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Il Custode dell’orto XVI secolo – Loris Cecchini XXI secolo

Il Custode dell’orto XVI secolo – Loris Cecchini XXI secolo, Galleria Canesso Milano
Dal 29 Aprile 2022 al 10 Giugno 2022
Milano
Luogo: Galleria Canesso Milano
Indirizzo: Via Borgonuovo 24
Orari: da lunedì a venerdì dalle 14 alle 18 o su appuntamento
Enti promotori:
- Galleria Canesso Milano
- Galleria Continua
Telefono per informazioni: +39 02 91555544
E-Mail info: info@galleriacanesso.art
Sito ufficiale: http://www.canesso.art
Dal 29 aprile al 10 giugno, in via Borgonuovo 24, Galleria Canesso ospiterà una rara scultura realizzata in Lombardia tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, nell’ambito del mondo di Arcimboldo. Accanto ad essa verranno allestite quattro installazioni site-specific dell’artista contemporaneo Loris Cecchini.
Alta quasi due metri, la sorprendente scultura del Custode dell’orto è un caso molto raro di trasposizione in pietra dello stile del pittore milanese Giuseppe Arcimboldo (1526-1593), l’opera di uno scultore lombardo la cui identità è ancora avvolta nel mistero. Nato circa quattro secoli fa per difendere simbolicamente un parco privato, il Custode dell’orto sarà circondato da quattro opere dell’artista milanese contemporaneo Loris Cecchini che, come rami metallici, daranno vita a un giardino contemporaneo protetto dall’antico guardiano.
“Coltivare un orto, prendersi cura di un giardino, vuol dire porsi in un atteggiamento di salvaguardia della natura e del nostro mondo” dice Maurizio Canesso “Il nostro colosso è metafora proprio di questo: dell’umano che si fa tutt’uno con la natura per difenderla”
La potenza del colosso di pietra esprime con insuperabile efficacia l’unione tra l’uomo e la natura e, allo stesso tempo, il ruolo tutelare che noi umani dobbiamo avere nei confronti dell’ambiente. Una divertente iscrizione in latino, che accompagna la scultura, da’ voce al gigante di pietra: “io, presiedo all’orto, metto in mostra l’orto, allontano il nemico; tu che sei presente e leggi, se desideri qualcosa, chiedi gentilmente, tieni quello che hai chiesto e vattene”
Le opere di due scultori milanesi, a distanza di cinque secoli, trasmettono un messaggio comune e fondamentale. II giardino è anche il luogo dove si osserva e studia la natura nei suoi processi organici di crescita e mutamento. Proprio le forme del divenire organico, regolate da leggi più forti di quelle della razionalità umana, sono alla base del lavoro di Cecchini. Le sue ultime ricerche sono infatti indirizzate a strutture reticolari e conformazioni molecolari che costituiscono la struttura di base di piante e minerali. Da qui nascono affascinanti elementi modulari che aggregandosi e proliferando danno vita a strutture complesse.
Un approfondito studio della storica dell’arte Susanna Zanuso ci aiuta a comprendere il complesso, curioso e controverso percorso nel tempo di quest’ opera “Questa sorprendente scultura è entrata nell’orizzonte degli studi solo nel 1995 quando Gian Giacomo Della Torre Piccinelli, che ne era allora proprietario, pubblicava un articolo nel quale la attribuiva senza incertezze a Giuseppe Arcimboldi (1526-1593): allora conservata nella sua villa di Trescore Balneario, dove era giunta per via ereditaria, era accompagnata da una targa marmorea con una lunga iscrizione in latino, dall’autore trascritta e tradotta, nella quale il misterioso personaggio metteva in guardia l’osservatore di non scambiarlo per una immagine di Vertunno, la divinità antica che presiedeva alla mutazione delle stagioni e alla maturazione dei frutti, essendo un più domestico “custode dell’orto” preposto a sorvegliare e difendere i suoi prodotti”.
Alta quasi due metri, la sorprendente scultura del Custode dell’orto è un caso molto raro di trasposizione in pietra dello stile del pittore milanese Giuseppe Arcimboldo (1526-1593), l’opera di uno scultore lombardo la cui identità è ancora avvolta nel mistero. Nato circa quattro secoli fa per difendere simbolicamente un parco privato, il Custode dell’orto sarà circondato da quattro opere dell’artista milanese contemporaneo Loris Cecchini che, come rami metallici, daranno vita a un giardino contemporaneo protetto dall’antico guardiano.
“Coltivare un orto, prendersi cura di un giardino, vuol dire porsi in un atteggiamento di salvaguardia della natura e del nostro mondo” dice Maurizio Canesso “Il nostro colosso è metafora proprio di questo: dell’umano che si fa tutt’uno con la natura per difenderla”
La potenza del colosso di pietra esprime con insuperabile efficacia l’unione tra l’uomo e la natura e, allo stesso tempo, il ruolo tutelare che noi umani dobbiamo avere nei confronti dell’ambiente. Una divertente iscrizione in latino, che accompagna la scultura, da’ voce al gigante di pietra: “io, presiedo all’orto, metto in mostra l’orto, allontano il nemico; tu che sei presente e leggi, se desideri qualcosa, chiedi gentilmente, tieni quello che hai chiesto e vattene”
Le opere di due scultori milanesi, a distanza di cinque secoli, trasmettono un messaggio comune e fondamentale. II giardino è anche il luogo dove si osserva e studia la natura nei suoi processi organici di crescita e mutamento. Proprio le forme del divenire organico, regolate da leggi più forti di quelle della razionalità umana, sono alla base del lavoro di Cecchini. Le sue ultime ricerche sono infatti indirizzate a strutture reticolari e conformazioni molecolari che costituiscono la struttura di base di piante e minerali. Da qui nascono affascinanti elementi modulari che aggregandosi e proliferando danno vita a strutture complesse.
Un approfondito studio della storica dell’arte Susanna Zanuso ci aiuta a comprendere il complesso, curioso e controverso percorso nel tempo di quest’ opera “Questa sorprendente scultura è entrata nell’orizzonte degli studi solo nel 1995 quando Gian Giacomo Della Torre Piccinelli, che ne era allora proprietario, pubblicava un articolo nel quale la attribuiva senza incertezze a Giuseppe Arcimboldi (1526-1593): allora conservata nella sua villa di Trescore Balneario, dove era giunta per via ereditaria, era accompagnata da una targa marmorea con una lunga iscrizione in latino, dall’autore trascritta e tradotta, nella quale il misterioso personaggio metteva in guardia l’osservatore di non scambiarlo per una immagine di Vertunno, la divinità antica che presiedeva alla mutazione delle stagioni e alla maturazione dei frutti, essendo un più domestico “custode dell’orto” preposto a sorvegliare e difendere i suoi prodotti”.
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