La grande retata e Wielka Szpera
La grande retata e Wielka Szpera, Castello D'Albertis - Museo delle Culture del Mondo, Genova
Dal 6 February 2014 al 23 March 2014
Genova
Luogo: Castello D'Albertis - Museo delle Culture del Mondo
Indirizzo: corso Dogali 18
Orari: da martedì a venerdì 10-17; sabato e domenica 10-18
Curatori: Anna Szwarc Zajac
Enti promotori:
- Consolato Generale della Repubblica della Polonia a Milano
- Associazione Italo Polacca di Genova
- Comunità Ebraica di Genova
Costo del biglietto: intero € 6, ridotto € 4.50, scuole € 3
Telefono per informazioni: +39 010 2723820
E-Mail info: castellodalbertis@comune.genova.it
Sito ufficiale: http://www.culturainliguria.it
La mostra, realizzata dal Centro Dialogo Marek Edelman di Lodz e dall’Archivio Nazionale Polacco di Lodz, cura di Anna Szwarc Zajac, è costituita da 26 pannelli che raccolgono documentazione storica e fotografica sul Ghetto di Lodz, con immagini scattate dal 1939 all’agosto del 1944.
La sua versione italiana è realizzata in collaborazione con il Consolato Generale della Repubblica della Polonia a Milano, l’Associazione Italo Polacca di Genova e la Comunità Ebraica di Genova.
Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Lodz era una città multiculturale. Lì vivevano insieme polacchi, ebrei, tedeschi, russi, cechi e armeni; gli Ebrei costituivano oltre il 30 per cento della popolazione di 680.000 cittadini.
Il ghetto di Lodz fu creato a febbraio del 1940.
All’inizio i tedeschi avevano previsto di isolare la popolazione ebraica in luoghi speciali di detenzione, ma i problemi al fronte impedivano la deportazione di un così folto numero di persone. Pertanto, optarono per la costruzione di un luogo dove la popolazione ebraica potesse essere strettamente controllata. Il ghetto di Lodz fu il più chiuso fra tutti i ghetti, un luogo completamente isolato dal resto del mondo, circondato da filo spinato, e con stazioni di polizia collocate a poche centinaia di metri.
Nel ghetto di Lodz fu istituito un campo di concentramento per bambini polacchi sotto i 16 anni finalizzato alla distruzione sia fisica che psicologica. Il campo non era nascosto, doveva provocare un senso di minaccia tra la popolazione polacca. I giovani rinchiusi nel campo, così come le persone che vivevano nel ghetto, avevano l’obbligo di lavorare pesantemente, in numerose aziende sorte per produrre beni destinati a vantaggio della Germania, tra cui la confezione delle divise e la produzione di stivali per i militari, anche grazie all’utilizzo di bambini ed anziani.
Sul terreno di Lodz fu aperto anche un campo per gli zingari provenienti dall’Austria, i locali Rom oltre che zingari di altri ceppi d’origine. La politica nazista agiva, come nel caso degli ebrei, allo scopo di portare al totale sterminio degli zingari. Pertanto, le condizioni di vita erano ancora peggiori di quelle che prevalevano nel ghetto o nel campo per bambini.
Le settantanovemila persone che vivevano nel ghetto condussero una lotta quotidiana contro la fame, la povertà e la sporcizia
La parola “retata” (“szpera” in polacco) indica il divieto agli ebrei di uscire di casa per permettere ai nazisti il prelevamento di bambini al di sotto dei 10 anni e di anziani al di sopra dei 65 anni per la loro deportazione.
Per liquidare il ghetto di Lodz, ai tedeschi occorsero tre mesi, dal 23 giugno 1944 fino alla deportazione degli ultimi prigionieri ad Auschwitz-Birkenau il 29 agosto 1944. In territorio polacco il ghetto di Lodz fu uno dei primi a essere costruito e l’ultimo a essere liquidato.
Le fotografie provengono dall’Archivio Nazionale di Lodz
La sua versione italiana è realizzata in collaborazione con il Consolato Generale della Repubblica della Polonia a Milano, l’Associazione Italo Polacca di Genova e la Comunità Ebraica di Genova.
Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Lodz era una città multiculturale. Lì vivevano insieme polacchi, ebrei, tedeschi, russi, cechi e armeni; gli Ebrei costituivano oltre il 30 per cento della popolazione di 680.000 cittadini.
Il ghetto di Lodz fu creato a febbraio del 1940.
All’inizio i tedeschi avevano previsto di isolare la popolazione ebraica in luoghi speciali di detenzione, ma i problemi al fronte impedivano la deportazione di un così folto numero di persone. Pertanto, optarono per la costruzione di un luogo dove la popolazione ebraica potesse essere strettamente controllata. Il ghetto di Lodz fu il più chiuso fra tutti i ghetti, un luogo completamente isolato dal resto del mondo, circondato da filo spinato, e con stazioni di polizia collocate a poche centinaia di metri.
Nel ghetto di Lodz fu istituito un campo di concentramento per bambini polacchi sotto i 16 anni finalizzato alla distruzione sia fisica che psicologica. Il campo non era nascosto, doveva provocare un senso di minaccia tra la popolazione polacca. I giovani rinchiusi nel campo, così come le persone che vivevano nel ghetto, avevano l’obbligo di lavorare pesantemente, in numerose aziende sorte per produrre beni destinati a vantaggio della Germania, tra cui la confezione delle divise e la produzione di stivali per i militari, anche grazie all’utilizzo di bambini ed anziani.
Sul terreno di Lodz fu aperto anche un campo per gli zingari provenienti dall’Austria, i locali Rom oltre che zingari di altri ceppi d’origine. La politica nazista agiva, come nel caso degli ebrei, allo scopo di portare al totale sterminio degli zingari. Pertanto, le condizioni di vita erano ancora peggiori di quelle che prevalevano nel ghetto o nel campo per bambini.
Le settantanovemila persone che vivevano nel ghetto condussero una lotta quotidiana contro la fame, la povertà e la sporcizia
La parola “retata” (“szpera” in polacco) indica il divieto agli ebrei di uscire di casa per permettere ai nazisti il prelevamento di bambini al di sotto dei 10 anni e di anziani al di sopra dei 65 anni per la loro deportazione.
Per liquidare il ghetto di Lodz, ai tedeschi occorsero tre mesi, dal 23 giugno 1944 fino alla deportazione degli ultimi prigionieri ad Auschwitz-Birkenau il 29 agosto 1944. In territorio polacco il ghetto di Lodz fu uno dei primi a essere costruito e l’ultimo a essere liquidato.
Le fotografie provengono dall’Archivio Nazionale di Lodz
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