Francesco Salvi. I Diavoli Custodi

Francesco Salvi, Jolly Roger in Tour, olio su tela, 150x100 cm

 

Dal 22 Marzo 2017 al 29 Marzo 2017

Milano

Luogo: Antico Oratorio della Passione di S. Ambrogio

Indirizzo: piazza Sant'Ambrogio

Curatori: Cosimo Mero, Giancamillo Custozza



Incredibile cosa si può nascondere dietro al volto di un comico come Francesco Salvi, artista davvero eclettico e votato ad una espressività che potremmo definire integrale se non totale. E’ una tendenza che ben sintetizza molte istanze del cosiddetto postmodernismo e ci richiama pure lo squilibrio picaresco dell’età barocca o seicentesca, periodo storico e culturale ricco di corrispondenze con i nostri tempi: stati emotivi contrastanti, irrequietezza, avventurosi viaggi nel cosmo disordinato e ombroso dell’essere e rientri veloci nella luce e nell’ordine ma in “divieto di sosta” e pagandone la multa.

Con Umberto Eco possiamo ben dire, a proposito di Salvi, “che il postmoderno non sia una tendenza circoscrivibile crono- logicamente, ma una categoria spirituale, o meglio un Kunstwollen, un modo di operare».
Difficile che un’indole e un modus operandi così trovi una sua dimora stabile, sebbene sia nato nella tranquilla Luino nel 1953 e sappia, da architetto qual è, come si costruisca una casa. Cantante, comico, attore, doppiatore, ma soprattutto uomo decisamente colto con Francesco Salvi si può, con una rapidità sorprendente, “discorrere” nel vero senso di questo termine che richiama la prontezza arguta e analogica di correre a perdifiato per molti campi semantici durante una conversazione ricca di sostrati culturali. Nelle sue ro- cambolesche apparizioni cabarettistiche e televisive degli anni ottanta si potevano già scorgere tali tratti che richiamavano stati spiritati e geniali di una comicità sorprendentemente demenziale e post-ideologi- ca che frantumavano i granitici “anni di piombo”. Fu questa la fortuna sua e di tanti comici, imprenditori e autori del Derby e del “Drive-in” che seppero ben intuire le esigenze del pubblico nel periodo del capitalismo felice lombardo e della Milano da bere.

Che Francesco Salvi abbia il suo “genius natalis” ossia uno o più spiritelli, angeli o demoni, che lo accom- pagnano, lo potremo scorgere in questa sua mostra presso l’Antico Oratorio della Passione di S. Ambrogio nei giorni fra il 22 e il 29 marzo 2017, che, con i pochi lacerti di affreschi sopravvissuti, ci richiama il suo cinquecentesco concittadino Bernardo Luini che in questa antica sede di una confraternita operò. Non è forse vero che talvolta le coincidenze non avvengono per caso? E non sarà possibile che i due arti- sti lacustri trovino in questo storico e particolare spazio un dialogo interessante? Si tratterà di capire se composizioni in movimento, fatte di elementi metalmeccanici rischiarati da un'aurora informatica tro- vino in tale contesto remote ma importanti relazioni. L’edificio dell’Oratorio della Passione e l’annesso chiostrino ci riporta nel lontano 1477, quando previa autorizzazione e progetto dell’architetto Guini- forte Solari, iniziò ad essere costruito sotto il campanile dei canonici di S. Ambrogio per conto di una confraternita che svolgeva il pietoso ufficio dell’ars bene moriendi. L’edificio che sorgeva era composto, così come è possibile ammirarlo ancora oggi, di un vano quadrangolare con doppia volta a crociera e da un’absidiola con volta ad ombrello, ricca di lunette e vele. Per il relativamente piccolo spazio si trattava già di qualcosa di futuristico a quei tempi che precorrevano il Rinascimento lombardo. In seguito, infatti, nel corso del 1500, lo spazio fu impreziosito con decorazioni pittoriche della bottega di Bernardino Lui- ni e da ulteriori interventi architettonici, come l’apertura della grande finestra della facciata, che lo resero così come è possibile ammirarlo ora mentre accoglie le opere del luinense Francesco Salvi. Circa i pochi lacerti di affreschi sopravvissuti alla malia del tempo e della cupidigia umana resta però un fatto: essi ri- chiamano non solo la passione di Cristo e gli strumenti della crocifissione nelle mani di angeli consolatori ma anche Dio Padre che vigila dall’alto della piccola abside sulle sofferenze di ogni singolo uomo che va verso il suo ineludibile destino. E sotto, lungo le pareti, ecco inserirsi le opere di Francesco Salvi, veri e propri reticoli psichici che diventano motivi architettonici, nessi liberi, assurdi e fantasiosi. Potremmo anche dire luna park utopici, moderni Colossei, hard disk che ruotano nello spazio come cilindri in mo- vimento. Nel flusso della memoria si saldano poi schiere di casette da fiaba nordica e tenere fabbriche sironiane. Cosa dire poi di questo paesaggio denaturalizzato, in contrasto con l’arcadico “Noli me tangere” luiniano, dove si animano presenze rare, ma ricorrenti, come il cavaliere meccanico in missione per conto di una tavola rotonda cava che sembra dar suono e clangore alle ferraglie strutturali e al movimento faticoso dell'armatura. Creature pietrificate, come potrebbero infatti mancare i gargoyles su guglie goti- che che riempiono un cielo mai sgombro? Dalla imprescindibile essenza fanciullesca, fonte e condizione di febbrile creatività, si sprigionano piatti fantasmi, babau notturni, demoni buffi, cattivi ma ridicoli che insieme a Batman e ai soli frequentatori dei tetti delle metropoli possono aggirarsi indisturbati tra cerchi e rette, tra cilindri e coni di variabile misura. Le auto là sotto sono auto degli anni 50' che trasportano attori di film americani... Horror vacui? Farciture complesse dell'inconscio? Eppure nei disegni di Salvi si rintracciano e citano con coltivata levità, in un sincretismo onirico, tutti gli elementi formali stilistici dell'architettura: volute barocche che ingombrano lo spazio, gotica verticalità, classiche istanze e forse un simbolo tutto medievale di eroico senso. Niente paura, però, circa i demoni postmoderni di Salvi. Nei giorni della mostra saranno tutti tenuti a bada dall’arcangelo Michele e da altri angeli custodi del Luini presenti da circa cinque secoli nell’Antico Oratorio della Passione di S. Ambrogio.   

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