Kosmopolis. Dialoghi con l'Europa nella pittura del Settecento veneto

Kosmopolis. Dialoghi con l'Europa nella pittura del Settecento veneto

 

Dal 13 Novembre 2013 al 14 Febbraio 2014

Milano

Luogo: Spazio Sant’Alessandro

Indirizzo: via Amedei 3

Orari: da martedì a sabato 10.30-13/ 15.30-19

Curatori: Federica Spadotto

Telefono per informazioni: +39 02 72015927

E-Mail info: spaziosantalessandro@gmail.com

Sito ufficiale: http://www.spaziosantalessandro.com/home.html


Presso la galleria milanese Spazio Sant’Alessandro la stagione autunnale si apre all’insegna di una mostra dall’obbiettivo ambizioso: uscire dagli abituali clichè sul Settecento veneto guardandolo attraverso i suoi rapporti con la cultura europea. 
Nella selezione di dipinti, in gran parte inediti, scelti da Fabrizio Dassie e presi in esame da Federica Spadotto, curatrice dell’evento ed eminente specialista della materia, la Serenissima si offre agli occhi dello spettatore nella sua straordinaria essenza «cosmopolita», ovvero crocevia di genti, idee, dibattiti intellettuali…e soprattutto suggestioni artistiche. 
Non vi era nobile d’oltremanica capace di sottrarsi alla Laguna durante il Grand Tour, e di rimanerne a tal punto conquistato da voler fissare il ricordo della città costruita sull’acqua, o del suo entroterra, attraverso particolari souvenirs. Raffinati, gradevolissimi, ameni ricordi di un viaggio indimenticabile : questo rappresentavano le vedute di Venezia ed i paesaggi dei grandi protagonisti di tale straordinaria stagione, chiamati a soddisfare quel circuito di viaggiatori stranieri che si aggiravano tra calli, campielli e canali prima di riprendere il proprio cammino lungo i tesori d’Italia. 
Esemplificativo a riguardo giunge il piacevole pendant di Francesco Tironi ( Venezia, 1745-1797 ), che coniuga il vivace chiaroscuro del pieno Settecento con gli irrinunciabili tocchi di bianco e di rosso, assai graditi ai « turisti » dell’epoca. 
Nei magnificenti palazzi affacciati sul Canal Grande, invece, raffinati collezionisti d’oltralpe del calibro del federmaresciallo Matthias von der Schulenburg si dedicavano a raccogliere i migliori frutti della pittura lagunare, con il sogno -purtroppo mai realizzato- di regalare alla natìa Germania quelle tele impregnate di luce che solo gli artefici veneziani erano in grado di comporre. 
Tra i pittori più apprezzati dall’ufficiale teutonico è annoverato Francesco Simonini ( Parma, 1686- Venezia o Firenze, 1755 c. ), illustre protagonista del genere battaglistico in Laguna, rappresentato in mostra dal suggestivo dipinto raffigurante L’adunata. 
Lungi dal godere della propria luce, che rifulge come una stella polare per l’intera Europa, Venezia ed i suoi pittori guardano lontano, lasciandosi catturare dalle esperienze straniere, o decidendo addirittura di emigrare in paesi lontani, divenendo essi stessi cosmopoliti. 
E’ il caso di Pietro Rotari ( Verona, 1707-San Pietroburgo, 1762), di cui si espone un importante esemplare di soggetto vetero-testamentario ( Ester e Assuero) che prelude agli incarichi presso le corti di Vienna, Dresda e San Pietroburgo, oltre a Francesco Zuccarelli ( Pitigliano, 1702-Venezia, 1788 ), vero e proprio nodo semantico della mostra in virtù di una dimensione internazionale raggiunta da pochi altri. 
Quest’ultimo, infatti, dopo essere divenuto il più importante paesaggista veneziano del XVIII secolo, pur all’apice della propria carriera decide di trasferirsi a Londra, coniugando la felice atmosfera veneziana con le suggestioni della cultura britannica. 
Vi rimarrà per oltre vent’anni, strutturando la propria identità cosmopolita attraverso il dialogo serrato con la pittura didascalica anglosassone, l’eredità fiamminga filtrata dai paesisti inglesi, il continuo confronto con le correnti intellettuali contemporanee. 
Il risultato pittorico di siffatta avventura artistica trova esaustiva rappresentazione nel Macbeth e le streghe, vero e proprio manifesto dell’illuminismo d’oltremanica permeato di umori ricceschi, che si offrirà agli spettatori in tutta la freschezza cromatica che il perfetto stato di conservazione consente di apprezzare. 
L’Ussaro con cavalli all’abbeverata di Francesco Casanova ( Londra, 1727- Bruhl, 1802 ), ci riporta, invece, nuovamente in Laguna, dove il cosmopolitismo si traduce nella raffinata atmosfera esotica dei cosiddetti dipinti « turcheschi » : soggetti d’ispirazione orientale calati in appetibili scenari alla moda. 
Di gran lunga più elaborata e complessa risulta, invece, la vocazione esterofila di Giovan Battista Pittoni ( Venezia, 1687- 1767) espressa nella Madonna della rosa, vero e proprio capolavoro desunto da un’incisione di Joseph Wagner a sua volta ripresa dal celebre omologo del maestro francese Simon Vouet ( Parigi, 1590-1649). In questo straordinario esemplare, offerto al pubblico per la prima volta, l’artista compie un’operazione estetica di straordinario interesse, permeando il raffinato classicismo d’oltralpe di umori veneti, con un esito di straordinaria efficacia. 
Il debito nei confronti della cultura figurativa straniera è alla base, peraltro, del gustoso Paesaggio con viandanti di Antonio Diziani ( Venezia, 1737-1797 ), dove gli echi dei « pittori foresti » discesi dalle Alpi per gettare i semi della grande tradizione paesistica veneta si accendono di quella palpitante verve espressiva che solo il pennello di un veneziano sa esprimere. 
Assolutamente equilibrato, composto, misurato si presenta, invece, Giovan Battista Cimaroli ( Salò, 1687-Venezia, 1771 ), pittore lombardo adottato dalla Serenissima, che in una delle sue fondamentali opere appartenenti alla giovinezza ( Paesaggio campestre con figure, animali e cascatella) illustra il suo « cosmopolitismo di riflesso », ovvero il dialogo con Venezia attraverso l’educazione lombarda ed il diretto legame con la cultura nordica trasmessogli dal suocero Andrea Pachman. 
La città delle calli, del Canal Grande e della Basilica, quindi, si arricchisce di innumerevoli ed inaspettate sfaccettature, che la rendono molto più pregnante di quanto siamo abituati a considerarla attraverso una lettura talvolta sommaria, e proprio per questo fuorviante. 
L’intenzione della mostra risiede proprio nella volontà di considerare Venezia nel suo secolo d’oro non tanto come statica protagonista, trascolorante sogno sull’acqua da fissare sulla tela come un miraggio, fucina di suggestive vedute o imponenti cicli decorativi; bensì variegato mosaico d’esperienze, capace di accogliere, trasformare, forgiare le più inaspettate suggestioni europee attraverso l’inimitabile impasto di luce e colore che l’ha resa immortale.

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