SISTEMA – DEMATERIALIZZAZIONE – TESTO. Enrico Castellani, Maurizio Nannucci, Peter Wuethrich

SISTEMA – DEMATERIALIZZAZIONE – TESTO. Enrico Castellani, Maurizio Nannucci, Peter Wuethrich

 

Dal 07 Settembre 2021 al 05 Novembre 2021

Milano

Luogo: Galleria Fumagalli

Indirizzo: Via Bonaventura Cavalieri 6

Orari: dal lunedì al venerdì dalle 13 alle 19

Curatori: Lóránd Hegyi

Telefono per informazioni: +39 02 36799285

E-Mail info: info@galleriafumagalli.com

Sito ufficiale: http://galleriafumagalli.com


Dopo il successo della prima mostra del programma MY30YEARS – Coherency in Diversity, ideato dal critico internazionale Lóránd Hegyi per omaggiare i 30 anni di carriera della gallerista Annamaria Maggi, la Galleria Fumagalli prosegue con la presentazione della seconda esposizione: Sistema – Dematerializzazione – Testo che presenta congiuntamente le opere di Enrico Castellani, Maurizio Nannucci e Peter Wuethrich.   Le 8 mostre del ciclo coinvolgono le opere di 12 artisti, fra maestri e più giovani, seguiti o rappresentati dalla Galleria Fumagalli al fine di delineare alcuni orientamenti estetici e concettuali ricorrenti. Per ogni occasione il critico Lóránd Hegyi ha individuato 3 artisti in grado di dialogare su alcuni temi specifici, al fine di far emergere inedite connessioni e analogie tra le loro differenti ricerche artistiche, evitando qualsiasi imposizione concettuale e lasciando anzi che le opere mantengano tutta la loro singolarità e autonomia di significato.    Questa seconda mostra Sistema – Dematerializzazione – Testo tenta di svincolare le opere dei 3 artisti da rigide categorizzazioni storico-artistiche, svelando altri livelli di significato, ed evocando sfere di pensiero più ampie e sovente imprevedibili. Ne è d’esempio l’interpretazione delle tipiche tele estroflesse di Enrico Castellani. Solo apparentemente monocromo e razionale, il sistema di estroflessioni creato dall’artista è invece una traccia di un processo creativo recondito, quasi narrativo, come si trattasse di una scritta. Il succedersi di queste tracce date da precisi atti pittorici, una vera e propria “scritta”, non si limita a trasportare un messaggio, ma invita lo spettatore a determinarne il significato, suggerendo quindi una partecipazione attiva a una situazione condivisa, e in questo ha il ruolo di materializzare la condivisione. In quest’ottica l’opera di Castellani stimola la percezione creativa e la reinterpretazione di fenomeni plastico-visivi ripetuti.»   Le potenzialità evocative della scrittura sono senz’altro oggetto di studio di Maurizio Nannucci, il quale attraverso le sue luminose scritte al neon, dall’evidente caratteristica sensuale e materiale, opera a livelli semantici e immateriali. Tali strutture scritturali, in virtù della loro relazione con specifiche realtà spaziali e architettoniche, favoriscono il dispiegarsi di significati immaginari, poetici, intelligibili. E immaginare altri significati comporta una libertà interpretativa e una rivalutazione delle convenzioni, come ben suggerito dall’opera iconica “What to see what not to see” del 2017, che si rifà proprio a questo atto della scelta, della decisione tra quali strade interpretative prendere per comprendere le realtà.   Anche Peter Wuethrich opera con la dilatazione dei livelli semantici del testo. Parole estrapolate da testi, dalla forte carica emotiva, comunicano realtà intelligibili e intime. Ma è soprattutto il libro l’oggetto caratterizzante dell’opera dell’artista, inteso come ambasciatore e protettore fisico dell'entità immateriale e spirituale del testo. Come scrive Hegyi, «la loro [del libro] esistenza è il presagio di qualcos’altro, essa allude a qualcosa che non è presente, la loro funzione è la materializzazione di ciò che è immateriale, la visualizzazione di uno stato intermedio che fa riferimento alla mediazione tra chi dà e chi riceve il messaggio da un lato, e a quella tra messaggio intelligibile, idea immateriale e sistema semiotico strutturato in base a principi razionali dall’altro.»
Il testo, con la sua potenzialità semantica, allude a dimensioni immateriali e spesso preannuncia qualcosa di nuovo, di immaginario, di non ancora visibile. Una potenza evocativa di enorme portata, ben riassunta dalla scritta al neon di Maurizio Nannucci ideata per il parco d’arte contemporanea ArtLine di Milano: “New Times for Other Ideas New Ideas for Other Times” (2020).

Enrico Castellani (Castelmassa, 1930 – Celleno, 2017) è uno degli artisti astratti più noti del secondo dopoguerra italiano. Nei primi anni ’50 studia arte e architettura in Belgio all’Académie Royale des Beaux-Arts e all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts, avviando molto presto una pratica artistica al confine tra pittura, scultura e architettura, alla ricerca di un nuovo paradigma. Attivo a Milano dalla fine degli anni ’50, stringe rapporti di amicizia e collaborazione con Piero Manzoni, col quale nel 1959 fonda la rivista Azimuth (uscita in soli due numeri) e la quasi omonima galleria Azimut (dove espongono artisti di fama internazionale come Giovanni Anceschi, Agostino Bonalumi, Gianni Colombo, Dadamaino, Heinz Mack, Enzo Mari, Almir Mavignier…), proponendo un azzeramento totale dell’esperienza artistica precedente e minando l’egemonia dell’Informale. Proprio nel 1959 crea la sua prima tela monocroma estroflessa: l’insieme di estroflessioni realizzate con chiodi e assi permette di sondare le potenzialità della tela in massima tensione e di creare inediti giochi prospettici e di ombre. Un'esperienza del tutto originale che gli vale la definizione, da parte di Donald Judd, di padre del minimalismo. Enrico Castellani ha esposto nelle istituzioni più note di tutto il mondo e nel 2010 riceve dal Principe Hitachi, Patrono Onorario della Japan Art Association, il Praemium Imperiale per la Pittura. Dal 1997 ha collaborato con la Galleria Fumagalli che gli dedica tre esposizioni personali (1997, 2001, 2006), alcuni importanti progetti esterni tra cui la personale al Pushkin Museum di Mosca (2005), una speciale monografia che ne documenta il lavoro dal 1959 al 2000 e la ristampa anastatica dei due numeri della rivista Azimuth.

Maurizio Nannucci (Firenze, 1939) vive e lavora tra la città natale e South Baden, Germania. Sin dai primi anni '60 analizza la sfera concettuale e percettiva del linguaggio partendo dalla dimensione minima della lettera, esaltandone la sua dimensione tipografica e minimale. Questa ricerca lo porta ad affrontare anche il tema della percezione del colore, che determina l’introduzione del neon nelle sue opere. Unendo parola, colore e luce – che definisce inevitabilmente lo spazio in cui è immersa l’opera – genera un coinvolgimento totalizzante dello spettatore e apre nuove prospettive di percezione (sensuale e concettuale) e di interazione con la realtà. Parte della sua ricerca artistica è anche volta alla diffusione e circolazione dell'arte: è fondatore degli spazi autogestiti Zona (Firenze, 1974-1985) e Base/Progetti per l’arte (Firenze, dal 1998), nonché autore e collezionista di multipli, dischi, libri ed edizioni d’artista. Nei primi anni '90 avvia collaborazioni con architetti di fama internazionale come Fritz Auer, Renzo Piano, Massimiliano Fuksas, Mario Botta, Nicolas Grimshaw e Stephan Braunfels, e realizza numerosi progetti per istituzioni pubbliche, come l’opera al neon per il parco d'arte pubblica di Milano “ArtLine” (2020) e l'installazione permanente per il Complesso della Pilotta a Parma (2019). Inizia a collaborare con la Galleria Fumagalli nel 2005 che gli dedica due personali (2005, 2017) e due speciali progetti espositivi: “ACMN” (2011), l’esposizione ideata da Nannucci e dedicata a quattro maestri del concettuale italiano (Giovanni Anselmo, Enrico Castellani, Maurizio Mochetti e Nannucci stesso) e la partecipazione a “Visioni” presso la chiesa di Sant’Agostino a Bergamo (2005).

Peter Wuethrich (Berna, 1962) vive e lavora tra la capitale svizzera e Interlaken. Sin dagli inizi degli anni ’90, il suo lavoro si concentra sulla parola scritta e in particolare sul “libro”, soggetto e unità costitutiva di molte sue creazioni. L’artista ne esalta il carattere fisico di monumento, depositario e custode che protegge l'entità immateriale, spirituale del contenuto testuale. Il libro è inteso come testimone fisico del passato ma anche precursore di ciò che deve ancora realizzarsi. Tale fisicità è ribadita attraverso le caratteristiche plastiche e coloristiche delle sue opere, ma anche attraverso il progetto fotografico iniziato nel 2010 (e tutt’ora in corso) a Los Angeles: “The Angels of the World”. In queste scene l’oggetto libro viene trasformato nelle ali di un angelo e le persone che lo indossano sulle spalle diventano automaticamente angeli e forieri di un messaggio immateriale. Parte di questo progetto, “The Angels of Venice” è stato esposto alla Galleria Fumagalli che collabora con l’artista dal 2004, anno della prima personale in galleria e della monografia “Literary Towers” con testo di Bruno Corà. Assieme ad altri diciannove artisti, Peter Wuethrich ha preso parte alla mostra “Visioni” presso la chiesa di Sant’Agostino a Bergamo (2005), per la quale realizza un progetto site-specific in dialogo con l’architettura gotica della chiesa.

Inaugurazione: martedì 7 settembre 2021, dalle 14 alle 20

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