dalla soffitta dimenticata di un rudere destinato alla demolizione –, all’oblio ultradecennale prima della traduzione italiana di Sicilian Ways And Days – il bel volume illustrato, edito, in origine nel 1910, per i tipi di John Long a Londra e di D. Appleton and Company a New York –, alla riscoperta e al progressivo interesse, più vernacolare che scientifico, degli abitanti di Montedoro – l’Arcadia primordiale dove Louise trascorse ben sedici anni prima di approdare a Palermo nel 1913 – per giungere, senza compiersi, all’attenzione e agli studi appassionati – e tuttora in progress – dei fratelli Messana, Calogero e Federico, creatori della Raccolta civica di Casa Messana a Montedoro.
Ma, al di là dell’indiscutibile rilevanza documentaria (per gli aspetti etno-antropologici, colti fotograficamente da Louise che li registra con una scrittura assai prossima ai diari del Grand Tour europeo) in questa sede preme sottolineare quanto l’opera della Caico sia ancora in larga parte misconosciuta, non essendo stata scientificamente indagata come, in realtà, meriterebbe. La sua stessa narrazione peraltro, sia pur poco incline all’accettazione di questa Sicilia arcaica, maschilista e così agli antipodi del suo background d'origine, e certamente intrisa di quel sottile e arguto humor anglosassone, immancabilmente tradisce l’interesse e la curiosità per gli usi, i costumi, gli abitanti e, sopra ogni cosa, per quei cieli illuminati da una luce abbacinante che da sola riesce a riscattare, agli occhi della stessa fotografa, questo cuore arido e sulfureo di Sicilia.
Da tempo ormai, gli impulsi elettrici del digitale hanno soppiantato le sostanze fotosensibili che la stessa Louise manipolava empiricamente, approntando il laboratorio fotografico nella stanza della frutta di casa Caico, e tuttavia, oggi come allora, uno sguardo continua a osservare e traguardare ancora il paesaggio e le vicende umane attraverso l’occhio di un mirino fotografico mentre la luce al Sud rimane abbacinante e la Sicilia intorno – sempre sintesi e paradigma della civiltà Occidentale – continua a offrire nuove occasioni per chi, nella fotografia, cerca riscatto o trova diletto.
Sebastiano Favitta e Attilio Gerbino
L’approdo di questo ridotto, quanto eterogeneo corpus di foto della Caico-Hamilton per questa preziosa mostra in Galleria ha del serendipico: dal suo fortunoso salvataggio ad opera di una sensibile signora estranea al mondo della fotografia – dalla soffitta dimenticata di un rudere destinato alla demolizione –, all’oblio ultradecennale prima della traduzione italiana di Sicilian Ways And Days – il bel volume illustrato, edito, in origine nel 1910, per i tipi di John Long a Londra e di D. Appleton and Company a New York –, alla riscoperta e al progressivo interesse, più vernacolare che scientifico, degli abitanti di Montedoro – l’Arcadia primordiale dove Louise trascorse ben sedici anni prima di approdare a Palermo nel 1913 – per giungere, senza compiersi, all’attenzione e agli studi appassionati – e tuttora in progress – dei fratelli Messana, Calogero e Federico, creatori della Raccolta civica di Casa Messana a Montedoro.
Ma, al di là dell’indiscutibile rilevanza documentaria (per gli aspetti etno-antropologici, colti fotograficamente da Louise che li registra con una scrittura assai prossima ai diari del Grand Tour europeo) in questa sede preme sottolineare quanto l’opera della Caico sia ancora in larga parte misconosciuta, non essendo stata scientificamente indagata come, in realtà, meriterebbe. La sua stessa narrazione peraltro, sia pur poco incline all’accettazione di questa Sicilia arcaica, maschilista e così agli antipodi del suo background d'origine, e certamente intrisa di quel sottile e arguto humor anglosassone, immancabilmente tradisce l’interesse e la curiosità per gli usi, i costumi, gli abitanti e, sopra ogni cosa, per quei cieli illuminati da una luce abbacinante che da sola riesce a riscattare, agli occhi della stessa fotografa, questo cuore arido e sulfureo di Sicilia.
Da tempo ormai, gli impulsi elettrici del digitale hanno soppiantato le sostanze fotosensibili che la stessa Louise manipolava empiricamente, approntando il laboratorio fotografico nella stanza della frutta di casa Caico, e tuttavia, oggi come allora, uno sguardo continua a osservare e traguardare ancora il paesaggio e le vicende umane attraverso l’occhio di un mirino fotografico mentre la luce al Sud rimane abbacinante e la Sicilia intorno – sempre sintesi e paradigma della civiltà Occidentale – continua a offrire nuove occasioni per chi, nella fotografia, cerca riscatto o trova diletto.
Sebastiano Favitta e Attilio Gerbino
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