Robby Müller. Like Sunlight coming through the Clouds / Natália Trejbalová. About Mirages and stolen Stones

© Robby Müller and Annet Gelink Gallery, Amsterdam | Robby Müller, Mad Dog and Glory, Chicago, 1991. Polaroid Spectra

 

Dal 07 Gennaio 2021 al 25 Gennaio 2021

Milano

Luogo: Case Chiuse HQ

Indirizzo: Via Rosolino Pilo 14

Orari: su appuntamento dalle 11 alle 19

Curatori: Andrea Müller-Schirmer

Sito ufficiale: http://www.casechiuse.net



La mostra personale di Robby Müller Like Sunlight coming through the Clouds, a cura di sua moglie Andrea Müller-Schirmer, è nata dalla collaborazione tra Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Case Chiuse HQ, Milano.
 
Robby Müller è riconosciuto a livello internazionale come uno dei più importanti direttori della fotografia in ambito sperimentale grazie alle sue collaborazioni con Wim Wenders, Jim Jarmusch e Lars von Trier di cui citiamo solo Paris, Texas (1984), Down by Law (1986) e Breaking the Waves (1996). In questi film, come in altri di William Friedkin, Peter Bogdanovich, Sally Potter, Michael Winterbottom e Steve Mc Queen, Robby Müller ha sempre spinto agli estremi la sperimentazione, ha cercato di evitare la pianificazione, la costruzione programmata dei piani e delle sequenze, preferendo la spontaneità del proprio sguardo. Attraverso il suo ricercato virtuosismo nello sfruttare ogni momento di luce naturale, Müller è sempre stato capace di creare una particolare unità tra narrazione, atmosfera e immagine.
 
Presentando un’ampia selezione di Polaroid e di edizioni, la mostra si incentra su una parte meno conosciuta del suo lavoro. Questi scatti confermano la sorprendente abilità di Müller nel cogliere dettagli particolari, nel giocare con la luce e il colore, rivelando anche la sua predilezione per il crepuscolo, l’ora blu, in cui la luce naturale e quella artificiale si fondono.
Müller ha sempre portato con sé una macchina fotografica e dal 1973 non ha mai viaggiato senza una Polaroid, dopo averla utilizzata per la prima volta sul set di Alice in the Cities (Wim Wender). Quando non era completamente immerso nel suo lavoro, scattava con la sua istantanea catturando immagini di vita quotidiana: stanze d'albergo illuminate magicamente, auto americane e scenari urbani, motivi astratti nei paesaggi cittadini, alberi, fiori e autoritratti pervasi di giochi di luce. Ha costruito così un vasto archivio di Polaroid in cui risultano evidenti le costanti della sua ricerca. In tutta la sua carriera e in ogni scatto, ha sempre ricercato una precisa condizione di luce attraverso lo studio delle sue infinite proprietà.
Le Polaroid in mostra, scattate tra gli inizi degli anni Settanta e la fine degli anni Novanta, offrono la possibilità di osservare il lavoro fotografico di Müller da un punto di vista più ampio e autonomo rispetto alla produzione filmica. Indubbiamente le Polaroid rivelano una propria autonomia di ricerca e, allo stesso tempo, sono complementari al suo lavoro cinematografico perché nascono dalla stessa capacità visionaria di rappresentare il mondo. Müller è stato capace di catturare singoli momenti silenziosi con la stessa sensibilità poetica che ha reso unica la sua visione cinematografica e ha portato molti a definirlo il "maestro della luce".
 
A completare la mostra presso Case Chiuse HQ, un estratto del film documentario Living the Light - Robby Müller di Claire Pijman, presentato per la prima volta al Festival del Cinema di Venezia nel 2018 con la colonna sonora della band SQÜRL di Jim Jarmusch. Le immagini provengono dall’archivio privato dell’artista e ci offrono un ulteriore sguardo sul modo giocoso di osservare il mondo attraverso la luce.
 
Il suo lavoro come direttore della fotografia è stato presentato in importanti rassegne internazionali presso l’Eye Filmmuseum di Amsterdam e la Deutsche Kinemathek di Berlino. Le sue Polaroid sono state protagoniste di mostre personali ad Arles, Rotterdam e Amsterdam.

L’idea del film About Mirages and stolen Stones, iniziato nel 2018, è nata dal mio interesse per la narrazione speculativa e per le storie complottiste popolari, in questo caso The Flat Earth Theory – teoria per cui la superficie terrestre sarebbe piatta. Nonostante la possibilità, oggi aperta ad un numero crescente di persone, di accedere a strumenti di visualizzazione estremamente efficaci, ad esempio Google Earth, l’antica convinzione che la Terra sia piatta è tornata a far parlare di sé, trovando molti nuovi seguaci. Credo che il rinnovato successo di questa teoria denoti la diffusione di un relativismo estremo circa l’attendibilità dei modelli esplicativi rivolti al funzionamento del mondo, mentre le gerarchie delle conoscenze, inclusa la distinzione sociale tra esperti e non esperti, appaiono sempre più sfumate. Se da un lato la fortuna della narrazione terrapiattista può essere vista come figlia dei cambiamenti introdotti nella gestione delle informazioni a seguito della diffusione di Internet, dall’altro può essere messa in relazione con un’evoluzione occorsa nel nostro rapporto con le immagini e con la rappresentazione visiva in generale. Spesso, infatti, chi crede nella Terra piatta si fida esclusivamente del proprio sguardo, per cui avanza un ragionamento di questo tipo: se l’orizzonte appare piatto anche la Terra deve essere piatta. All’infuori del nostro sguardo individuale, tutto è potenzialmente manipolabile, soprattutto le immagini.
Uno dei tratti distintivi del film risiede nella scelta di adottare una prospettiva di tipo soggettivo rispetto a fenomeni di carattere globale, come il presunto appiattimento della superficie terrestre. Si tratta cioè di immaginare come noi, in quanto singoli, percepiamo i mutamenti di portata ben più grande, che riguardano appunto la Terra nel suo insieme.
Natália Trejbalová

La realizzazione di About Mirages and stolen Stones segna l’inizio di un nuovo percorso nella produzione audiovisiva dell’artista, passando dall’utilizzo del found footage e CGI alle riprese con videocamera, alla creazione di set e props.
About Mirages and stolen Stones è un viaggio immaginifico ai confini della Terra, in cui lo spettatore si immerge, ritrovandosi solo alla fine ad interrogarsi sulla perdita del mondo come lo conosciamo.

Direction, Editing, Script: Natália Trejbalová
Cinematography: Matteo Pasin
Soundtrack and sound design: Matteo Nobile
Voice: Melissa Ghidini, Adele Altro
Color correction: Matteo Finazzi


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