Il Novecento per il Museo dell'Opificio delle Pietre Dure

Opificio delle Pietre Dure, Laboratorio di restauro di Mosaico e commesso in pietre dure (su bozzetto di Lando Bartoli), Composizione con poliedro e cono, 1952, pietre tenere, cm. 15,8x20,4. Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure
Dal 11 Dicembre 2018 al 04 Maggio 2019
Firenze
Luogo: Museo dell'Opificio delle Pietre Dure
Indirizzo: via degli Alfani, 78
Orari: lunedì - sabato 8.15-14 (ultimo ingresso 13.30); chiuso domenica nei giorni festivi
Curatori: Sandra Rossi, Annalisa Innocenti
Costo del biglietto: intero € 4, ridotto € 2. Riduzioni e gratuità secondo le normative per i musei statali
Nei primi anni '50 del Novecento all'Opificio delle Pietre Dure maturarono alcune esperienze di rilancio della tecnica del commesso. L'obiettivo era quello di rinnovare in chiave contemporanea l'antica tradizione della Manifattura, nata nel 1588 con Ferdinando I de' Medici, arricchendo inoltre di nuove istanze artistiche e culturali la collezione del Museo, che aveva riaperto dopo la guerra solo nel 1952, con il nuovo allestimento del direttore Lando Bartoli e dello storico dell'arte Edward A. Maser.
Con questo intento il 10 novembre del 1953 fu bandito un concorso per formelle in pietre dure e tenere e bozzetti da realizzarsi in commesso. Risposero con entusiasmo alcuni giovani artisti fiorentini partecipi e aggiornati rispetto alle proposte figurative di quel momento così ricco di forze vitali.
I risultati sono presentati in una piccola mostra ospitata nelle stanze del Museo dell'Opificio delle Pietre Dure allestita su progetto dello studio P&M architecture srl di Firenze. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Sillabe, nel quale si ripercorrono e contestualizzano quelle vicende di metà ‘900 proponendo un’analisi che interessa gli aspetti tecnici e più propriamente storico-critici. Un microcosmo che testimonia la rinascita dell'interesse per le arti applicati di quel quel preciso periodo storico, attraverso la rivalutazione di un'arte cosiddetta “minore” che “minore” non è mai stata.
Sono esposti in mostra al piano superiore del Museo 4 bozzetti a colori, 3 disegni con relativi lucidi e 16 formelle in pietre dure e tenere. Conclude la serie delle 23 opere la formella il cui bozzetto di Alvaro Monnini, vinse il primo premio del concorso. (Fig. 8)
Monnini fu il più lirico e narrativo tra gli esponenti dell’Astrattismo classico, e il modello rappresenta una sintesi molto efficace della sua pittura, con la presenza del segno a pettine che ne divenne poi quasi un emblema. Il tema scelto, la danza, conteneva in sé e nell’andamento frammentato dello spazio il senso ritmico che fu da quel momento in poi sempre protagonista delle sue più riuscite composizioni e che si portava dietro anche la memoria del dinamismo futurista.
La formella fu realizzata nel laboratorio dell’Opificio da Giancarlo Raddi delle Ruote e Piero Frizzi, che, per scegliere le pietre più adatte, si recarono appositamente a Montaione e lì individuarono l’alabastro che sarebbe stato poi utilizzato nelle vesti delle ballerine, negli alberi e nella cornice.
La piccola mostra permette anche di ripercorrere i passaggi esecutivi caratteristici da sempre della tecnica che ha reso l'Opificio famoso nel mondo.
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